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La Fortezza Taiwan, l’origine della discordia

La storia della “bella isola” dalla fondazione alla visita di Nancy Pelosi di un mese fa. Ecco come Formosa si prepara per una possibile invasione cinese

L’isola di Taiwan, conosciuta anche come Formosa, da ilha formosa, cioè “bella isola”, chiamata così dai portoghesi intorno al XVI secolo, è la principale spina nel fianco della Cina a causa del ruolo che ricopre nello scacchiere dell’Indo-Pacifico.

LE ORIGINI DELLA DISCORDIA

Le origini della discordia affondano le radici nella prima guerra sino – giapponese, combattuta sul finire dell’800, quando l’isola di Taiwan passò sotto il dominio giapponese, dopo la vittoria dei nipponici sui cinesi. La guerra rappresentò la fine del Celeste Impero della Dinastia Qing, che cadde dopo duemila anni di storia, lasciando il posto alla Repubblica di Cina sul continente, con a capo il partito nazionalista Kuomintang. Al termine della Seconda Guerra mondiale l’isola di Taiwan tornò alla Cina, e il Kuomintang vi estese il regime di amministrazione militare. Il paese però piombò in una sanguinosa guerra civile tra il partito comunista e quello nazionalista con il Kuomintang che venne sconfitto e il leader comunista Mao Zedong che proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Fu così che il leader del partito nazionalista Chiang Kai Shek fuggì dalla Cina continentale a Taiwan portando con sé tutte le risorse del paese e trasformandola nella Repubblica di Cina. Nel frattempo, i comunisti della Repubblica Popolare Cinese si proclamarono i successori della Repubblica di Cina in tutto il paese continentale, dichiarando pertanto illegittimo il governo nazionalista taiwanese.

LA POSIZIONE AMERICANA

Sin dal 1949 la Repubblica di Cina conquistò il sostegno degli Stati Uniti che per ben trent’anni non riconobbero ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese. Tale riconoscimento arrivò solo nel 1979, quando, sotto la presidenza di Jimmy Carter, Cina e USA ristabilirono ufficialmente le relazioni diplomatiche a livello ambasciatoriale. I rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Taiwan vennero invece interrotti, ma poco dopo, Taipei e Washington firmarono il Taiwan Relations Act, il trattato che tutt’ora guida i rapporti bilaterali e sancisce l’impegno di Washington a fornire a Taipei i mezzi per difendersi da attacchi militari, seppure in assenza di relazioni diplomatiche formali.

LA SITUAZIONE ODIERNA

Oggi Taiwan resta ancora isolata diplomaticamente; da quando perse nel 1971 il suo seggio alle Nazioni Unite come rappresentante ufficiale della Cina a favore di Pechino, la maggior parte degli Stati sovrani ha preferito mantenere rapporti diplomatici ufficiali esclusivamente con la Cina continentale e, attualmente, Tapei è riconosciuta da solo 15 Stati.  Pechino, inoltre, rivendica la sovranità sull’isola secondo il principio dell’Unica Cina ed è pertanto ostile a qualsiasi iniziativa diplomatica che possa dare a Taipei dignità di governo autonomo.

UNA RUGGENTE ECONOMIA

Nonostante questa posizione diplomatica complessa Taiwan oggi è la ventiduesima economia più grande al mondo con un PIL che ha superato nazioni come Svizzera, Svezia e Arabia Saudita. Qui transita il 40% del commercio mondiale, un quarto del quale è rappresentato da aziende americane, per un valore totale annuale di quasi 5,3 trilioni di dollari; l’isola, inoltre, rappresenta uno dei principali hub manifatturieri globali del mondo.

LEADER DEI SEMICONDUTTORI

Ma Taiwan è anche economicamente importante sulla scena globale perché detiene la produzione di circa il 26% della domanda di semiconduttori mondiali, percentuale che supera il 90% nel settore dei microchip di ultima generazione, ovvero quei componenti industriali fondamentali per realizzare auto, smartphone, pc, ma anche strumenti militari e medici, gran parte della quale viene acquistata dagli Stati Uniti.  La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) è diventata una delle prime dieci aziende di maggior valore al mondo e sicuramente una delle più importanti e strategiche. Per questo motivo Taiwan rappresenta un’isola massima importanza per lo sviluppo tecnologico globale, ma soprattutto occidentale.

IL RUOLO STRATEGICO

Se Pechino invadesse e annettesse l’isola di Taiwan avrebbe quindi il controllo sull’oceano Pacifico, allontanando il nemico americano dalle sue coste, e avrebbe soprattutto il controllo della TSMC aumentando la leadership tecnologica in questo campo ai danni soprattutto degli americani e del resto dell’occidente.  Se la Cina l’annettesse, aumenterebbe quindi il suo peso economico globale, grazie proprio alla leadership tecnologica del piccolo Paese.

LA DIFESA  

Per questo motivo gli Stati Uniti hanno puntellato Taiwan, e non solo da un punto di vista diplomatico, ma soprattutto militare. La storica stretta collaborazione con gli USA ha procurato alle forze armate di Taiwan un arsenale avanzato e un esercito di circa 170.000 unità che, sebbene di dimensioni nettamente inferiori rispetto a quello cinese, che ne conta 2 milioni, è ben equipaggiato e soprattutto addestrato per lo scenario peggiore cioè l’invasione da parte della Cina.

LA STRATEGIA DEL PORCOSPINO

In questo ipotetico scenario gli strateghi taiwanesi e americani adotterebbero la cosiddetta “strategia del porcospino “, o “metodo della difesa a istrice”; essendo Taiwan militarmente inferiore alla Repubblica Popolare Cinese, Taipei in un immaginario scontro Davide contro Golia, dovrebbe chiudersi all’interno dell’isola e, armata fino ai denti), resistere. In questo scenario gli “aculei dell’istrice” dovrebbero fare la differenza: batterie di missili anti-nave a corto e medio raggio disseminate nei punti nevralgici, missili anticarro Javelin, missili antiaerei Stinger, mine marine, veloci navi da guerra, flotte di droni e una potente copertura aerea in grado di ostacolare la più potente forza aerea di Pechino.  La stessa strategia che finora si è rivelata efficace in Ucraina.

LA VISITA DI NANCY PELOSI

Di redente la tensione sull’isola di Taiwan è aumentata agli inizi di agosto quando Nancy Pelosi, Presidente della camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, ha compiuto un viaggio a Tapei, la prima visita di un alto rappresentante degli Stati Uniti dal 1997, e l’immediata reazione cinese è stata un’accusa di violazione della sua sovranità.

LA REAZIONE CINESE

Questa visita ha scatenato una dura risposta da parte della Cina con il governo ha interrotto l’export di sabbia naturale, un colpo durissimo inflitto alla produzione di semiconduttori che regge buona parte dell’economia dell’isola, e ha intensificato le sue esercitazioni militari, con operazioni di tiro di artiglieria a lungo raggio e lanci di missili nel mare a est di Taiwan. In più, Pechino ha imposto sanzioni a carico della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi e dei suoi familiari per la visita fatta a Taiwan.

1 MILIARDO DI DOLLARI IN ARMI A TAIWAN

Dopo la visita di Nency Pelosi, la tensione diplomatica tra Cina e Usa sulla questione di Taiwan non si è stemperata e l’amministrazione Biden ha approvato un pacchetto di forniture militari da 1,1 miliardi di dollari a Taiwan. Il pacchetto include 60 missili anti-nave Harpoon, 100 missili aria-aria Sidewinder e un’estensione del contratto del radar di sorveglianza. Immediata la replica della Cina, arrivata con le parole del portavoce della ambasciata cinese a Washington, Liu Pengyu: “Gli Usa devono smettere di vendere armi a Taiwan poiché qualsiasi contatto militare con l’isola viola il principio di ‘una sola Cina’”. Secondo Pengyu gli Stati Uniti “devono smettere di creare fattori che potrebbero portare a tensioni nello Stretto di Taiwan e dovrebbero dar seguito alla dichiarazione del governo Usa di non sostenere l”indipendenza di Taiwan'”.

L’AUMENTO DEL BUDGET DELLA DIFESA

Nel frattempo, Taiwan aumenterà il budget per la Difesa del 13,9% nel 2023, al record di 586,3 miliardi di dollari taiwanesi (19,41 miliardi di dollari), includendo l’acquisto di nuovi caccia e altro materiale, in risposta alla crescente minaccia militare della Cina e delle sue attività intorno all’isola. Il pacchetto, su cui dovrà esprimersi il Parlamento, segna il sesto anno di fila di crescita dei fondi per la difesa dal 2017.

IL TAIWAN POLICY ACT

Ma il vero impegno americano sarà il Taiwan Policy Act il disegno di legge su Taiwan che prevede un finanziamento da 6,5 miliardi di dollari, approvato di recente dal Comitato per le relazioni con l’estero del Senato Usa con 17 voti favorevoli e cinque contrari. Per entrare in vigore dovrà essere approvato dall’Aula sia in Senato sia alla Camera dei rappresentanti. Il progetto di legge inoltre richiede alla Casa Bianca d’imporre sanzioni ad almeno cinque banche statali cinesi, se il presidente Joe Biden determinerà che Pechino sia impegnata in “un’escalation aggressiva” nei confronti di Taiwan, attraverso blocchi navali o l’occupazione delle isole più esterne.

LA MINACCIA CINESE AI CAVI SOTTOMARINI

Una possibile e più concreta risposta cinese conto Taiwan potrebbe avvenire sott’acqua, specificatamente contro i cavi sottomarini di comunicazione internet. Secondo un recente report del Mercatus Center della George Mason University Taiwan è connessa con il resto del mondo tramite 15 cavi sottomarini, alcuni dei quali collegati direttamente con la Cina, che approdano in sole tre aree dell’isola: la città di New Taipei, la città di Toucheng a nord e la città di Fangshan a sud. Questi cavi sottomarini sono vitali per Taiwan e per la sua industria dei semiconduttori poiché è attraverso queste linee l’isola invia e riceve circa il 95% del traffico internet dati e voce e dunque un attacco contro questi cavi la isolerebbe dal resto del mondo.

 

 



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