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Cosa c’è dietro al Taiwan-first di Giorgia Meloni

Sebbene Fratelli d’Italia abbia una visione sui diritti diversa da quella che caratterizza Taiwan, Meloni ha investito nei rapporti con Taipei – e dunque in una linea critica con la Cina. Perché vuole occupare uno spazio vuoto, marcando distanza dall’alleato leghista e rassicurando Washington sul suo atlantismo. La promessa: “non ci sarebbero le condizioni politiche per confermare l’accordo sulla Via della Seta”

Dall’incontro con il rappresentante diplomatico taiwanese in Italia, Andrea Sing Ying Lee, con tanto di photo-opportunity, alla recente intervista con la Central News Agency, CNA – agenzia stampa di Taiwan che ha mandato domande scritte a diversi politici italiani a proposito delle relazioni Roma-Pechino – Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e potenziale vincitrice delle elezioni odierne, dimostra di avere un interesse particolare per il dossier Taipei.

Questo allineamento pubblico con la Repubblica di Cina si lega a un posizionamento internazionale che Meloni vuole sottolineare e manda un messaggio a Washington. Taiwan e Ucraina sono le faglie lungo cui la tettonica globale del confronto Democrazie contro Autocrazie è in fase di maggiore stress. Una posizione chiara è ciò che l’alleato americano chiede nell’ottica della condivisione del fronte democratico.

E Meloni risponde presente. La linea pro-Taiwan è automaticamente una linea anti-cinese, che piace a Washington (piace da tempo e continuerà a piacere per molto tempo). Tant’è che la leader far-right italiana dice che l’abbraccio dell’Italia alla Belt and Road, firmato dal governo che Giuseppe Conte guidava insieme all’alleato meloniano Matteo Salvini, è stato un “grosso errore”.

E sulla conferma dell’adesione che si dovrà fare nel 2024, “se mi trovassi a dover firmare il rinnovo di quel memorandum domani mattina, difficilmente vedrei le condizioni politiche”. E lo dice definendo il destino di Taiwan “una questione fondamentale per l’Italia”, e accusando la Cina di comportamento “inaccettabile”.

Nella recente intervista alla CNA a cui è stata l’unica a rispondere dei candidati italiani, argomenta che quel comportamento lo “condanniamo (noi di Fd’I, ndr) con fermezza insieme a tutte le democrazie del mondo libero”. E più chiaro di così non poteva essere il messaggio a Via Veneto, da recapitare a Pennsylvania Ave, 1600, dove il rispetto di diritti e valori democratici è stato elevato a vettore di politica internazionale.

Anzi, aggiunge anche un passaggio ulteriore per parlare alla sua costitutency con parole più chiare e per solleticare un tema che anche all’amministrazione Biden sta a cuore: il coinvolgimento europeo in questo impegno pro-Taiwan, e dunque anti-Cina, criticando moderatamente l’Ue. L’Unione europea, dice, deve “dispiegare tutte le armi politiche e diplomatiche a sua disposizione” e “fare più pressione possibile” (intende dire che si sta facendo troppo poco, e ha ragione) per impedire alla Cina di provocare qualsiasi conflitto militare nello Stretto. Taiwan, continua, è un partner commerciale strategico per l’Italia e l’Europa.

“Non dimentichiamo che l’Ue è anche un mercato di sbocco chiave per la Cina, che rischia di essere chiuso qualora decidesse di aggredire Taipei”, aggiunge, arrivando a dettare una policy – la chiusura del mercato europeo alla Cina – che per ora non è mai uscita da Bruxelles, ma che potrebbe essere benissimo parte delle misure di rappresaglia e reazione qualora il Partito/Stato lanciasse un’avventurosa invasione per conquistare l’isola, che considera un territorio ribelle da annettere al mainland. Di tutto ciò non si è mai parlato ufficialmente, va specificato.

Sul piano italiano la linea di Meloni pro-Taiwan è un unico interessante. A Taipei c’è una democrazia vibrante, evoluta, emancipata, progressista. Aggettivi, o valori, che con la presidente di Tsai Ing-wen sono stati confermati (forse anche implementati) nell’ottica di marcare la distanza siderale tra la Repubblica di Cina, dove vigono i diritti di tutti, e la Repubblica popolare cinese (dove è in corso da tempo una compressione dei diritti).

Che Meloni – leader di un partito che su alcuni temi sociali, da quello Lgbtq+ all’aborto, ha posizioni rigide – sia così vicina a Taiwan dovrebbe essere un argomento che mette in imbarazzo il Partito democratico, che per costituzione e ambizione sarebbe invece il partito italiano più perfettamente allineato le con la presidente Tsai.

La leader di Fd’I sfrutta un’opportunità, riempie uno spazio lasciato vuoto dalla politica italiana – sebbene la rappresentanza taiwanese in Italia abbia rapporti più o meno cordiali con tutti gli schieramenti (ma quello è il lavoro della diplomazia). E la reazione cinese, con l’ambasciatore a Roma che s’è lanciato in un azzardatissimo commento di “forte malcontento per le parole espresse” (un’uscita che s’è portata dietro le ovvie accuse di ingerenze), conferma che la leader italiana lo sta facendo bene.

Da non dimenticare infatti che nel lavoro taiwanese di Meloni c’è anche la necessità di segnare una distanza dall’alleato leghista, che piace poco a Washington perché troppo amichevole con Mosca, e automaticamente dare qualche forma di garanzia che un governo guidato da lei terrebbe la barra dritta su quello che chiamiamo “atlantismo” – visione politica che passa inevitabilmente dalle faglie ucraine e taiwanesi.

(In foto: Giorgia Meloni con Andrea Sing Ying Lee – dal profilo Instagram di Giorgia Meloni)

 


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