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Amburgo-Pireo-Italia. Tutti i rischi della (ulteriore) penetrazione cinese nei porti

Con la zampata in Germania e il suo non più soft power, Cosco si candida a raddoppiare l’influenza mediterranea già stabilita in Grecia puntando all’hub containers e anche allo stivale, dove mescola infrastrutture ed energia. Un esempio è il parco offshore inaugurato lo scorso aprile a Taranto, realizzato congiuntamente dalle aziende cinesi ed europee, il primo nel Mediterraneo

L’accordo sino-tedesco per la cessione a Pechino di una fetta del porto di Amburgo, che sta provocando alcune critiche bipartisan al Cancelliere Olaf Scholz, non solo consentirà alla compagnia cinese Cosco di acquisire una quota significativa del settore container del porto, ma segna il terzo punto della strategia portuale cinese che, dopo Pireo e Trieste, sbarca ad Amburgo.

Le utilities del vecchio continente, ancora una volta, nel mirino del Dragone che deve gioco-forza provare a rattoppare le micro falle (Montenegro, Malesia, Pakistan) che impattano sul cronoprogramma della BRI.

Qui Berlino

Alcuni esponenti di Verdi e Liberali FDP, che fanno parte della coalizione di governo, hanno sostanzialmente bocciato l’accordo che offre al player cinese uno degli scali più significativi dell’Europa. Secondo la co-presidente dei Verdi Ricada Lang non è chiaro il motivo per cui Scholz avrebbe portato avanti l’accordo, mentre secondo il segretario generale dell’FDP Bijan Djir-Sarai “il Partito Comunista Cinese non deve avere accesso alle infrastrutture critiche del nostro paese, sarebbe un errore e un rischio”. Ma al di là delle critiche, cosa cambia dopo il closing? Quel 35% del porto in mani cinesi permette a Pechino, in un momento in cui la BRI registra parecchie difficoltà, di distendere ulteriormente la strategia infrastrutturale legata ai porti: il che non equivale solo a merci, ma evidentemente anche (o soprattutto) a legami, contratti e influenze.

Qui Pireo

La zampata sul Pireo che risale al 2008, se da un lato ha avuto come effetto quello di migliorare sensibilmente le potenzialità e i numeri dello scalo (ma con condizioni di lavoro tutt’altro che occidentali), dall’altro ha permesso alla Cina di avere un quasi pieno controllo di un’area commerciale (e geopolitica) che va dal Mediterraneo ai Balcani con l’appendice della multa da 200 milioni di euro fatta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e la partita legata al “master plan” degli investimenti a corredo nei moli ellenici.

Nel 2008 Cosco ha ottenuto un franchising di 35 anni per due terminal container del Pireo e nel 2016 ha acquistato una quota del 67% nell’autorità portuale per 368,5 milioni di euro. Nella strategia cinese Pireo è il collegamento chiave per il progetto logistico Belt and Road Initiative.

Da quell’acquisizione ne sono scaturite, a cascata, altre due. La prima verte il porto di Salonicco che è stato privatizzato da un consorzio ellino-tedesco guidato dall’oligarca Ivan Savvidis, di origine russa e già membro del partito di Vladimir Putin. La seconda quello di Alexandroupolis, in mani americane, hub fondamentale perché vicino al terminal del gas e snodo di Tap e Tanap.

Amburgo-Pireo-Italia

La mossa cinese in Germania segue dunque non solo quella in Grecia, ma anche quella in Italia con il porto di Trieste, con i cantieri Ferretti a Taranto, e con l’appendice anche del parco offshore inaugurato lo scorso aprile a Taranto, realizzato congiuntamente dalle aziende cinesi ed europee: il primo nel Mediterraneo. Ma non è tutto, perché la Cina tramite Zonergy, il principale fornitore cinese di soluzioni per le energie rinnovabili, un mese fa ha inaugurato una sede a Milano, che diventerà il centro delle attività imprenditoriali in Europa.

Si tratta del colosso delle telecomunicazioni Zte che punta al mercato italiano del fotovoltaico e degli accumulatori tramite un’intesa con la veneta Desasolar.



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