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L’atlantismo Pd resisterà ai colpi del “pacifismo” di Conte? L’analisi di Panarari

Il docente dell’università Mercatorum: “La guerra tra Russia e Ucraina è un tema che catalizza, sotto il vello del pacifismo, molto malessere diffuso. In questo modo si mette in discussione la linea atlantista assunta dal Pd sotto l’egida di Letta”

Nell’annuncio di una “manifestazione per la pace” fatto dal leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte nell’intervista al Fatto, c’è molto più di una estemporanea vocazione al pacifismo. È invece il segnale di un percorso palingenetico che Conte sta apportando al movimento, concludendone il processo di partitizzazione. A Conte, che dalle elezioni è uscito vincitore (nonostante il dimezzamento dei voti rispetto al 2018), va dato atto di essere riuscito a catalizzare sulla questione Ucraina “tanta parte del sentimento anti-occidentale, anti-Nato e per certi versi anti-capitalista di quella parte di sinistra che non trova più spazio politico tra le file del Pd”. Mettendo dunque in discussione l’atlantismo dei dem, impresso in particolare dalla segretaria di Enrico Letta. A spiegarlo è Massimiliano Panarari, docente all’università Mercatorum, sociologo e politologo che ben conosce le dinamiche pentastellate.

Panarari, a sinistra c’è più di un problema. Ma la svolta atlantica di Letta si pensava fosse un elemento di vantaggio per il Pd. 

Conte ha capito che a sinistra c’è uno spazio politico da conquistare, rappresentato da tutti coloro che nutrono sentimenti anti-occidentali e anti-Nato. Una fetta importante di elettorato che storicamente era compresa nelle file del Partito Comunista, ma che ora nel Pd di Letta non si ritrova più.

E Conte si sta rivolgendo proprio a loro. 

Il Movimento 5 Stelle si sta facendo interprete, come ha fatto anche in passato, di questo nuovismo protestatario. La guerra tra Russia e Ucraina è un tema che catalizza, sotto il vello del pacifismo, tutto questo malessere. In questo modo si mette in discussione la linea atlantista assunta dal Pd sotto l’egida di Letta.

Come si spiega il fatto che ancora, nel Pd, c’è chi rimpiange (e vorrebbe riproporre) l’alleanza con i pentastellati?

È quanto meno singolare. Specie alla luce di una campagna elettorale – quella portata avanti da Conte – giocata tutta in chiave anti Pd e anti Letta. A rompere il campo largo è stato proprio il Movimento 5 Stelle, che peraltro ha eroso parte del consenso ai dem. Anche perché Letta ha fatto della responsabilità in chiave governativa e dell’atlantismo le cifre della sua azione politica. Ma c’è un altro dato interessante che va considerato.

Ovvero?

Il Pd, dal renzismo in avanti, ha contribuito alla narrazione della disintermediazione. Questo ha prodotto una distanza tra corpi intermedi e Partito democratico.

Diciamo che la rappresentanza, più in generale, non vive un bel momento. 

Certo, in parte a determinare questo scenario concorrono una serie di altri fattori contingenti. Tra i quali problemi interni proprio ai corpi intermedi. Ma il fatto che a questi ultimi, progressivamente, sia venuta a mancare una ‘sponda’ politica è un aspetto non secondario, sul quale Conte ha puntato gli occhi.

Che relazione vede tra Conte e i corpi intermedi?

Nella proposta di manifestazione per la pace – molto ambigua – è evidente che da parte di Conte ci sia anche l’obiettivo di offrire una sponda (quella che è venuta a mancare dai partiti tradizionali) ai corpi intermedi. Anche e soprattutto a tutte quelle realtà che gravitavano nel mondo della sinistra.

Un’altra via per erodere ulteriori consensi al Pd?

È un’operazione di ‘parassitismo politico’. Conte sta occupando, anche sul versante dei corpi intermedi, gli spazi lasciati vuoti dal Pd. In questo modo lui si incunea nei tormenti interni dei dem.

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