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Se Berlusconi non ha nulla da perdere, Meloni… Il mosaico di Fusi

Come tutti quelli che sono in gara per guadagnare il primato, Giorgia ha molto da guadagnare e anche molto da perdere. L’occasione che ha di fronte è unica: dovesse andar male qualcosa, la sua statura di leader ne risentirebbe obbligatoriamente. Il mosaico di Carlo Fusi

Ma davvero il governo di Giorgia Meloni, una volta insediato, dovrà procedere a zigzag a causa degli ostacoli che giorno dopo giorno gli metteranno davanti gli alleati, a partire da Silvio Berlusconi? Le uscite del Cav a nemmeno 24 ore dalla photo opportunity che doveva sancire la ritrovata sintonia nell’incontro a due nella sede di FdI su Putin e i ministri del nuovo governo con la rivendicazione della Giustizia a Casellati, ripropongono il problema. Senza offrire soluzioni.

Per spiegare le continue strambate dell’ex premier c’è chi tira in ballo l’età, chi il carattere, chi l’orgoglio, chi il cerchio magico, familiare o meno. In ognuna c’è un pizzico di verità, ma il ritratto finale non è figurativo bensì sconcertante nella sua astrattezza. Esiste un elemento di sbilanciamento che finora non è venuto fuori e che tuttavia gioca in ruolo essenziale nei rapporti tra  la presidente del Consiglio non ancora incaricata e  il Signore di Arcore. Come abbiamo rilevato in una precedente analisi, il centrodestra così come l’ha fondato trent’anni fa Berlusconi e come siamo stati abituati a concepirlo e vederlo muovere, non c’è più. I rapporti di forza sono cambiati a sfavore del Cav e non vale citare la legislatura scorsa dove pure Salvini superò in voti Forza Italia. Allora infatti il sorpasso fu un battito d’ali di voti; stavolta la supremazia di FdI rispetto agli altri alleati è soverchiante e la leadership politica troppo forte per essere messa tra parentesi. Meloni ha tre volte i voti di Lega e Forza Italia: un margine che non è recuperabile e segna in maniera strutturale i rapporti di forza non solo politici ma anche personali nello schieramento anti-sinistra. Insomma ci saranno scomposizioni e ricomposizioni e non sarà un pranzo di gala.

Tuttavia questa sorta di abisso politico-personale a favore di Meloni si rovescia nel suo contrario se andiamo ad analizzare la posta in gioco e il percorso futuro in ballo. Giorgia Meloni, infatti, gode di una opportunità che giustamente è stata definita storica: per lei e per gli equilibri politico-istituzionali del Paese. La sua vittoria elettorale proietta la Destra in una dimensione finora mai avuta e mette lei sulla rampa di lancio per diventare la prima donna presidente del Consiglio. Si tratta di una chance che forse è irripetibile ma che in ogni caso adesso c’è e Meloni non può permettersi di sprecare: hic Rhodus, hic salta. Come tutti quelli che sono in gara per guadagnare il primato, Giorgia ha molto da guadagnare e anche molto da perdere. L’occasione che ha di fronte è unica: dovesse andar male qualcosa, la sua statura di leader ne risentirebbe obbligatoriamente.

Berlusconi si muove in un’ottica opposta. Sa che la sua parabola politica è avviata al tramonto ma proprio per questo non ha più nulla da perdere. Nessuno può togliergli le quattro volte che è arrivato a Palazzo Chigi, nessuno può oscurare il pseudo miracolo che fece nel 1994 quando dal nulla creò uno schieramento capace di vincere le elezioni e cambiare per sempre la storia politica italiana.

Non ha nulla da perdere, il Cav, ma molto da mettere sul tappeto. A partire dalle amicizie in giro per il mondo, in particolare quella con Putin innaffiata da vodka e lambrusco con annesse “dolcissime letterine”. Qualcuno sostiene che così facendo il Cav vuole riproporre la sua capacità di condizionare la politica estera di qualunque governo, figuriamoci uno di centrodestra o quel che è diventato. Forse. Ma forse a Berlusconi più che gli effetti concreti delle sua parole piacciono i fuochi d’artificio che innescano nel circuito dei media, italiani e non solo. Non ha niente da perdere e c’è chi teme che ad un ceto punto possa reinventarsi nei panni di Sansone con quel che ne consegue. Difficile, per un uomo che ha sempre avuto come bussola la tutela dei suoi interessi economici e aziendali. Difficile ma non impossibile.

Di norma, gli scogli tra alleati di un governo di coalizione – e lo sono stati tutti quelli del dopoguerra, compresi i famosi monocolore Dc che però erano sostenuti da una maggioranza parlamentare composita –  si superano attraverso l’uso della politica e la sapienza di chi ha in mano il bastone del comando. Ma in realtà un brivido freddo corre nella schiena di Giorgia perché stavolta neppure l’arma della politica sembra poter far breccia su Berlusconi. Quel “non sono ricattabile” di Meloni seguito il giorno dopo dal riferimento del capo di FI al marito che lavora in Mediaset lascia intendere che il terreno di gioco è prepolitico, è personale. Di quelli dove, avrebbe detto una volta Cesare Previti, non si fanno prigionieri.

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