L’istituzione americana ha portato al livello di sofferenza il capitale erogato alla Bielorussia, attivando le procedure di mora e recupero. Non è tanto la cifra che conta, quanto il segnale di ammonimento. Intanto il Fmi va in soccorso della Tunisia
Soldati e carri armati non hanno ancora varcato il confine dell’Ucraina, ma da Washington arriva già un primo warning alla Bielorussia, alleato di ferro della Russia di Vladimir Putin. Ed è di quelli destinati a far male, proprio mentre l’Europa prova a stringere ancora una volta il cerchio intorno al price cap, stavolta in versione ridotta.
La Banca mondiale ha infatti dichiarato di aver posto tutti i prestiti concessi alla Bielorussia in stato di sofferenza con effetto immediato, citando pagamenti in ritardo per 68,43 milioni di dollari. In altre parole, il debito di Minsk è stato declassato a credito deteriorato, il che comporta l’attivazione di apposite procedure di recupero da parte dell’organizzazione internazionale. Che ha interrotto tutti i programmi di finanziamento in Bielorussia a partire dallo scorso 2 marzo, anche se il Paese non riceveva alcun soldo già dal 2020.
Ora, il segnale arrivato dalla Banca mondiale, più che finanziario, è politico. Il capitale passato in sofferenza rappresenta infatti una quota irrisoria rispetto al monte-prestiti contratto dalla Bielorussia. La collocazione in stato di criticità comporterà per le casse di Misnk un onere di circa 12,75 milioni di dollari. Non è molto, ma il punto è un altro. Le sanzioni sono dietro l’angolo e per un Paese che, militarmente, dovesse aiutare Mosca nella sua aggressione all’Ucraina, si aprirebbero inevitabilmente le porte dell’insolvenza, così come avvenuto per la stessa Russia.
E per un’istituzione americana che si muove contro chi spalleggia la Russia, ce ne è un’altra che aiuta un Paese in difficoltà. Non è la Banca mondiale, bensì il Fondo monetario internazionale, il quale ha annunciato di aver raggiunto un accordo con le autorità tunisine per la concessione di un nuovo prestito. L’importo è ormai noto, dopo mesi di incertezze: il nuovo accordo porta infatti su un ammontare di 1,9 miliardi di dollari.
Il documento sarà soggetto all’approvazione del consiglio di amministrazione del Fondo monetario. Il rinvio dell’avvio dell’accordo è legato allo svolgimento delle elezioni del prossimo dicembre in Tunisia e la prima tranche in arrivo sarà pari a 500 milioni di dollari. L’ottenimento del prestito è legato ad un ampio ventaglio di riforme che il nuovo governo dovrà intraprendere e che coinvolgono in primis imprese, finanza, fisco e razionalizzazione della spesa pubblica e in particolare del sistema delle sovvenzioni.
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