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Così Cina, Iran e Russia vogliono influenzare il voto Usa

Cina, Russia e Iran non riescono a penetrare i sistemi di voto statunitensi, ma stanno costruendo un’infowar per far credere agli americani che stia accadendo l’opposto. Obiettivo: avvelenare il dibattito e contribuire a far perdere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni

Non riuscendo a interferire in modo diretto sui sistemi di voto, Cina, Iran e soprattutto Russia potrebbero lavorare sul piano dell’infowar per far percepire insicurezza agli elettori statunitensi. È la preoccupazione del momento per l’Fbi — agenzia del dipartimento di Giustizia che si occupa anche di controspionaggio.

I sistemi di voto statunitensi sembrano essere sicuri e protetti in vista delle elezioni di metà mandato del mese prossimo, secondo i funzionari statunitensi, che però  avvertono che il pericolo più pressante potrebbe essere rappresentato dagli sforzi di quei rivali dell’America per convincere gli elettori del contrario.

Proprio come nelle passate elezioni, diversi attori statali e non statali sono costantemente impegnati a scansionare le reti statunitensi attraverso il cyberspazio, alla ricerca di vulnerabilità che potrebbero permettere loro di intromettersi nel processo di voto. Ma per il momento la cyber security statunitense sembra non essere vulnerabile e da qui si apre l’altra faccia delle attività di interferenza nel cyberspazio: l’infowar, le campagne di disinformazione potenziate dalla forza del web.

“L’FBI non è a conoscenza di campagne informatiche avversarie che abbiano come obiettivo specifico le elezioni statunitensi”, ha dichiarato lunedì un alto funzionario del Federal Bureau of Investigation, a Voice of America (VoA), tuttavia ha avvertito che c’è — e c’è stato — uno sforzo concertato da parte di molteplici avversari statunitensi per sfruttare i dubbi persistenti sul sistema elettorale stesso.

“In particolare, temiamo che attori informatici malintenzionati possano cercare di diffondere o amplificare affermazioni false o esagerate di compromissione dell’infrastruttura elettorale”, ha dichiarato il funzionario.

Un aspetto che non va sottovalutato di questo virgolettato è che è stato concesso da un funzionario dell’FBI a condizione di anonimato, in base alle regole stabilite dall’ufficio per discutere di informazioni sensibili. Ma è uscito su VoA, che è un media del governo federale degli Stati Uniti. Dunque assume un valore simile a un messaggio pubblico.

Approfittare di narrativa sull’integrità dell’intero sistema elettorale statunitense colpisce entrambi gli schieramenti. Davanti ai successi repubblicani, i democratici potrebbero prendersela con le interferenze esterne (come già successo in passato); altrettanto se i repubblicani, che sono favoriti su molte competizioni per Camera e Senato, potrebbero denunciare aiuti ricevuti dall’esterno dai democratici per rovesciare le previsioni (anche come mera forma di opposizione al governo).

In un possibile esempio di ciò che sta accadendo, l’Election Integrity Partnership (EIP) lunedì ha denunciato una serie di tweet di un giornalista che lavora Russia Today, media propagandistico del Cremlino, che suggerisce che le macchine per il voto statunitensi sono soggette ad hacking e ad altre forme di manipolazione. “I suoi tweet mirano a fornire legittimità al referendum gestito dalla Russia per annettere le regioni occupate in Ucraina, delegittimando al contempo i processi democratici statunitensi” e i suoi strumenti, ha dichiarato l’EIP, una coalizione apartitica di ricercatori, funzionari governativi e piattaforme di social media.

Gli sforzi della Russia per diffondere la disinformazione attraverso i suoi media statali, come RT e Sputnik, non sono nuovi. Né lo è lo sforzo del Cremlino di amplificare narrazioni divisive generate da cittadini sulla sicurezza delle elezioni. Gli Stati Uniti non sono l’unico target di queste operazioni, che per fare un esempio hanno interessato a che le ultime presidenziali francesi.

Tuttavia, l’Fbi avverte che certe campagne sono cresciute e maturate dall’ultima volta che gli americani si sono recati alle urne. “Stanno espandendo l’ecosistema che utilizzano per cercare di identificare e reclutare organizzazioni per procura, sia consapevoli che inconsapevoli, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo”, ha dichiarato sempre a VoA un secondo funzionario senior dell’FBI.

Il successo di queste operazioni informative non è tanto legato al risultato in sé (favorire un’elezione piuttosto di un’altra). Ma sta nel creare un senso di insicurezza nell’opinione pubblica: un dubbio sulle istituzioni e sulle capacità che queste hanno nel proteggere la linfa del processo democratico — le elezioni.

”È in definitiva un attacco profondo alla democrazia, che arriva dal fronte degli Autoritarismi, da cui occorre proteggersi e su cui serve mantenere sempre alta l’attenzione”, commenta confidenzialmente un legislatore italiano.

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