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Flat tax e pensioni, Confindustria smonta i primi pezzi dell’agenda Salvini

Il leader degli imprenditori da Varese mette in chiaro la linea degli industriali. Basta con le alchimie e l’ossessione della tassa piatta e dell’uscita anticipata dal lavoro, le priorità sono altre. A cominciare dalla crisi energetica e dalla necessità di un price cap. E il futuro premier scelga bene i suoi giocatori

Confindustria scopre le carte e va all’attacco di alcuni capisaldi della politica economica del centrodestra. Ovvero flat tax e uscita anticipata dal mondo del lavoro. La tassa piatta per ridisegnare il sistema delle aliquote Irpef e gli scivoli per lasciare il lavoro in deroga alla legge Fornero (che la Lega vorrebbe abolire del tutto), sono infatti due delle misure di bandiera del Carroccio, la prima in condivisione con Forza Italia, seppur con alcune differenze. Fratelli d’Italia, invece, la flat tax la vorrebbe ma su base incrementale, applicata cioè all’ipotetica differenza di reddito tra un anno fiscale e un altro (qui l’intervista in merito all’ex viceministro dell’Economia, Enrico Morando).

Carlo Bonomi, numero uno degli Industriali, è stato chiaro, quasi perentorio, nell’intervenire all’assemblea degli imprenditori di Varese, zoccolo duro dell’industria lombarda. “Non possiamo permetterci immaginifiche flat tax sull’Irpef che dimentichino Irap e Ires, non possiamo permetterci nuove misure di prepensionamento (a fine anno scadono le ultime due opzioni in essere per uscire dal lavoro senza aspettare i 67 anni, ndr) che continuino a gravare sul bilancio dell’Inps rispetto ai contributi raccolti. Non vogliamo negare ai partiti il loro legittimo desiderio di perseguire quanto promesso agli elettori, ma oggi energia e finanza pubblica sono fronti di emergenza che non tollerano follie”, ha affermato Bonomi, lanciando dunque un duro monito al centrodestra che si appresta a governare. Un monito che suona più o meno così: è il momento di rimettere nel cassetto i sogni per concentrarsi sulle emergenze.

Il leader degli imprenditori si è spinto oltre, con un raffronto tra ciò che si può fare e ciò che invece non si può realizzare. Per “il nuovo governo seguire le proprie promesse agli elettori è semplicemente impossibile, perché si rischierà di compromettere la discesa del debito. E quanto più ci si discosterà dal percorso contrattato con l’Europa, tanto più si rischia il risveglio dello spread, visto che la Bce ha comprato titoli aggiuntivi italiani, ma ora questa stampella cesserà”.

Di qui, una specie di prima bozza di agenda per il futuro premier, verosimilmente Giorgia Meloni. “Il prossimo governo deve avere ben chiaro che bisogna salvare il sistema industriale italiano dalla crisi energetica. È un tema di sicurezza nazionale. Migliaia di aziende sono a rischio, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di reddito per le famiglie”. Per questo “tutte le risorse disponibili, escluse quelle per i veri poveri, vanno concentrate lì, perché senza industria non c’è l’Italia”, ha esortato Bonomi, ricordando inoltre che “il nuovo governo potrà contare su ulteriori 170 miliardi del Pnrr ancora da spendere, se si continuerà a metterlo a terra, senza contravvenire al contratto sottoscritto con l’Unione europea”.

Ma i suggerimenti a Meloni non sono finiti qui. “Non possiamo che augurarci una formazione di un governo nei tempi più rapidi possibili, con persone autorevoli, competente e inappuntabili”, e che sia un governo “fermo nel ribadire la collocazione internazionale dell’Italia”. Bonomi ha poi rilanciato la necessità di riprendere in mano il dossier del price cap comunitario, ad oggi finito in un limbo per colpa dei veti incrociati. L’imperativo è un “tetto al prezzo del gas, non solo a quello importato dalla Russia, ma a tutto il gas, chiunque ne sia il fornitore, a maggior ragione nella situazione in cui ci troviamo, con il gas russo che sta venendo meno ai nostri Paesi non per le sanzioni europee, ma perché è la Russia stessa a voler esercitare l’arma del ricatto sui nostri Paesi per il prossimo inverno”.


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