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Sul senso fascista dell’antifascismo. Il commento di Ippolito

La cosa importante è non accompagnare mai quello che si ritiene giusto, destra o sinistra, tradizione o modernità, Stato o individuo, doveri o diritti che siano, ad una mentalità manichea nei riguardi degli altri da cui si dissente. Perché è quest’ultimo il segno sicuro che si sta inseguendo un metodo di azione fascista. Il commento di Benedetto Ippolito

Il risultato elettorale del 25 settembre ha aperto, senza ombra di dubbio, una nuova prospettiva all’Italia: un’onda lunga, un ordine politico-parlamentare che dominerà la scena dei prossimi cinque anni, comunque vada per la longevità del novello esecutivo.

In questa delicata fase di passaggio da Mario Draghi a Giorgia Meloni, purtroppo, è stata aperta dalle sinistre una polemica furibonda un po’ ovunque sui macabri destini che il nostro Paese starebbe attraversando e dovrebbe rassegnarsi a vivere nell’avvenire: si continua ad evocare il fantasma del fascismo, ad accusare personalmente e politicamente Meloni e i suoi di esserne l’incarnazione, paventando scenari foschi e irrealistici che nulla hanno a che vedere con l’Italia di oggi.

Diciamo subito che tali considerazioni sono sconclusionate, false e sbagliate. E lo sono non perché sia vietato avere ostilità ed antipatia per la destra, anzi qui da noi è da sempre stata una moda piuttosto ricorrente, sostenuta e radicata, ma perché tali manifestazioni di intolleranza dimostrano in modo ancora di più netto di quanto non avvenisse in campagna elettorale, il totale smarrimento della sinistra italiana, nonché lo scarsissimo senso democratico che ne domina la mentalità, oltre naturalmente ad un mal riposto e digerito senso ingiustificato di superiorità intellettuale, in aggiunta punito drasticamente dagli elettori.

Orbene parlare di un ritorno del fascismo, si diceva, è un errore di metodo, ma è soprattutto un’affermazione falsa nel merito.

Norberto Bobbio ha spiegato a più riprese, e la citazione è certo di un eminente intellettuale antifascista, che la differenza tra un pensiero politico di destra rispetto a uno di sinistra si dà in riferimento a una dissimile definizione dell’uguaglianza: universale per la sinistra, particolare per la destra. Perciò, entrambe queste contrapposte idee sono di per sé legittime in democrazia, sebbene siano opposte tra loro concettualmente. Il tema del fascismo e del comunismo riguarda invece ideologicamente questi principi antitetici in funzione di un secondo termine che si affianchi ai primi due: la violenza autoritaria e illiberale.

Detto in parole semplici: se sono favorevole all’uguaglianza autoritaria senza libertà sono un comunista; se sono favorevole alle differenze autoritarie senza libertà sono un fascista.

Così Bobbio. In nessun modo essere di destra equivale ad essere fascista in nome delle idee non di sinistra che si hanno, come non è equivalente essere di sinistra ed essere comunista. È molto vicino, invece, al comunismo, violento e intransigente, di stampo fascista gettare discredito personale su un avversario o, peggio ancora, delegittimare in modo draconiano le sue idee, buttandole in un gulag ideale costruito ad arte, soltanto perché tali idee sono ritenute contrarie alle proprie, alle quali si riconosce presuntivamente l’unico campo di legittimità morale e di civile validità.
Inutile dire, insomma, che tale strategia è assolutamente da rigettare.

Dico anzi di più: è bene che questo fascismo di stampo comunista sia fatto cessare subito dai protagonisti di queste continue invettive anti-meloniane, perché è un atteggiamento pericoloso che costituisce di per sé un’istigazione implicita alla violenza, di cui la sinistra estrema ha dimostrato già di saper fomentare benissimo nelle masse senza poi saperne controllare le conseguenze, cosa verificatasi persino in un passato neanche troppo remoto. Non soltanto questi ottimati gettano discredito alla democrazia, che credono di impersonare elitariamente, essendo forieri di critiche illiberali e di totale disprezzo del voto popolare, ma essi si pongono nell’autoritarismo più massimalista, in ragione del fatto che questi presunti ideali e la supposta retorica progressista sono per loro stessa definizione discutibili, come tutto del resto, e mai possono assurgere ad unico parametro di valutazione per avere una cultura ritenuta libera, civile e rispettabile.

Si metta l’anima in pace, insomma, la nouvelle vague degli illuminati della supremazia gauche. È non solo perfettamente valido sostenere valori tradizionali come “Dio, Patria e famiglia”, ma è perfettamente argomentabile una tesi che sostenga l’indisponibilità della vita umana contro l’aborto, l’importanza dei doveri sociali per i diritti individuali, il supremo valore costituzionale e morale della famiglia naturale su altre forme di convivenza, nonché un’interpretazione nazionale della Repubblica, senza che con tutto ciò venga giù il mondo e senza che i conservatori siano costretti a fare i partigiani di maggioranza davanti al nuovo fascismo comunista di una minoranza fanatica ed omologata.

D’altronde, per chiunque abbia una visione genericamente religiosa della vita, cattolica o anche non necessariamente cristiana, per chiunque creda che la filosofia tradizionale abbia da insegnare tantissimo in materia di bene comune e di valori etici permanenti, è perfettamente logico sostenere una concezione spirituale dell’essere umano ed è perfettamente logico opporsi culturalmente alla sinistra e al suo materialismo. Semmai sono coloro che ritengono di dover far convivere la prima istanza con la seconda che devono motivare le ragioni, non certo chi coerentemente è di destra e non ha complessi di inferiorità intellettuale a dirsi tale.

Comunque la si pensi, la cosa importante è non accompagnare mai quello che si ritiene giusto, destra o sinistra, tradizione o modernità, Stato o individuo, doveri o diritti che siano, ad una mentalità manichea nei riguardi degli altri da cui si dissente. Perché è quest’ultimo il segno sicuro che si sta inseguendo un metodo di azione fascista.
E la peggiore forma di fascismo che la storia conosca è proprio questa logica comunista, proprio perché è intrinsecamente intollerante e portatrice necessariamente di una prepotenza inaudita, camuffata da una perfidia buonista di carattere pseudo intellettuale e solo falsamente culturale.

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