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Price cap e decoupling, effetti collaterali sul gas. Gli scenari di Villafranca

“Grazie agli stoccaggi siamo messi meglio rispetto ad altri Paesi come la Germania, che in questi anni ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare sul gas, con il Nord Stream 1 prima e con il Nord Stream 2 dopo. Un cap si potrebbe mettere al prezzo dell’energia elettrica più che al gas. Ma poi la politica dovrà decidere chi sostenere e chi far pagare di più”. Le riflessioni dell’esperto Ispi

Energean annuncia una nuova scoperta di gas in Israele: dopo Kronos, ecco Mercury, lì dove già operano Eni & Co (Italgas ha seguito Snam in Grecia ed è operativa in quell’area). Ora, al di là del giacimento in sé, ecco che per unire i fili di tutti questi campi e provare a usare il gas in modo armonico serve una decisione politica: Eastmed o stazioni a terra (quindi collegabili da navi)? All’Italia (che invia il piano sul price cap sul gas a Bruxelles con la possibilità che Germania e Olanda trattino) cosa servirebbe di più, considerata la partita dei rigassificatori e l’esigenza del raddoppio Snam a Sulmona, senza il quale il Tap non potrà pompare più gas?

Diversificare, ma non solo

Prima dei progetti a medio e lungo termine come i gasdotti, credo sia utile capire come affrontare l’inverno, dice a Formiche.net Antonio Villafranca, Director of Studies e Co-Head dell’Osservatorio Europa e Global Governance dell’Ispi, secondo cui i nuovi progetti che gravitano attorno elle scoperte in Israele e a Cipro sono tutti potenzialmente molto utili e ovviamente l’Italia deve cercare di diversificare al massimo le importazioni di gas. Però si tratta sempre di progetti che impiegheranno degli anni. Il tema più urgente è cosa faremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, precisa.

“Intanto occorre riflettere su un dato, ovvero tutte le misure straordinarie che sono già state fatte a livello di Unione Europea, a livello di singoli stati e quelle che vorremmo fare e in generale sarebbero delle misure che in condizioni normali di mercato non sarebbero misure da consigliare”. Il riferimento è ai tempi straordinari in cui ci troviamo e in questi tempi ci vuole coraggio, ma anche un po’ di cautela.

Coraggio & cautela

“Un po di coraggio l’abbiamo avuto: abbiamo già stabilito il salto totale del carbone, abbiamo già stabilito che entro dicembre ci sarà il lo stop totale delle importazioni di petrolio via mare, abbiamo già raggiunto oltre il 90% delle riserve di gas, abbiamo già stabilito che dobbiamo ridurre il consumo di energia e in particolar modo di gas”. Cosa resta da fare allora? Primo, il cap sull’importazione del petrolio russo, già deciso a livello di G7. “Sarà fatto a partire da dicembre e non è un caso che sia dicembre. Verrà implementato essenzialmente dicendo a India e Cina che non possono comprare il gas russo a questo prezzo. Chiunque altro volesse acquistarlo a un prezzo superiore in questo caso non potrebbe usufruire dei servizi di trasporto e copertura assicurativa dei paesi del G7”.

Il riferimento alle insurance è legato a quel 95% di servizi offerti sul trasporto, ad esempio del petrolio, che a livello globale sono offerti dai paesi del G7. “Ma serve cautela: dobbiamo anche sapere che la stessa Russia ha detto che non sarà disposta comunque a vendere a nessuno il proprio petrolio se il prezzo, appunto, sarà più basso rispetto a quello di mercato dei paesi del G7”.

Con quali conseguenze? “Il greggio russo non sarebbe disponibile per nessuno e ci sarebbe una spinta verso l’alto nel prezzo degli altri tipi di greggio, ad esempio il Brent, che è quello di riferimento europeo. Quindi bisogna appunto avere coraggio e certamente bisogna sapere che ci possono essere degli effetti collaterali”.

Decoupling

L’altra questione di cui si sta discutendo è il decoupling, cioè il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica dal prezzo del gas. Il prezzo dell’energia elettrica lo fa la risorsa più costosa per produrre l’energia elettrica che è il gas, che però per noi è importante. “Senza voler entrare nelle motivazioni tecniche – spiega Villafranca – dico che per soddisfare in maniera continuativa e in ogni unità di tempo tutta la domanda, serve far riferimento a quella risorsa che ti satura. Per l’Italia, ad esempio, il 50% dell’energia elettrica lo fa il gas”. Allora che cosa si sta pensando di fare? “Di mettere un tetto proprio alla prezzo dell’energia elettrica. Ad esempio, si direbbe, non può costare più di quanto costa produrre energia elettrica da carbone che per l’Italia è poco. Per la Germania, invece, è ancora significativa la produzione da carbone, intorno ai 160/180€ a megawattora. Consideriamo che per il gas siamo arrivati oltre i 400€ a megawattora”.

Redistribuzione

Coraggio, ma anche cautela. Se si mette un cap a 180 chi lo subisce? “Chi produce energia elettrica col carbone dice ok, perché copre tutti i costi. Chi lo produce da petrolio e soprattutto da rinnovabili che costano di meno, dice ok perché riesce a fare profitto vendendolo. Il problema è come si riesce a soddisfare tutta la domanda, visto che a chi lo produce col gas i conti non tornano”.

In quel caso che opzioni ci sono? Ci sono due strade: interviene Stato che va a sussidiare queste aziende per produrre energia elettrica da carbone oppure lo Stato deve decidere a chi, tra imprese e famiglie, venderlo a prezzo più scontato, cioè con il cap e a chi invece applicare un prezzo più alto. Quindi c’è anche una questione di redistribuzione importante”.

Il tutto mentre la Germania ha speso oltre 500 miliardi di euro tra sussidi promessi e realizzati: “Si tratta di una montagna di soldi a cui, per carità, io non son contrario per partito preso. Però rendiamoci conto che avremmo potuto utilizzarli per gli investimenti digitali e per il green”.

Stoccaggio Italia

Lo stoccaggio fatto dall’Italia, che è costato quattro-cinque volte di più, è sufficiente per passare indenni l’inverno oppure si rischiano sorprese? “Diciamo che non dovremmo avere problemi. Certo, se ci fosse un inverno particolarmente rigido e se le forniture dalla Russia da un momento all’altro completamente cessassero, potremmo avere delle difficoltà. Tendenzialmente siamo messi meglio rispetto ad altri Paesi come la Germania, che in questi anni ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare sul gas con il Nord Stream 1 prima e il Nord Stream 2 dopo. Tutti dicevamo che era antieuropeo realizzare i due gasdotti Nord Stream perché appunto scavalcavano praticamente i paesi di transito dell’Est Europa, inclusa l’Ucraina. Era una mossa pericolosa, ma a loro assicurava un vantaggio di costo. Il gas importato tramite gasdotto costa meno”.

@FDepalo


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