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Il fascismo non torna, ma in Europa temono che… Gli scenari di Polito

Per l’editorialista del “Corriere”, le prese di posizione di Meloni nei confronti della Nato e a favore dell’atlantismo “la collocano dalla parte della libertà. Ciò non toglie che Germania e Francia possano guardare con apprensione sul fronte del suo radicamento europeo”

Fine dell’allarme fascismo. Per lo meno in Italia. Anche gli osservatori esteri più avveduti, pur non utilizzando parole particolarmente lusinghiere sulla leader di Fratelli d’Italia, sgomberano il campo dal grande equivoco. Al di là dell’anacronismo, c’è un errore concettuale nel sostenere che la vittoria alle elezioni della coalizione di centrodestra possa rappresentare il ritorno delle camice nere.

Piuttosto, occorre seguire il consiglio del giornalista del Financial Times Garton Ash che, in un pezzo di analisi, spiega che per il revival del fascismo “bisogna guardare a Mosca e non a Roma”. La pensa così anche Antonio Polito, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera che spiega perché “sono stati gli elettori, lo scorso 25 settembre, a mettere una pietra tombale sulla narrazione del ritorno del Ventennio”.

Ash ha scardinato più di uno stereotipo, ma ha introdotto un elemento di riflessione interessante. A Mosca si stanno ripresentando gli scenari dell’Italia negli anni ’30?

Ash conosce molto bene cos’è stato il pugno di ferro di Mosca. Fu un brillante narratore della rivoluzione di velluto. Così come conosce bene ciò che sta accadendo adesso, in Russia, con Putin. Peraltro l’idea di riunificare tutti i russi in madrepatria ricordo molto quello che fece Hitler con i tedeschi. Diciamo che la Russia di Putin, più che fascista, ha dinamiche fascistiche. Ossia che si avvalgono dell’uso della forza e del sopruso per imporre un unico punto di vista.

Questo, fortunatamente, da queste parti non accade. E Giorgia Meloni si sta dimostrando schierata dalla parte dell’Occidente. 
Sì. Le sue prese di posizione nei confronti della Nato e a favore dell’atlantismo la collocano dalla parte della libertà. Ciò non toglie che Meloni ha una discendenza da un partito che trae le sue origini proprio dal fascismo. Ma questo, per i votanti che l’hanno scelta per il 26% del totale, non costituisce un problema.

Perché, secondo lei?

Partiamo da un concetto di base: gli italiani non sono preoccupati dal ritorno del fascismo perché non c’è nessun pericolo in questo senso. In più, sono stati cauterizzati da un passato nel quale Gianfranco Fini è stato tra le altre cose presidente della Camera, vicepremier e ministro degli Esteri. Non sono passaggi da poco.

A Meloni molti contestano posizioni conservatrici sui temi legati ai diritti civili, all’aborto e all’eutanasia. 

Sono posizioni che vengono sostenute anche da partiti, senz’altro di destra, ma insospettabili di essere fascisti, in Europa e non.

Come sarà la politica estera del prossimo Esecutivo?

Il fatto che Meloni sia filo-occidentale e che sia in prima linea nella difesa dell’Ucraina ormai è assodato. Anche perché essendo leader dell’Ecr in Europa non si può permettere sbandamenti sotto questo profilo. Tuttavia, è lecito avere dubbi sul suo radicamento europeo. Cioè è molto più atlantista che europeista. La sua idea è più federale che confederale.

E questo costituisce un problema per i player internazionali?

Senz’altro Germania e Francia la guardano con sospetto. Tanto più che lei rappresenta l’esempio di come la destra possa arrivare al governo.

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