Spunti e riflessioni dal convegno per la presentazione della relazione finale della Commissione sul gioco presieduta da Mario Marino. Il racconto di Riccardo Pedrizzi
Una parte delle istituzioni e molta dell’opinione pubblica (specialmente tra i non giocatori) vivono il gioco tutto come un autentico problema sociale, amplificandone emotivamente i numeri, le dimensioni e dunque portando a facili strumentalizzazioni della questione. Da ciò deriva che il focus attenzionale si sia spostato dall’effettivo oggetto di interesse, ossia il giocatore affetto da Gap – al fenomeno generico del gioco, che è di per sé oggetto neutro e spesso gestibile in modo non problematico.
La spinta normativa, conseguentemente, non si è concentrata sulla capacità di protezione, recupero e riabilitazione di questo genere di giocatore (che, lo si ricorda, rappresenta attualmente una minoranza della totalità dei giocatori), bensì su una sistematica lotta la gioco, con conseguenze inefficaci o addirittura negative, spesso proprio per quei giocatori che si intendeva proteggere.
Questo tipo di approccio al problema ha portato come conseguenza inevitabile di stroncare l’offerta di gioco in quanto tale e allontanare l’offerta di gioco tende a disinibire il giocatore sociale, più che quello che ha già sviluppato una relazione problematica o patologica con il gioco. Nonché osteggiare, nel tessuto sociale cittadino, il gioco lecito, crea delle aree grigie facilmente colonizzabili dall’illegalità (“dove non c’è gioco legale arriva il gioco illegale”) e depauperare il territorio dell’offerta di gioco fisica, può dirottare il giocatore verso forme di gioco online, più difficilmente controllabili e più pericolose dal punto di vista del monitoraggio”. Fenomeno che puntualmente si è verificato in tutto il corso della pandemia.
Ed è da questo giudizio su come hanno operato le istituzioni e le politiche, che hanno riguardato tutto il mondo del gioco condiviso peraltro da tutti gli istituti di ricerca (Censis, Doxa, Eurispes ecc. ecc.) ma anche dell’Istituto superiore di Sanità e persino della Corte dei Conti, che è partito il lavoro svolto della Commissione d’inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, come ha sottolineato il suo presidente, Mauro Maria Marino nel suo intervento conclusivo del Convegno sulla presentazione del documento conclusivo, per leggere la realtà del settore dei giochi.
Una realtà che viene travisata, solo per fare un esempio, quando si confonde scientemente e dolosamente la raccolta complessiva, ovvero l’ammontare di tutte le puntate effettuate dai giocatori con le spese sostenute dagli italiani, tacendo che oltre l’85% ritorna come vincita ai giocatori ed un’altra buona parte viene trattenuta come gettito dello Stato, mentre solo una piccola resta a tutta la filiera (dal piccolo tabaccaio e dal barista al distributore ed al concessionario) come ricavi e non come utile d’impresa. E, per riferirci ad un fenomeno recente, non tutta la diminuzione del gioco fisico si è spostato sul gioco a distanza legale, come vuol farsi credere. Infatti, nel 2019 il valore del gioco illegale era stimato in circa 12 miliardi di euro, nel 2020 è salito a 18 miliardi (+50%) e nel 2021 è andato oltre i 20 miliardi di euro come cifrò il Procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho.
La conferma della crescita del gioco illegale viene del resto dalle operazioni di contrasto delle forze dell’ordine: ogni 3 giorni è stata scoperta una sala clandestina. Nell’ambito di questa filosofia si è mosso il lavoro della Commissione d’inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, che ha presentato il suo documento conclusivo nei giorni scorsi con il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, il sottosegretario di Stato per l’Economia, Federico Freni, il presidente della Commissione, Marino ed il direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcello Minenna, con l’introduzione ed il coordinamento di chi scrive queste note.
Amato, tra l’altro, ha affermato che: “c’è una parte del Paese che vive questa vicenda in un modo che non aiuta ad affrontarla e a risolverla. Estirpare il vizio del gioco è operazione che appartiene più ad altri che allo Stato. Lo Stato cosa può fare? Può regolamentare il settore per limitare le conseguenze negative. L’alcolismo non porta con se la condanna del vino… Una legge che proibisca il gioco d’azzardo potrebbe essere contestata dalla Corte Costituzionale. Possiamo fare tutto il possibile per rendere funzionale il sistema delle sale giochi, ma ci vuole un uso intelligente della tecnologia per rilevare le attività di gioco, pur nel rispetto della privacy”.
A seguire il sottosegretario Freni, ha dichiarato: “senza un riordino del settore, consapevole, con standard qualitativi a livello europeo, le proroghe saranno sempre necessarie, così come non saranno possibili le gare, antieconomiche per concessionarie e stato” E, proseguendo: “il gioco d’azzardo può essere disciplinato e regolamentato, senza perdere di vista gli aspetti patologici e criminali, senza chiusure indiscriminate. Ogni punto gioco che chiude è un insuccesso per il sistema che non ha saputo disciplinare in modo adeguato strumenti e servizi che esistono in tutto il mondo”.
Al presidente Amato, che aveva criticato il sistema delle proroghe delle concessioni ha replicato subito dopo Minenna. “Se a giugno del 2022 l’Agenzia non avesse fatto le proroghe il settore del gioco pubblico avrebbe chiuso. Oggi c’è una grande confusione tra gioco regolato e gioco illegale. Ed è possibile non capire che gioco regolato vuol dire avere gli strumenti per instradare questa attività in un ambito lontano dalla criminalità? Durante il lockdown siamo andati a chiudere il gioco illegale. Nella legalità ci sono i server dell’Agenzia, del gioco regolato sappiamo tutto. Sul gioco illegale si tratta di trovare chi offre senza autorizzazioni, per questo abbiamo anche sviluppato un’App che consente a chiunque di sapere se quella macchinetta o sala gioco è o non è regolare. Nonostante l’evidente utilità c’è stato chi diceva che quest’app promuoveva il gioco. Quando ci siamo trovati davanti al lockdown, non sono stato il solo ad evidenziare all’opinione pubblica che durante gli Europei di calcio bisognava subito riaprire le scommesse legali. I nostri sistemi di alert, infatti, avvertivano che stava succedendo di tutto. Oltre a me si è pronunciato anche il procuratore antimafia, ma non siamo stati ascoltati. Ha prevalso questo atteggiamento bacchettone per cui giocare equivale a farsi del male… Se vogliamo affrontare sul serio il problema della ludopatia e della disponibilità finanziaria gli strumenti ci sono tutti. Se invece vogliamo mantenere questo atteggiamento bachettone alla fine si farà solo confusione, con un’irregolarità che oggi cuba tra i 10 e i 15 miliardi di euro. Parliamo di cifre superiori alla raccolta legale dello Stato. Su questo tema bisogna fare squadra a livello istituzionale, è necessario scrivere questo benedetto testo unico dei giochi in maniera laica e moderna”, ha concluso Minenna.
“L’obiettivo della Commissione era quello di fare una fotografia condivisa della situazione, spero che il lavoro fatto possa rappresentare il punto di appoggio da cui partire per far sì che si vada oltre, dobbiamo lavorare per la regolamentazione del gioco, va data certezza agli operatori economici legali che agendo con una volontà imprenditoriale necessitano di avere punti di approdo certi per fare investimenti per il futuro”, ha invece detto il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul gioco illegale Marino chiudendo il convegno.
“Nelle conclusioni del lavoro, si sottolinea la fondamentale validità del sistema italiano, con la sua riserva statale. E si evidenzia la necessità della redazione di un testo normativo unitario sul gioco con norme omogenee e razionali, che tendano ad uniformare la casistica e ad allineare le procedure ad evidenza pubblica, dal punto di vista dei bandi, delle convezioni e delle scadenze dei contratti. E potrà rappresentare la base per la tutela della legalità, segnatamente per gli apparati dello Stato preposti al suo conseguimento. Ancor più necessario è l’obiettivo di fornire alle Regioni e agli enti locali – sulla scia dell’accordo in Conferenza unificata del 7 settembre 2017 – una guida sulle azioni da intraprendere, in modo da allinearsi sugli obiettivi di legalità e di tutela della salute, pur nel rispetto delle competenze normative e amministrative che il Titolo V della Costituzione riserva alle autonomie territoriali, che preveda contestualmente lo stanziamento di risorse adeguate”.
Infine, la Commissione ha rilevato “come la cooperazione inter-istituzionale e lo scambio di informazioni tra i soggetti pubblici costituisca una base imprescindibile per il contrasto al gioco illegale, ma anche uno strumento per individuare e soccorrere i cittadini incorsi nel disturbo della dipendenza da gioco d’azzardo. Questa relazione, approvata all’unanimità, pertanto, non si limita a delineare un quadro dell’esistente, finalmente esaustivo e non frammentato, ma prova a dare anche risposte e ad avanzare proposte in funzione di quanto emerso nel corso dei lavori della Commissione e in virtù della necessità, non più derogabile, di una riforma complessiva della materia in oggetto”, ha concluso Marino.
Quel che ci sembra degno di nota è che il documento nel suo spirito condivida le considerazioni dei magistrati della Corte dei Conti, che riconoscono grande importanza all’intero settore non solo perché assicura allo Stato consistenti entrate erariali, ma anche perché vede coinvolte numerose aziende che danno occupazione a centinaia di migliaia di addetti; che contribuiscono alla ricchezza nazionale; che partecipano attivamente al processo di innovazione tecnologico del nostro Paese. Si può concludere, pertanto, che il lavoro che è stato presentato al Senato potrà sicuramente rappresentare una buona base di lavoro per quei parlamentari che nella legislatura, che si apre tra qualche giorno, vorranno seriamente occuparsi di un settore intorno al quale la demagogia populista ha creato una vera e propria leggenda nera.