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Gli ebrei russi scappano da Putin, il denazificatore

Ci sono 55mila ebrei russi pronti a fuggire da Putin. Una pessima immagine per il Cremlino, la cui narrazione sull’invasione ucraina parlava di “denazificazione” di Kiev. E ragione di tensione tra Russia e Israele

Secondo una fonte israeliana che ha parlato con il Jerusalem Post, ci sono circa 55.000 ebrei russi che hanno i requisiti per l’immigrazione in Israele e sono in attesa del via libera per lasciare il loro Paese. Circa 40.000 di questi hanno ricevuto il visto per immigrare, gli altri 15.000 sono nel mezzo del processo di aliyah. A questi vanno aggiunti altri 70.000 ebrei russi che hanno i requisiti per immigrare secondo la Legge del Ritorno di Israele e vivono attualmente in condizioni difficili nei Paesi che “circondano la Russia”, ma che attualmente “non sono in contatto con le autorità israeliane”.

Se da un lato per Israele si pone il problema di gestione di questo flusso migratorio extra, sebbene lo stato ebraico preveda l’accoglienza per ogni ebreo del mondo, per la Russia la questione è ancora più complicata. Non solo perché continua la fuga (e non è una bella immagine) di coloro che scappano dal regime di terrore imposto da Vladimir Putin, che ha compresso ulteriormente le libertà dei propri cittadini anche attraverso la mobilitazione (intanto apparentemente parziale) per sostenere la guerra in Ucraina — che diventa sempre più complicata.

Per Mosca c’è anche il peso simbolico degli ebrei che fuggono dalla Russia mentre il Cremlino dichiara che l’aggressione ucraina sarebbe non altro che una “operazioni militare speciale” per proteggere i “russi” locali dalla “giunta nazista” di Kiev. È vero che quest’ultima parte della narrazione sta rallentando da qualche settimana, ma ne resta comunque uno dei fondamenti, componente del revisionismo con cui Putin racconta ai suoi cittadini — e a quel pezzo di mondo che ancora gli crede — il cruciale ruolo russo nello sconfiggere il nazismo durante la Seconda Guerra Mondiale (un modo questo per parlare anche ai tanti ebrei che vivono in Russia, e a Israele).

Se gli ebrei scappano, il messaggio che ne esce non è certamente eccezionale. Soprattutto perché sull’altro del fronte c’è un presidente ebreo, Volodymyr Zelensky, che ha fatto ruotare parte della sua narrazione anche sull’incoerenza delle pretese russe a proposito della liberazione dell’Ucraina dai nazisti e ha intrecciato parte delle sue relazioni con Israele.

Israele tra l’altro nelle ultime settimane sta cambiando atteggiamento nei confronti della guerra. Se infatti finora Gerusalemme ha cercato di non alzare il livello di coinvolgimento per utilità, ultimamente le cose stanno cambiando. Gli israeliani hanno interesse nel mantenere la possibilità di operare in Siria — contro i finanziamenti di armi che i Pasdaran forniscono alle milizie, soprattutto Hezbollah, sfruttando la copertura del regime di Damasco. Operatività che è legata alla Russia, la quale ha il controllo dei cieli siriani. Ma da quando in Ucraina sono iniziati ad apparire i droni che l’Iran ha fornito alla Russia per sopperire perdite e svantaggio tecnico, Israele ha un po’ cambiato linea — e girano rumors sulla possibilità che armi anti-drone israeliane siano già in mano agli ucraini.

Ci sono elementi di tensione, dunque. Tra questi: i 55.000 ebrei russi in partenza arriveranno lentamente in Israele perché non ci sono abbastanza voli dalla Russia. Il primo ministro israeliano, Yair Lapid, ha dichiarato di aver chiesto alla compagnia di bandiera El Al di inviare più aerei in Russia, ma pare che per ora non ci sia disponibilità del Cremlino ad aumentare i soli sette collegamenti aerei settimanali. Un svolta potrebbe però arrivare con la richiesta diretta da parte di Lapid a Putin, che a quel punto potrebbe mettere altro sul piatto come contropartita. Inoltre molti degli ebrei russi temono ritorsioni successive, vorrebbero per questo ottenere un passaporto israeliano prima di uscire dalla Russia, ma “c’è un anno di attesa per ottenere un appuntamento”, come ha dichiarato il rabbino capo di Mosca, Berel Lazar, in un’intervista alla rivista Mishpacha.

Nel frattempo, mercoledì, il ministero dell’Aliyah e dell’Assorbimento, in collaborazione con il ministero delle Finanze, ha proposto un nuovo piano di emergenza per la gestione degli immigrati russi in arrivo. Il ministro delle Finanze Avigdor Lieberman — nato a Chisinau durante l’Urss, con una constituency forte i provenienti dalle nazioni ex sovietiche che vivono in Israele — progetta di finanziare un piano con cui fornire assistenza agli olim (“nuovo arrivati”) russi in diversi settori, tra cui soluzioni abitative, integrazione nel mondo del lavoro, salute, istruzione e altro ancora. “Lo Stato di Israele sta facendo ogni sforzo per portare in Israele il maggior numero possibile di immigrati [e] non risparmierà alcuna risorsa per consentire l’immigrazione in Israele di tutte le persone idonee che lo desiderano e investirà in un processo di assorbimento efficiente e di alta qualità”.


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