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Così il governo Draghi rafforza l’impegno per la transizione ecologica

Il Piano per la transizione ecologica e il cronoprogramma della Strategia nazionale per l’economia circolare sono due nuovi e fondamentali tasselli. Le parole di Laura D’Aprile, capo dipartimento al Mite, a Formiche.net

Nonostante il grande risalto mediatico che quasi quotidianamente rivestono i temi legati alla salvaguardia ambientale e ai cambiamenti climatici (non ultima la petizione presentata nei giorni scorsi al presidente della Repubblica dalla comunità scientifica) due notizie delle ultime ore, a nostro avviso momenti significativi dell’attività di governo in questo senso, sono passate sotto silenzio o quasi nei grandi organi di informazione. Si tratta della pubblicazione del Piano per la transizione ecologica, approvato dal Comitato nazionale per la transizione ecologica lo scorso maggio e trasmesso a luglio al parlamento dal presidente del Consiglio Mario Draghi; e dell’adozione da parte del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani del cronoprogramma della Strategia nazionale per l’economia circolare.

Il Piano per la transizione ecologica è la risposta alla sfida del Green Deal dell’Unione Europea: “crescita economica unita a salute, sostenibilità e prosperità, da realizzare attraverso un set di misure sociali, ambientali, economiche e politiche senza precedenti”. Frutto della collaborazione di più dicasteri e in linea con il Pnrr, il piano “delinea una strategia italiana di lungo periodo per raggiungere nel 2050 la neutralità climatica, cioè un’economia a zero emissioni nette di gas a effetto serra”. Tra gli obiettivi intermedi la riduzione del 55% delle emissioni al 2030 rispetto ai livelli del 1990”, il cosiddetto pacchetto delle quattro “f”: “Fit for Fifty Five”.

Otto gli ambiti di intervento: decarbonizzazione; mobilità sostenibile; miglioramento della qualità dell’aria; contrasto al consumo del suolo e al dissesto idrogeologico; miglioramento delle risorse idriche e delle relative infrastrutture; ripristino a rafforzamento della biodiversità; promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e dell’agricoltura sostenibile. Gli altrettanti gruppi di lavoro, istituiti dal Comitato per la transizione ecologica, dovranno predisporre gli scenari di natura climatica, ambientale, sociale ed economica ed elaborare proposte di obiettivi e cronoprogrammmi, quantificando le risorse necessario per il loro raggiungimento.

Questa prima relazione sullo stato di attuazione del piano, si legge nel documento, “è frutto delle attività coordinate dei gruppi di lavoro” ed è finalizzata “a operare una mappatura ‘State-of-art’ delle azioni, dei piani e dei finanziamenti esistenti e a consentire un raffronto con gli obiettivi posti in sede europea”. E in linea con i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, adottata nel 2015, principi “rivoluzionari”, ma dalla portata applicativa complessa, di cui l’Italia si è fatta interprete con l’approvazione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile. Tenendo sempre ben presenti gli Accordi di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici. Due momenti fondamentali per guidare la transizione verso un modello di sviluppo economico che abbia come obiettivo non solo redditività e profitto, ma anche progresso sociale e salvaguardia dell’ambiente.

Presupposti per il successo di questa “transizione” sono il consenso, la partecipazione e un approccio non ideologico alle questioni poste. Oltre a una volontà politica collettiva di collaborazione al di là di divergenze e schieramenti politici. Per cambiare radicalmente comportamenti e pratiche consolidate, attraverso l’impegno di tutti, compresi i cittadini e le imprese. Senza dimenticare un’opera di semplificazione delle regole che governano l’attuazione dei progetti.

Per quanto riguarda la Strategia nazionale per l’economia circolare, adottata lo scorso giugno, di cui è stato pubblicato in questi giorni il cronoprogramma, è un documento programmatico con il quale sono individuate le azioni, gli obiettivi e le misure che si intendono perseguire con le politiche istituzionali “volte ad assicurare un’effettiva transizione verso un’economia di tipo circolare”. Si intende, in particolare, “definire i nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato delle materie prime seconde, affinché siano competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi rispetto alle materie prime vergini. A tal fine la Strategia agisce sulla catena di acquisto del materiali (Criteri Ambientali Minimi per gli acquisti verdi nella Pubblica Amministrazione), sui criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), sulla responsabilità estesa del produttore e sul ruolo del consumatore”.

“La Strategia per l’economia circolare e il relativo crono programma di attuazione”, ha dichiarato Laura D’Aprile, capo dipartimento Sviluppo sostenibile del ministero della Transizione ecologica, a Formiche.net, “delineano per la prima volta un percorso chiaro, fino al 2035, sul contributo che l’uso efficiente delle risorse e la corretta gestione dei rifiuti possono dare alla costruzione di nuove fonti di approvvigionamento di materia e di energia con un minore impatto ambientale”.

Nei timing per la realizzazione delle azioni previste dalla Strategia, troviamo la creazione del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (con la creazione di un registro elettronico nazionale); gli incentivi fiscali a sostegno delle attività di riciclo e utilizzo di materie prime secondarie (proposte da inserire nella legge di bilancio 2023); revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti, per rendere più conveniente il riciclo rispetto al conferimento in discarica; finanziamento per la realizzazione di centri per il riuso e la riparazione dei beni; riforma dei sistemi di Epr (Responsabilità estesa del produttore) e dei consorzi con la creazione di uno specifico organo di vigilanza sotto la presidenza del ministero; sostegno di progetti di “simbiosi industriale” attraverso strumenti normativi e finanziari; misure specifiche per l’uso del suolo e delle risorse idriche in ottica di economia circolare.

“La Strategia e il Programma nazionale di gestione dei rifiuti”, ha concluso D’Aprile, “entrambe riforme strutturali del Pnrr, accompagnano e supportano l’attuazione degli investimenti complessivi da 2 miliardi e 100 milioni per l’ammodernamento e la realizzazione di nuovi impianti per il ciclo del rifiuti urbani e per filiere industriali strategiche, per i quali sono già state rese pubbliche le valutazioni tecniche del ministero”.

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