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Gli iraniani vogliono cambiare regime. E Biden? La riflessione di Cristiano

Biden non può fingere di non sapere che dopo quanto ha cominciato a verificarsi in Iran sei settimane fa, molto, troppo, è cambiato, anche per lui

Le affermazioni di Robert Malley, rappresentante speciale degli Stati Uniti d’America per l’Iran, sono datate ormai, ma restano di particolare rilevanza. A suo avviso il popolo iraniano sta chiedendo al regime di rispettarlo. Sono passati giorni da quando le sue parole hanno scatenato un putiferio su Twitter, anche comprensibilmente, perché è di tutta evidenza che quello che le piazze iraniane stanno chiedendo è un cambio di regime, la fine della teocrazia e della brutalità.

Tanta dolcezza, col regime, se così vogliamo dire, ricorda da vicino quella mostrata da Donald Trump, dal capo opposto della barricata americana, nei confronti dei sauditi. L’ex presidente, e aspirante futuro inquilino della Casa Bianca, ha infatti ospitato sui suoi impianti privati, Trump National Doral Miami, la fase finale del torneo di golf LIV, organizzato tramite il proprio fondo sovrano proprio dal regime saudita. Per l’iniziativa saudita, ospite per la seconda volta di Trump, si tratta di un risultato importante, visto che compete per diventare la principale manifestazione mondiale nel campo del golfo, sebbene per ora solo maschile visto che non vi concorrono donne.

Se nel primo caso contro Malley si sono levate le voci di tanti iraniani nel mondo, contro Trump si è levata la voce dell’associazione delle vittime dell’11 settembre.

Tra questi due estremi c’è un dato disarmante: come il conflitto tra i due grandi contendenti mediorientali stia governando la politica americana, anziché il contrario.

Joe Biden, infuriato con i sauditi per aver convenuto con Mosca la riduzione di produzione petrolifera da parte dell’Opec+, confida nel greggio iraniano per turare la falla e quindi calmierare il prezzo. Sarà un caso, ma il taglio è di un milione e mezzo di barili al giorno e l’Iran potrebbe inserire sul mercato globale proprio un milione e mezzo di barili. Ma per farlo occorre convenire con il regime iraniano il famoso trattato sul nucleare e la relativa rimozione di molte sanzioni petrolifere, ed ecco spiegata l’accondiscendenza di Malley con Tehran. Una linea non nuova, che Malley interpreta da tempo. Infatti il padre dell’apertura all’Iran è stato Barack Obama, e Malley ne è stato tra i più fedeli interpreti, da allora.

Ma ora a fare mea culpa per aver abbandonato l’onda verde del 2009 iraniano per accordarsi con gli ayatollah è stato proprio Obama. L’autocritica è stata chiarissima e l’indicazione a Biden evidente: ho capito, ha detto Obama, che ovunque ci sia un raggio di speranza, una scelta di popolo per la libertà, noi dobbiamo stare al loro fianco. Tanto è stato chiaro il punto autocritico che Obama ha anche diffuso una dichiarazione di solidarietà con le donne iraniane firmata da lui e da sua moglie Michelle.

Malley potrebbe non convenire, più grave sarebbe se non convenisse Biden, che da tempo argomenta di democrazie in lotta con i sistemi totalitari. Le forniture militari iraniane alla Russia spiegano bene che le tirannidi possono capirsi bene. Quel che non si capisce è come si arrivi a una contraddizione evidente come quella indicata dalle parole del rappresentante speciale di Biden per l’Iran.

Tra poco si voterà negli Stati Uniti per le elezioni di midterm. È difficile pensare a un’affermazione democratica, ma il voto è segreto e tra poco sapremo con certezza, senza fare gli astrologi. Ma se, dopo il voto, si tornerà a trattare con gli ayatollah per un accordo che gli darebbe accesso a fondi enormi con la rimozioni dell’embargo petrolifero, che richiederebbe anche il consenso europeo, si potrebbe dire che la tesi di un confronto serrato tra democrazie e autocrazie andrebbe definitivamente in soffitta, anche se la si vuole intendere soltanto come strumento di propaganda.

Il regime change oggi a Teheran lo chiedono milioni di iraniani, non potenze straniere. Biden non può fingere di non sapere che, dopo quanto ha cominciato a verificarsi in Iran sei settimane fa, molto, troppo, è cambiato, anche per lui.



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