In un’intervista al Sole 24 Ore il direttore generale dell’Ismea, Maria Chiara Zaganelli, spiega perché l’agricoltura è più che mai un settore strategico per l’Italia. E perché va protetto dai cambiamenti climatici
L’estate 2022 passerà alla storia per essere stata la più calda di sempre. E forse, a voler leggere in contro luce, potrebbe essere proprio questo il punto di partenza, o meglio ripartenza, di un settore, l’agricoltura, strategico per l’Italia (la filiera, dal terreno allo scaffale, vale il 15% del Pil), non certo da ieri. Non è un mistero che sempre più giovani italiani abbiano deciso di lasciare tablet e pc per intraprendere la via dei campi, riscoprendo il mestiere più antico del mondo. Ed è proprio da qui, spiega in un’intervista al Sole 24 Ore il direttore generale dell’Ismea, l’Istituto per i servizi al mercato agricolo e alimentare in seno al ministero dell’Agricoltura, Maria Chiara Zaganelli.
“L’agricoltura è vittima del cambiamento climatico, ed è senza difese. Ma la ripresa del Paese deve ripartire da qui”, premette Zaganelli, da due anni al vertice dell’Istituto. “Alluvioni, gelo, siccità, questi sono i veri problemi che l’Italia deve affrontare seriamente, vista l’importanza strategica dell’agricoltura. Tutto parte dalla terra e poi arriva sugli scaffali, non si può non concepire il settore agricolo come un’unica filiera”, spiega ancora Zaganelli. Per fortuna, “il quadro generale è destinato a cambiare, mi riferisco agli investimenti nelle rinnovabili, al sostegno ai giovani agricoltori, sia donne, sia uomini”.
E dunque, “non è più rinviabile nel nostro Paese la cultura del rischio, occorre sensibilizzare gli agricoltori sulla necessità di assicurarsi e investire in misure di protezione attiva per contrastare i cambiamenti climatici. In questo senso, dal 2023 sarà attivo il primo fondo mutualistico per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole. L’Italia è il primo Paese che metterà in pista un simile strumento”.
E che l’agricoltura sia la pietra angolare dell’economia italiana, lo dimostra anche un altro dato, reso noto sempre dalla stessa Zaganelli, intervenendo ai lavori del Made in Italy Summit del Sole 24 Ore e Financial Times di pochi giorni fa. “Con un valore di 52 miliardi nel 2021, l’export agroalimentare italiano ha guadagnato 5,9% mediamente ogni anno dal 2010, arrivando a rappresentare una quota sul valore dell’export agroalimentare mondiale del 3%. I vini rappresentano il 14% delle esportazioni agroalimentari italiane e il ruolo del nostro Paese è molto rilevante sul panorama mondiale, dove è secondo solo alla Francia, mentre se si svolge lo sguardo alla graduatoria degli esportatori in volume è la prima nazione. L’importanza dell’agroalimentare sul totale delle esportazioni italiane di merci è cresciuta nel decennio, passando dall’8,2% nel 2012 al 10,1% nel 2021”.