Israele e Libano hanno raggiunto un accordo sui confini marittimi che disinnesca alcune tensioni tra i due Paesi, stabilizza una porzione del Mediterraneo, desta particolare attenzione in Medio Oriente anche per il ruolo centrale svolto dagli Stati Uniti. Il commento di Dentice (CeSI)
I funzionari di Israele e Libano hanno annunciato martedì 11 ottobre di aver accettato un accordo mediato dagli Stati Uniti sul confine marittimo tra i due Paesi. Una volta firmata, l’intesa tra i due tradizionali nemici consentirà l’inizio dell’esplorazione del gas naturale nell’area contesa del Mediterraneo orientale e ridurrà la minaccia di una guerra regionale.
L’accordo metterà fine a una disputa che dura da anni e riguarda un’area contesa da circa 500 kilometri quadrati nel Mar Mediterraneo, potenzialmente ricca di gas e con un valore stimato in miliardi di dollari. La necessità di un accordo è diventata particolarmente urgente nel momento in cui si sta preparando l’entrata in funzione della piattaforma di Karish, un importante progetto israeliano per la produzione di gas che, secondo il governo israeliano, si trova a sud dell’area contesa. Hezbollah, gruppo combattente antisemita sciita che ha prolungamenti politici tra le istituzioni di Beirut, aveva definito l’inizio della produzione della piattaforma di Karish una linea rossa.
“Questo è un risultato storico che rafforzerà la sicurezza di Israele, inietterà miliardi nell’economia israeliana e garantirà la stabilità del nostro confine settentrionale”, ha commentato il primo ministro israeliano, Yair Lapid. Una “svolta storica”, l’ha chiamata l’americano Joe Biden, aggiungendo che “fornirà lo sviluppo dei giacimenti energetici a beneficio di entrambi i Paesi, ponendo le basi per una regione più stabile e prospera e sfruttando nuove risorse energetiche vitali per il mondo”. Il capo negoziatore libanese, Elias Bou Saab, ha dichiarato alla Reuters che l’intesa “prende in considerazione tutte le esigenze del Libano” e anch’egli lo ha chiamato “accordo storico”.
Al di là delle narrazioni politiche delle parti interessate, gli analisti valutano l’intesa come molto importante, anche se presenta comunque delle complessità e, spiega Giuseppe Dentice, Head del Mena Desk del Cesi, per questo va presa per il valore specifico che ha – “pur senza dimenticare certe ripercussioni”, commenta con Formiche.net.
“La formula è interessante, perché si tratta di un modello transazionale tra tre Paesi che cercano una forma, sul modello degli Accordi di Abramo, per sopravvivere senza scontri e uscire da cul de sac in modo tale da poter essere conveniente per tutti”, dice Dentice.
“Il problema – continua – è che sul piano interno di entrambe le parti ci sono dei malumori. In Israele, l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu (ancora tra i più influenti attori politici del Paese, ndr) ha detto che l’accordo con il Libano equivale a una resa a Hezbollah”. La posizione è comprensibile se si valuta che parte della narrazione di Netanyahu sulla politica regionale è focalizzata contro l’Iran, che è il protettore di Hezbollah.
“Ma Lapid – aggiunge Dentice – ha fatto una mossa forte e consapevole, cercando e trovando le chiavi di lettura per evitare l’escalation che si sarebbe potuta ripercuotere sulle tensioni in corso lungo il confine settentrionale israeliano. È riuscito a togliere punti di criticità visto che accordi di sicurezza per il momento non possono essere fatti”.
E Hezbollah ha preso una posizione aperta, tornando indietro su una linea durissima intrapresa fino a pochi giorni prima della firma, quando minacciava ritorsioni militari contro Israele. “Certo, l’intesa marittima non garantisce l’assenza di potenziali nuovi attacchi di Hezbollah, ma includendola in qualche modo porta al disinnesco di una minaccia specifica e non garantendo un riconoscimento di Israele salva la faccia a tutti gli attori libanesi”.
Al di là degli equilibri locali, c’è poi il ruolo del terzo attore, gli Stati Uniti, da analizzare. Washington è stato fondamentale, non è così? “Il ruolo americano è centrale, come garante, e, come ha sottolineato pure Lapid, anche la Francia (che ha fiutato la possibilità di business per Total) è stata un ottimo vettore di mediazione”, risponde Dentice.
“Gli Stati Uniti – aggiunge l’esperto del CeSI – dimostrano di continuare a contare nella regione, e sono stati gli stessi libanesi a coinvolgerli come punto di riferimento per una complicatissima mediazione politica. Mediazione che aiuta Washington per posizionarsi ancora meglio e rilanciarsi in tutti quei dossier regionali complicatissimi. Per capirci, diventa un messaggio chiaro anche verso l’Iran, chiaramente sul quadro del Jcpoa (l’accordo sul congelamento del programma nucleare di Teheran che gli Usa e gli europei stanno cercando di ricomporre, ndr)”.
Per Dentice, se nel contesto mediorientale l’accordo israelo-libanese “desta interesse da tante parti”, per il Mediterraneo: “può aiutare a stabilizzare e prevenire molti dei fronti di potenziale escalation”.