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Kim ha scommesso sull’arma atomica, e ora non può tornare indietro

Secondo Frassineti (Unibo/Ca’ Foscari/Ispi), la via diplomatica sulla Corea del Nord “ha chance bassissime”, perché il nucleare è fondamentale per il regime. Il rischio che Kim testi un’arma atomica nelle prossime settimane o mesi è concreto, e a quel punto sarà importante vedere la reazione tanto degli Usa quanto della Cina

Il missile testato dalla Corea del Nord il 3 ottobre scorso – probabilmente un Hwasong-12, ossia un sistema balistico a medio raggio – ha percorso la distanza record di quasi 5mila chilometri, stando in aria per 22 minuti. Ha sorvolato le prefetture di Hokkaido e Aomori e spinto le autorità giapponesi ad attivare il sistema di allarme. Non succedeva dal 2017.

Quanto è accaduto, al di là del quadro politico internazionale, espone uno dei problemi pratici con cui l’Asia nordorientale – cuore dell’Indo Pacifico – puntualmente deve fare i conti: il pericolo di incidenti militari. Nella zona, già molto agitata, con il ritorno ai test missilistici di Kim Jong Un si esaspera il rischio di errori di calcolo, scontri accidentali, o guasti tecnici come quello avvenuto in una base sudcoreana negli stessi giorni.

Il 5 ottobre il lancio di un missile balistico a corto raggio (Hyumoo-2) da parte delle forze armate sudcoreane nell’ambito della risposta militare al test di Pyongyang è fallito provocando un incendio a 700 metri dalle case sulla costa di Gangneung. Non ci sono stati danni, ma diversi abitanti hanno temuto che fosse iniziato un attacco da parte del Nord.

“È il rischio costante con cui convivono questi Paesi e che rende sempre più urgente la ripresa del percorso diplomatico, sebbene le chance continuino a essere scarse”, spiega Francesca Frassineti, ricercatrice all’Università di Bologna, docente di Storia dell’Asia orientale contemporanea a Ca’ Foscari e ricercatrice associata presso l’Asia Centre di Ispi. “Così come è sempre alta la preoccupazione per possibili incidenti nei siti nucleari nordcoreani – continua l’esperta in una conversazione con Formiche.net – così l’episodio dell’incendio presso la base militare sudcoreana conferma che anche per Washington, Seoul e Tokyo – impegnati nel mantenere la deterrenza estesa – l’ipotesi che qualche meccanismo si inceppi, con esiti drammatici, non possa essere esclusa”.

L’assenza di una via diplomatica si è concretizzata a seguito del fallimento dell’ultimo incontro tra Kim e l’ex presidente statunitense Donald Trump. Era il 28 febbraio 2019, da quel momento “Kim ha capito che il futuro per la Corea del Nord avrebbe continuato a essere quello delle sanzioni”, dice Frassineti.

Gli ultimi test nordcoreani hanno coinciso con situazioni particolari: le esercitazioni tra Washington e Seoul, estese poi a Tokyo; la recente visita sulla linea di confine tra le due Coree della vicepresidente americana, Kamala Harris; il ritorno nelle acque attorno alla penisola coreana di una portaerei americana, la “USS R. Reagan” e del suo gruppo da battaglia. “In concomitanza delle esercitazioni congiunte si assiste solitamente all’intensificarsi dei test militari da parte del regime nordcoreano, perché Pyongyang percepisce queste attività in funzione offensiva, ossia come la preparazione a un imminente attacco ai suoi danni, mentre per Usa, Corea del Sud e Giappone hanno valore difensivo e sono una componente necessaria dell’addestramento affinché gli alleati siano pronti ad affrontare qualsiasi evenienza”.

Dal punto di vista tecnico, i test sono necessari per permettere al programma nucleare e missilistico di compiere ulteriori avanzamenti. Contestualmente, se di successo, i test offrono al regime l’occasione per segnalare stabilità all’establishment e alla popolazione (dimostrandosi in grado di difendere la patria) e per costruirsi uno standing internazionale.

”Da quando ha preso le redini del regime nel dicembre 2011 – spiega Frassineti – Kim ha concentrato le risorse del regime nel programma militare non convenzionale e dai suoi progressi ha tratto legittimazione a livello interno: all’epoca aveva circa 27 anni, era militarmente e politicamente inesperto, perciò ha legato il suo consolidamento ai progressi nel campo nucleare. Se gli scienziati nordcoreani hanno stravolto molte delle stime fatte dai colleghi occidentali sulle potenzialità dei programmi nordcoreani, sedendo al tavolo con un presidente americano in carica, Kim ha ottenuto una concessione storica dal punto di vista della legittimazione internazionale”.

Già dal 2012 in tutti i documenti dello Stato e del Partito è stato inserito lo status di nazione nuclearizzata e nel 2013 è stata annunciata la legge sul nucleare il cui testo è stato leggermente modificato a inizio settembre di quest’anno. Il perimetro della dottrina nucleare nordcoreana è chiaro e la funzione dell’arma atomica è duplice: da una parte garantire la deterrenza, dall’altra – se la deterrenza dovesse fallire – respingere una possibile aggressione. Il nucleare è l’unica vera garanzia per la sopravvivenza del regime ed è quindi elemento essenziale e irrinunciabile.

Dopo decenni di politica fallimentare da parte di Washington basata sull’isolamento della Corea del Nord e sulla preventiva rinuncia al nucleare da parte di Pyongyang, l’idea del dialogo avviato da Trump mirava in parte a cambiare il paradigma attraverso un rapporto personale tra i due leader. Inoltre prendeva in considerazione un possibile deal sul controllo degli armamenti, obiettivo su cui gli apparati statunitensi hanno posto un freno e l’enfasi si è definitivamente spenta già prima della sconfitta elettorale.

“Il problema dell’approccio portato avanti da Trump è stato quello di aver personalizzato l’intero meccanismo di dialogo svuotando di significato la fase negoziale che normalmente dovrebbe poi condurre all’incontro tra i leader” spiega Frassineti. Ai tempi un eventuale accordo con Pyongyang era parte delle volontà politiche di Trump da spendere nella corsa presidenziale del 2020. Tuttavia attualmente la posizione statunitense è ferma: la precondizione per il sollevamento delle sanzioni è l’eliminazione del programma atomico nordcoreano e questo trova un consenso bipartisan nel Congresso.

“A livello interno, anche se il commercio con la Cina è in parziale ripresa, gli ultimi tre anni sono stati i più difficili per la leadership di Kim Jong Un. Il Paese sta attraversando la crisi più grave dopo quella di metà anni Novanta in cui l’economia è messa in ginocchio dall’effetto congiunto delle sanzioni, delle misure anti-contagio e delle calamità naturali che hanno acuito la condizione di insicurezza alimentare soprattutto nelle aree rurali. I successi militari sono parte di una narrazione, di una dimostrazione di forza di un regime che vuole rassicurare la popolazione di essere stabile e di essere in grado di difenderla dall’aggressione degli Stati Uniti e dei loro alleati; uno spauracchio che la propaganda di regime brandisce costantemente”, spiega Frassineti.

“Va notato – continua – che con l’invasione russa dell’Ucraina le trasformazioni dell’ambiente esterno offrano molteplici vantaggi a Kim: gli Stati Uniti sono focalizzati sulla Russia; il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è in totale paralisi e nessuna nuova risoluzione contro Pyongyang passerà l’ostruzionismo di Russia e Cina (che hanno già posto un veto a maggio e questa settimana hanno fatto capire che l’obiettivo dell’Onu deve essere quello di ridurre le tensioni e non di sanzionare, ndr)”.

Davanti ai fatti in corso è molto complicato delineare il futuro, anche perché è ormai dato per assodato che Kim autorizzerà il settimo test nucleare in breve tempo – stando alle varie immagini satellitari, come quelle raccolte dal CSIS, che dimostrano come i preparativi siano praticamente ultimati.

“Kim – dice Frassineti – con il test del 3 ottobre ha alterato la stabilità nella regione a pochi giorni dal Congresso del Partito comunista cinese, segno che nemmeno le esigenze di tranquillità con cui Xi Jinping vorrebbe arrivare a quell’appuntamento possono dissuadere il regime nordcoreano dal mettere in atto la propria agenda. Sarà quindi interessante vedere come la leadership di Pechino ‘accoglierà’ un nuovo test nucleare nordcoreano”.

Per l’esperta, dopo aver effettuato il settimo test nucleare, i nordcoreani potrebbero sentirsi in una situazione di forza e potenzialmente essere disposti a riattivare alcuni canali di dialogo al momento sospesi. Il 30 settembre è stata diffusa la notizia che l’ambasciata nordcoreana a Berlino – da cui passano le principali comunicazioni di Pyongyang con l’Unione europea, ruolo prima svolto dalla sede diplomatica nordcoreana a Londra – ha contattato lo European External Action Service (Eeas). Se si concretizzasse un incontro sarebbe il primo in persona dal 2020, e “potrebbe essere un punto di partenza per un rapporto diplomatico più regolare che potrebbe inoltre riportare l’Europa ad avere un ruolo, seppur da attore secondario, nella questione nordcoreana”, commenta Frassineti.



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