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La National defense strategy segna le priorità Usa. L’analisi del Cnas

Gli esperti del think tank di Washington spiegano le caratteristiche del documento che segna la strategia del Pentagono, e in definitiva degli Usa

“Centro di gravità”, così la National Defense Strategy (NDS) presentata dall’amministrazione Biden nei giorni scorsi identifica gli alleati statunitensi. Il documento ha valore programmatico, e come nota Stace Pettyjohn, direttrice del Defense Program del Center for New American Security (Cnas), ciò che è interessante è la “chiara prioritizzazione” di minacce e capacità. “Il diavolo, tuttavia, sta nei dettagli e nel modo in cui il Dipartimento della Difesa gestisce la minaccia acuta rappresentata dalla Russia senza far deragliare gli sforzi per rafforzare la deterrenza contro la minaccia a lungo termine rappresentata dalla Cina. Le esigenze immediate tendono a sopraffare le minacce future e il Pentagono ha ripetutamente rinviato le modifiche alla struttura delle forze e alla postura necessarie a rafforzare la deterrenza nella regione dell’Indo-Pacifico”, spiega Pettyjohn in un’analisi che il think tank ha fatto del documento ricevuta da Formiche.net.

Un modo per implementare potrebbe essere rivolgere “l’attuazione della strategia che collega efficacemente le risorse [del Pentagono] alle principali priorità stabilite nel documento, ragiona Becca Wasser: “Senza un processo disciplinato di attuazione della strategia, la NDS rimarrà una mera retorica e mai una realtà”. Il documento, tuttavia si concentra “sulla necessità di coltivare la giusta forza lavoro necessaria per eseguire la deterrenza integrata”, aggiunge Katherine Kusminski, direttrice del Military, Veterans, and Society Program: “Il dipartimento della Difesa e i servizi militari hanno bisogno di talenti in uniforme e civili con le competenze critiche necessarie per scoraggiare o, se necessario, sconfiggere l’avversario”.

La strategia sulla Difesa, così come la National Security Strategy presentata qualche settimana fa, sostengono — in un passaggio strategico che riguarda anche l’impiego di risorse e la concentrazione delle stesse su priorità maggiori — che la posizione e la presenza delle truppe statunitensi in Medio Oriente devono ridursi per consentire al Dipartimento della Difesa di dare spazio al miglioramento delle attività con Cina e Russia. È un punto di carattere economico e politico di valore interno, ma anche un fattore nelle relazioni internazionali. Per eseguire efficacemente la NDS, spiega Jonathan Lord, direttore del Middle East Security Program del think tank stati in, “la Casa Bianca deve costruire una narrativa politica che le consenta di iniziare a ripristinare le relazioni con l’Arabia Saudita. Dovrebbe spiegare al popolo americano che l’impegno con Riad non riguarda solo il petrolio [ma] è un passo fondamentale per far uscire le forze armate statunitensi dal Medio Oriente e prepararsi alla lotta futura. Dovrebbe far capire che è un bene per noi. Se la Casa Bianca non riesce a farlo, la strategia è solo un pesante paletto”.

Ottenere i risultati sperati dal documento, per gli esperti del Cnas è funzione della volontà politica. Il quadrante indo-pacifico su questo è paridgmatico. Per Jacob Stokes, che al Cnas segue la regione, ci sono tre obiettivi: “Il primo è quello di collegare i principi del documento alle attività diplomatiche e militari con gli alleati e i partner dell’Indo-Pacifico, dato che molti di loro— tra cui il Giappone, la Repubblica di Corea e l’Australia — stanno modificando le proprie posizioni di difesa e rivedendo i piani di emergenza. Il secondo è garantire che le burocrazie civili e militari della difesa e la base industriale siano in grado di produrre le capacità necessarie a una velocità e a un costo coerenti con le esigenze dell’ambiente di sicurezza regionale e con i rapidi sviluppi della tecnologia militare. Il terzo, e forse il più difficile, sarà quello di bilanciare la competizione militare e la diplomazia con la testa dura nei rapporti con la Cina, al fine di ridurre i rischi strategici e costruire un ambiente di sicurezza più stabile per gli anni pericolosi a venire”. E tutto questo ruota anche attorno alla ricerca sulle nuove tecnologie, come sottolinea Alexandra Seymour, del Cnas Technology and National Security Program: punto di contatto tra mondo privato e concentrazione strategica dell’amministrazione.

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