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C’è futuro oltre Lukoil? Spiragli per la raffineria di Priolo

Il destino della raffineria siciliana sembrava già segnato in vista dell’embargo sul petrolio russo, a partire dal 5 novembre. Ora, pare che qualcosa sia cambiato. I commenti di Nora Garofalo (Cisl) e Giovanni Musso (Confindustria)

La comfort letter del Csf (comitato di sicurezza finanziaria) potrebbe aprire uno spiraglio per la raffineria di Priolo, il cui destino sembrava già segnato. Infatti, l’impianto siculo – controllato da Lukoil – trae i suoi approvvigionamenti proprio dal greggio Russo. E, in forza dell’overcompliance, è impossibilitata ad acquistare sul mercato libero il petrolio. Dunque, pareva – fino a ieri pomeriggio – che la storia fosse già scritta: il 5 dicembre, a causa dell’embargo, l’impianto non avrebbe più potuto ricevere la materia prima e si sarebbe dovuto fermare. Creando quella che Giovanni Musso, presidente dei metalmeccanici di Confindustria a Siracusa, definisce una “bomba sociale”. In tutto, a rischiare il posto sarebbero almeno diecimila lavoratori. Più tutto l’indotto.

Il documento

La lettera del comitato di sicurezza finanziaria è una boccata d’ossigeno. Sì, perché in forza di questo documento, gli impianti Isab (le raffinerie di Priolo) potranno approvvigionarsi sul mercato libero, in deroga all’embargo. La comfort letter, in sostanza, fornisce alle banche la garanzia giuridica di non essere soggette a sanzioni in caso di apertura di linee creditizie dopo il 5 dicembre. Isab potrà comprare il greggio, non russo, sul mercato. Non un risultato scontato. Tanto che anche Nora Garofalo, segretaria nazionale di Femca Cisl (la categoria dei chimici) si dice “stupita” da tanta celerità.

Banco di prova

La vicenda Priolo, a ben guardare, è il primo vero banco di prova per il governo Meloni. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, nei giorni scorsi, aveva dichiarato che l’Esecutivo stava lavorando “a tempo pieno per consentire all’azienda di continuare l’attività. Quello di Priolo è un dossier centrale per il mio ministero ed è un caso emblematico, perché un governo che sostiene l’Ucraine è impegnato anche sul fronte delle sanzioni e ovviamente chiamato ad affrontare situazioni complesse che ne sono la conseguenza”, ha riportato il Sole 24 Ore. 

Il nodo giudiziario

“A problemi si aggiungono problemi per Priolo – spiega Garofalo – . L’area industriale è infatti interessata da un’inchiesta giudiziaria che, se non risolta in tempi brevi, rischia di portare al fermo degli impianti”. La questione giudiziaria si articola su due livelli. “Da un lato – spiega la segretaria di Femca – c’è il nodo legato al depuratore consortile, su cui occorre un impegno comune sia in termini di investimento (da parte delle aziende, che si sono già dichiarate disponibili) sia in termini di adeguamento”. Il secondo ostacolo è rappresentato dalla spada di Damocle “che pende sulla società Priolo Servizi, ossia l’azienda – illustra Garofalo – che gestisce gli scarichi delle aziende del comprensorio industriale. Pare che l’inchiesta giudiziaria sia partita per un’ipotizzata mancanza dell’autorizzazione Aia. Insomma la faccenda è piuttosto ingarbugliata ed è per questo che occorre un impegno corale per superare questo impasse e fare in modo che gli impianti non si fermino”. Certo è che “una risposta così celere da parte del Csf” e dunque del Governo “non ce la si sarebbe mai aspettata”.

La prospettiva 

Se è vero che la comfort letter fornisce una prima risposta alle raffinerie, è altrettanto vero che “occorre immaginare una nazionalizzazione, in un futuro neanche troppo lontano, degli impianti di Priolo”. Questa è la soluzione prospettata da Musso per salvare “non solo i lavoratori diretti, ma l’indotto di un’intera parte dell’Isola” e, più in generale “di un asset fondamentale per il nostro Paese”. L’auspicio dell’esponente di Confindustria, che in qualche modo sposa la linea espressa dall’ex ministra Stefania Prestigiacomo, è quello di “un intervento di Sace, in termini di garanzie per l’apertura delle linee di credito”. Peraltro, al di là della perdita di migliaia di posti di lavoro, spegnere Priolo “che raffina e soddisfa circa il 22% del fabbisogno del greggio italiano, sarebbe davvero poco lungimirante. A maggior ragione in un periodo in cui si sta lavorando per l’indipendenza energetica”. La richiesta al governo, dunque, non è solo di adoperarsi per salvare gli impianti, bensì di destinare “parte dei fondi del Pnrr – chiude Musso – per accompagnare la transizione degli impianti verso processi produttivi meno impattanti sotto il profilo ambientale”. Su questo, chiaramente, la visione di Confindustria e di Femca Cisl, collima alla perfezione. La partita di Priolo, in ogni caso, rimane aperta.

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