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Prigozhin, l’Ucraina e il declino dell’esercito russo. Parla l’ex comandante Wagner

Wagner Group

Lo “chef di Putin” è uscito allo scoperto, ma nella sua Russia non cambia molto. Mira alle fabbriche del Donbass e alle casse del Cremlino, ma la qualità dei suoi mercenari diminuisce, come quella dell’esercito russo. L’unico ex Wagner ad aver mai parlato pubblicamente offre a Formiche.net una finestra sull’evoluzione della compagnia fantasma e delle forze armate russe

Quella di Marat Gabidullin, 56 anni, è una storia ai limiti dell’incredibile. Veterano dell’aviazione dell’esercito russo, nel 2015 si è unito al famigerato Gruppo Wagner, che all’epoca era un’entità avvolta nel mistero. È stato mandato in Ucraina (dove non ha preso parte ai combattimenti) e poi in in Siria, dove ha fronteggiato lo Stato Islamico e dove una grave ferita da esplosione lo ha costretto a spostarsi nelle retrovie.

Nel frattempo soppesava la differenza tra la propaganda del Cremlino e la realtà. Così ha lasciato la Wagner nel 2019 e ha pubblicato le sue memorie in Russia, tramite una casa editrice siberiana, per fare luce sulle attività dei mercenari. Le pressioni subite lo hanno costretto a lasciare il Paese. Arrivato in Europa – oggi vive in Francia – ha rielaborato le sue memorie in un altro libro: Io, comandante di Wagner, edito in Italia da Pienogiorno.

Oggi Gabidullin è l’unico ex membro del Gruppo Wagner che abbia mai parlato apertamente del suo funzionamento interno. Al telefono ha una voce pacata e misurata, alterna i ragionamenti a tiri di sigaretta. Pochi giri di parole, risposte brevi e dritte al punto, che offrono uno scorcio del mondo da cui proviene – e che probabilmente non vedrà mai più.

Pensa che tornerà mai in Russia?

Non credo di avere questa opportunità, a causa della situazione e dei pericoli che potrebbero attendermi.

Lei sta seguendo la guerra e la controffensiva ucraina. Cosa pensa della situazione attuale?

Penso che sia molto difficile per le forze russe resistere all’avanzata degli ucraini. Mancano di armi moderne così come di comandanti abili, e la comprensione della situazione sul terreno deriva da questi ultimi. Inoltre le forze russe patiscono un addestramento molto scarso. Posso dire che gli ucraini hanno l’opportunità di riconquistare Kherson… Dipende dalla loro capacità di cogliere le opportunità nella maniera più efficiente.

Può riassumere brevemente cos’è Wagner per il pubblico italiano?

Oggi il Gruppo Wagner è un piccolo esercito. Le sue capacità sul campo di battaglia sono simili a quelle di alcuni eserciti europei. Intendiamoci: parlo dell’intero Gruppo Wagner, non solo della divisione che si trova nel teatro di battaglia ucraino. Wagner è anche in Africa, in Siria e in altre parti del mondo.

Cosa rappresenta per Putin?

All’inizio della sua esistenza era uno strumento di guerra non tradizionale, velato da plausible deniability. Oggi il Gruppo Wagner si è trasformato in una forza militare alternativa all’esercito russo. È molto difficile capire il senso di questa trasformazione all’infuori della crisi degli ambienti politici russi.

Dopo anni di smentite, Yevgeny Prigozhin – alias “lo chef di Putin” – ha finalmente ammesso di essere a capo del Gruppo Wagner. Ha anche criticato pesantemente i vertici delle forze armate russe, i generali Sergey Shoigu e Valery Gerasimov. Cosa sta succedendo?

È una conseguenza dei suoi obiettivi politici, un modo per guadagnare più potere nella cerchia ristretta del presidente e garantirsi l’accesso ai fondi del bilancio statale. Prigozhin ha molti nemici nella cerchia politica russa e nei ranghi più alti delle forze armate russe. Shoigu e Gerasimov sono ancora più potenti, ma Prigozhin ha anche alcuni “satelliti” all’interno delle forze russe, tra cui il generale Sergey Surovikin (che di recente è diventato il nuovo volto dell’invasione russa, ndr). Essenzialmente, un subordinato a Prigozhin.

Il dittatore ceceno Ramzan Kadyrov ha affiancato Prigozhin nell’attacco a Shoigu e Gerasimov.

Sì, Kadyrov sta agendo allo stesso modo, ma credo che questa sia un’alleanza temporanea tra i due, semplicemente perché i loro obiettivi si allineano. Sono persone davvero diverse. E dentro la cerchia ristretta del Gruppo Wagner ci sono molti che vedono i ceceni come nemici.

Che impatto ha l’uscita allo scoperto di Prigozhin sul Gruppo Wagner?

Non penso che la confessione significhi che Wagner, in quanto società militare privata, possa acquisire uno status legislativo: rimane un gruppo di mercenari, che sono tecnicamente illegali per la legge russa. Restare in questa zona grigia permette a Prigozhin di continuare ad acquisire nuovi mercenari e non pagare le tasse, ad esempio. Può anche utilizzare il bilancio dello Stato come se fosse il suo.

Quindi Wagner rimane un’entità non ufficiale?

Sì, certo.

E che effetto avrà questo tutto questo sulla politica russa?

Non cambia nulla nella politica russa.

Quali sono gli obiettivi di Prigozhin?

Vuole conquistare la sfera economica del Donbass, le sue imprese e l’intera area industriale. E non vuole condividerla con nessun altro. Ecco perché Wagner si è sempre concentrata solo sul Donbass e non ha mai preso parte ad azioni sul campo di battaglia in altre parti dell’Ucraina, nemmeno all’assalto di Kiev all’inizio dell’invasione. Prigozhin non è interessato a sprecare le sue capacità in altre aree del Paese.

Come si inserisce la linea d’azione di Prigozhin nella più ampia strategia di Putin?

Succede e basta. Prigozhin è assolutamente fedele al presidente, i loro obiettivi sono allineati. Inoltre Wagner non è così importante nello sforzo bellico. I suoi agenti sono presenti solo in alcune zone del fronte e a Bakhmut.

E se Putin diventasse politicamente più debole? Prigozhin potrebbe mai concorrere per sostituirlo?

In tal caso, naturalmente, Prigozhin si tirerebbe indietro. Ma in questo momento sostiene Putin, assolutamente. E non esiste una sola possibilità che possa sostituirlo.

Come si presenta la strategia militare di Wagner nel Donbass?

Sfruttano il supporto dell’artiglieria e degli attacchi aerei delle forze russe. Puntano su azioni insistenti. Aggiungerei che non sono molto meglio delle forze russe tradizionali e dimostrano una mancanza di strategia. Non che abbiano la possibilità di dimostrare le loro capacità – le unità Wagner in Ucraina non sono le stesse che erano in Siria e in Africa. Ci sono molti combattenti inesperti e molti prigionieri appena reclutati. Il gruppo non può addestrare forze militari in qualità di propaggine del potere statale, quindi è costretto a utilizzare questo tipo di forze irregolari.

Quindi c’è una differenza sostanziale tra le unità Wagner in Africa e quelle in Ucraina?

Assolutamente sì. Wagner non vuole sprecare i suoi veterani in questa guerra, preferisce utilizzare un numero enorme di uomini non qualificati per raggiungere i propri obiettivi. Occorre anche considerare che esiste un’enorme differenza tra i teatri di guerra dell’Africa e dell’Ucraina. In Africa, un combattente abile e qualificato può usare le sue capacità personali per raggiungere l’obiettivo in maniera efficiente – le sue abilità sono preziose in quell’area. In Ucraina, invece, l’azione organizzata tra le unità e l’uso efficiente delle armi moderne sono molto più importanti delle capacità personali.

Data la sua valutazione delle attuali capacità delle forze russe, secondo lei come può il Cremlino continuare a mantenere la sua strategia attuale?

C’è una sorta di malinteso nella mentalità della gerarchia politica russa, una percezione capovolta nella testa dei vertici. Se si pensa razionalmente, questa strategia è irregolare, non ha senso da un punto di vista ragionevole. Se si agisce come un pazzo, questo è solo un altro modo di comportarsi. E loro si comportano da pazzi… è come un’infezione, una specie di malattia.

Qual è la percezione dei soldati russi verso i loro rivali ucraini?

Penso che i soldati russi credano di meritarsi ciò che sta accadendo. Non sono completamente pazzi, considerano i soldati ucraini dei combattenti di tutto rispetto. Alcuni decidono di non combatterli proprio: questa guerra è una via per l’inferno, e gli uomini ragionevoli e responsabili non credono che giustifichi la perdita della propria vita.



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