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Meloni e democrazia. Di centrodestra o estrema destra? La riflessione di D’Ambrosio

Meloni ha cercato di prendere più voti possibile e poi governare con una barra più equilibrata e verso il centro? I fatti diranno. La democrazia è sana se c’è alternanza, ma questa non può tollerare derive populiste e anticostituzionali

Le campagne elettorali purtroppo non servono a spiegare i programmi politici. Se tutto va male sono uno spettacolo disgustoso di slogan senza senso, di promesse per allocchi, di giochi emotivi, di offese all’avversario, di finanziamenti ai partiti poco chiari e così via. Se tutto va bene assolvono al compito di parlare agli indecisi e a quella fascia di elettori che si sposta da destra a sinistra (e viceversa); sulla base di motivazioni infinite e quasi imperscrutabili. Per non parlare di chi non vota a cui si presta poca attenzione (di cui abbiamo parlato qui). La danza inizia con la proclamazione dei vincitori e la formazione del governo. Sembrerebbe che ieri i commissari europei, a porte chiuse e verbalizzazioni spente, abbiano chiesto a Paolo Gentiloni rassicurazioni sul futuro governo italiano (fonte La Repubblica). Non sono i soli. Se lo chiedono in molti, in Italia e fuori.

Il classico Sulla democrazia (1956 e 1998) di Robert Dahl potrebbe fornire un aiuto per capire Giorgia Meloni e compagni di coalizione. Seguendo Dahl possiamo dire che i cardini, e insieme i nodi problematici, di una democrazia sono: primo, i principi di uguaglianza e di libertà; secondo, il patto costituzionale; terzo, la divisione dei poteri; quarto, il sistemi di controllo, in particolare l’informazione; quinto, il pluralismo etnico, culturale e religioso. E possiamo aggiungerne un altro, evidentemente urgentissimo: sesto, il problema ambientale. Le risposte politiche a questi sei nodi non solo distinguono la destra dalla sinistra, come ha ben spiegato Norberto Bobbio (Destra e sinistra) – con buona pace di chi dice che sono tutti uguali – ma distinguono gli estremismi politici, di destra e sinistra, da posizioni più centriste. Sulla base di questi nodi – a mio modestissimo parere – si può giudicare la formazione del nuovo governo, il discorso programmatico e, soprattutto, il loro passaggio dal dire al fare.

Va notato che su diversi nodi Meloni è stata spesso ambigua. Certo non è stata la sola, ma ora se sarà lei a governare non le sono concesse ambiguità su temi cruciali come assetto costituzionale, legge elettorale, scelte economiche, adesione alle scelte comunitarie, solidarietà concreta verso disoccupati, poveri e migranti, riforme fiscali, scelte ambientali, cultura democratica e tentazioni fasciste e populiste. Anche le dichiarazioni di alcuni esponenti del centro destra sembrano essere sulla linea “abbiamo i numeri per fare quello che vogliamo”. La frase era un ritornello del primo Silvio Berlusconi. Essa è non affatto democratica e costituzionale: non è superfluo ricordare che i numeri, cioè i voti, o meglio il “trasferimento di sovranità popolare” (articolo 1), non avviene perché uno possa fare quello che gli pare e piace, ma avviene perché, nella fedeltà alla lettera e allo spirito della Costituzione, si governi il Paese e lo si faccia crescere nella “solidarietà economica, sociale e politica” (articolo 2 e 3); nonché si governi con una intelligente e propositiva adesione ai trattati europei ed internazionali. Se si aggiunge poi che diversi degli eletti non hanno mai avuto esperienza di governo (almeno nazionale), il quadro suscita qualche preoccupazione. Il Paese, ora più che mai, non ha bisogno di presunti “salvatori della Patria” che credono di risolvere tutti i problemi, qui e subito.

La maggioranza di voti attribuita al centrodestra fa pensare – è una mia personale impressione – a un voto con una forte connotazione ideologica, anche interna alla coalizione. I due alleati (Forza Italia e Lega) perdono voti a favore di Fratelli d’Italia. Ciò favorisce una radicalizzazione del partito di Meloni, tanto da portarlo a essere simile più alla destra europea estrema e populista? Oppure Meloni ha cercato di prendere più voti possibile e poi governare con una barra più equilibrata e verso il centro? I fatti diranno. La democrazia è sana se c’è alternanza, ma questa non può tollerare derive populiste e anticostituzionali.

Un’ultima nota a margine di questo quadro in divenire. Sembrerebbe che anche un buon numero di cattolici italiani abbia votato Meloni. Anche qui la trappola ideologica ha sortito il suo effetto. Il centrodestra risponderà alla richieste di quei cattolici che continuano a parlare di valori “non negoziabili”? Ho miei forti dubbi. E poi cosa pensano questi cattolici di centrodestra di tutti i consigli evangelici su amore per i poveri e i migranti, giustizia economica e solidarietà con gli ultimi, tutela dell’ambiente, lotta alla corruzione e cosi via?

In ogni caso, ogni cittadina/o – cattolico, nostalgico o di autentica destra, o di sinistra o centro, – non può assolutamente disinteressarsi di politica, o non far sentire la voce come cittadino attivo e consapevole. In gioco non è qualche elemento ideologico marginale, ma l’assetto del nostro Paese e la indiscutibile “solidarietà economico, sociale e politica” che lo fonda.


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