La visita ufficiale del cancelliere tedesco Scholz in Cina fa storcere il naso a Parigi, facendo emergere ulteriori linee di faglia tra francesi e tedeschi. Ad allontanare le due capitali c’è l’interpretazione più autonomista di Parigi e il globalismo di Berlino
Dopo il risultato non eccezionale dell’incontro a porte chiuse tra il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, non accennano a diminuire i contrasti tra Parigi e Berlino, con quest’ultima che sembra intenzionata ad agire sempre più autonomamente su diversi dossier. Da ultimo, la decisione di Scholz di andare in visita ufficiale a Pechino, il primo leader occidentale ed europeo a incontrare Xi Jinping, reduce dal trionfo al XX congresso del Partito comunista cinese che lo ha nominato per la terza volta leader e capo di Stato. Il viaggio del cancelliere tedesco non è piaciuto a diverse cancellerie europee, e in particolare all’Eliseo, che quando accolse Xi in Europa invitò al vertice anche lo stesso Scholz e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
I nodi tra Francia e Germania
Quello che sembra sempre di più dividere Parigi e Berlino è la visione strategica di lungo periodo sull’approccio che si vuole imprimere non solo sulle proprie relazioni internazionali (e non solo), ma soprattutto quale interpretazione dare alla volontà dell’Unione europea di un maggior protagonismo sulla scena internazionale. Differenza di vedute che si riverbera dalle relazioni politiche, a quelle industriali e, soprattutto, nel campo della Difesa. Da un lato, infatti, abbiamo Macron da sempre impegnato nella realizzazione di una “sovranità europea”, che a volte ha persino sfiorato un’idea di alterità rispetto al campo occidentale, quasi un terzo polo tra Stati Uniti e il binomio Cina-Russia. In generale, però, l’obiettivo del presidente francese è quello di realizzare un Europa in grado di difendere i propri cittadini e interessi, e svincolata dalla dipendenza da Paesi terzi.
L’approccio tedesco
Dall’altro lato, la Germania sembra starsi ergendo a baluardo a difesa di un approccio più globalista ai mercati, aperta quindi a collaborazioni con gli spazi extra-europei. Questo approccio, che dipende in parte anche dalla posizione centrale della Germania all’interno dei traffici commerciali internazionali, si riverbera naturalmente sia sul suo rapporto con Pechino, con la recente acquisizione del 24,9% di uno dei quattro terminal del porto commerciale di Amburgo, sia sul settore della Difesa, con Parigi che accusa la Germania di favorire gli acquisti off-the-shelf di attrezzature statunitensi “a scapito dell’industria europea”.
Le necessità di Berlino
D’altra parte, la guerra in Ucraina, più vicina alla Germania anche in termini meramente geografici, sta costringendo il governo tedesco a un profondo potenziamento del proprio strumento militare, invertendo una tendenza che risale ai tempi del secondo Dopoguerra. I tempi richiedono in particolare una modernizzazione dei mezzi e la sostituzione dei più obsoleti con strumenti moderni e, soprattutto, già disponibili, che possano dunque provvedere in maniera efficace alla proiezione di deterrenza nel complicato scenario internazionale. La scelta di Berlino di acquistare gli F-35 è andata in questa direzione, ed è servita a rimpiazzare i vecchi Tornado tedeschi.
Il nodo dello Sky shield
La proverbiale goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso francese sarebbe il sistema di difesa aerea europeo Sky Shield proposto da Berlino e al quale hanno aderito diversi Stati europei, ma non la Francia. Per i transalpini il progetto sarebbe l’ennesimo tradimento di Berlino. Nel 2015 Germania e Francia avevano collaborato con l’Italia e MBDA per lo sviluppo del sistema missilistico a medio raggio Mamba, da allora il sistema è stato ulteriormente sviluppato e schierato anche all’interno dell’architettura Nato. Ora, la proposta di Scholz, a cui hanno aderito quattordici Stati membri dell’Ue, per costruire un nuovo sistema basato sui Patriot americani e degli Arrow 3 israeliani, avrebbe “silurato” la collaborazione tra Francia e Germania in questo settore.
Il nodo del Fcas
Altro punto dolente del rapporto tra Berlino e Parigi è lo sviluppo del sistema di combattimento aereo di sesta generazione Fcas, con la disputa tra la Dassault Aviation e Airbus. La società francese, inizialmente scelta come lead contractor per la realizzazione dei controlli di volo, il sistema nervoso dell’aereo, è preoccupata di stare perdendo quote del proprio carico industriale da quando la Spagna è salita a bordo del progetto a fianco della Germania, suggellato anche da un recente accordo di collaborazione tra Berlino e Madrid.
I sospetti su Parigi
C’è inoltre da considerare che Berlino è anche preoccupata dalle intenzioni di Parigi, sospettata di essere più interessata a proteggere i propri interessi industriali che ad avanzare effettivamente i progetti di Difesa comuni. Sempre il Fcas ne è un esempio concreto. Da una parte la Dassault non vuole rinunciare a mantenere una preminenza rispetto a quelli che dovrebbero essere suoi partner, e dall’altra Parigi non ha mai mostrato interesse al progetto di far convergere il programma con il parallelo portato avanti da Regno Unito, Italia, Svezia e Giappone, bollato dall’Eliseo come “non europeo”.