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Un passaggio di consegne sincero e complice. Come non si era mai visto

Il “quasi abbraccio” tra Draghi e Meloni, che aveva appena osservato il picchetto d’onore e aveva subito il suo “impatto emotivo”, vale cento campanelle. E si unisce alla commozione del premier uscente che saluta Palazzo Chigi, e ai messaggi di sostegno dei ministri ai loro successori: non avevamo mai assistito a un tale livello di spirito repubblicano e consapevolezza delle difficoltà che il nuovo governo dovrà affrontare. Una giornata da ricordare

Più che il passaggio della campanella, il gesto più significativo della giornata sono quelle pacche dietro la schiena con cui Mario Draghi ha accompagnato Giorgia Meloni all’interno di Palazzo Chigi. Dopo il momento “impattante emotivamente” del picchetto d’onore, (il) nuovo Presidente del Consiglio sale lo scalone e viene accolta da un “benvenuta!” sincero, seguito da “ti trovo benissimo”. Ma è il body language a raccontare il rapporto tra i due.

Un passaggio di consegne non solo civile e rispettoso, ma condito di un tentativo di facilitare al massimo il lavoro dei nuovi arrivati. Rassicurante, complice, compatto: non a caso l’ultimo gesto di Draghi non è stato quello di raccogliere gli applausi a Bruxelles ma di spendere il suo capitale di autorevolezza per dare una spinta a un sistema più equo di acquisto dell’energia e di sostegno a cittadini e imprese.

Il congedo di Mario e l’insediamento di Giorgia sono due momenti da far invidia alle altre democrazie (non certo in linea con la versione grottesca dell’Economist). Sia in campagna elettorale che dopo le elezioni, quando si parlava di contatti tra i due, erano sempre nel contesto di una collaborazione nei dossier più urgenti, dall’energia alla Legge di Bilancio, con la proposta – raccolta – di “scriverla a quattro mani” (Crosetto dixit).

Nel pomeriggio è arrivata l’ufficialità del ruolo di consulente di Palazzo Chigi per Roberto Cingolani, ministro uscente per la Transizione ecologica. Il segnale è potentissimo: oggi l’emergenza principale è quella energetica, e da quella ne discendono molte altre: inflazione, possibile recessione, sfiducia nel futuro industriale del Paese, tensioni con l’Europa e squilibri geopolitici. Il filo con il governo uscente non è più solo ideale ma tangibile (seppur gratuito, precisa Cingolani). L’uomo che ha rappresentato l’Italia negli ultimi Consigli europei sull’Energia sarà al fianco della premier nei prossimi mesi.

Daniele Franco ha lodato Giancarlo Giorgetti, il suo successore, quando il nome non era ancora ufficiale eppure lo ha fatto in modo plateale (“al mio posto sarebbe adattissimo”). Lorenzo Guerini ha twittato un messaggio affettuoso – politicamente – verso Guido Crosetto. Il passaggio di consegne tra Di Maio e Tajani è stato molto cordiale, e il titolare della Farnesina ha riservato la sua prima chiamata ufficiale all’omologo ucraino, in perfetta continuità con l’attuale governo (e discontinuità con le frasi berlusconiane su Zelensky…).

La lista potrebbe continuare, con Brunetta “certo che Zangrillo saprà fare bene”, l’in bocca al lupo di Enzo Amendola a Raffaele Fitto, e la foto di una cartellina con i temi che dovrà affrontare il nuovo ministro per gli Affari europei, la Coesione e il Pnrr. Una pagina di correttezza istituzionale che va raccontata e sottolineata, anche perché non si tratta solo di ministri “tecnici”, molti di loro appartengono o appartenevano a partiti politici, e in passato abbiamo assistito a campanelle cariche di amarezza, risentimento e (in seguito) rivalsa.

Oggi si è riunito il primo Consiglio dei ministri, forte di oltre un’ora di colloquio tra Draghi e Meloni, per iniziare a parlare di una Finanziaria che sarà in mano a un ministro che è forse il più “draghiano” dei politici di centrodestra. Possiamo quindi coltivare la speranza che certi buoni risultati raggiunti dall’ultimo governo non saranno sprecati.

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