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Il prossimo premier non dimentichi il sottosegretario allo Spazio. Parla Spagnulo

Lo Spazio e l’aerospazio sono settori strategici per l’Italia, come ha sottolineato a luglio scorso il Copasir con una Relazione sul dominio aerospaziale quale nuova frontiera della competizione geopolitica globale. Per questo, è importante che il prossimo sottosegretario delegato alle politiche aerospaziali e spaziali, sottolinea Spagnulo a Formiche.net, abbia una chiara visione delle sfide che ci attendono

Tra poco più di un mese il governo italiano dovrà presenziare alla Conferenza ministeriale dell’Esa, poi dovrà verificare l’attuazione dei programmi spaziali decisi nell’ambito del Pnrr e infine dovrà dare corpo alle misure di sviluppo e sostegno per il settore con particolare riguardo a quei segmenti che sono rimasti fuori dal Pnrr ma che abbracciano tante Pmi di eccellenza e centri di ricerca. Senza parlare poi della collocazione strategica dell’Italia nei programmi di collaborazione europei e internazionali. Una roadmap che sarà seguita in prima persona dal prossimo sottosegretario con delega alle Politiche per lo Spazio, che Giorgia Meloni sarà chiamata a scegliere da qui alle prossime settimane. Di questo e delle prossime sfide del settore Formiche.net ha parlato con Marcello Spagnulo, ingegnere ed esperto aerospaziale.

Quali sono le principali sfide che attendono lo spazio da qui alla fine dell’anno?

Al momento, dato che da qui alla fine dell’anno mancano in pratica due mesi e mezzo, più che di sfide parlerei di urgenze sfidanti, e l’esecutivo che si formerà, sperabilmente entro fine ottobre, sarà chiamato a gestire il cambio di consegne e le urgenze appunto. Che però nel settore spaziale sono davvero impellenti perché tra poco più di un mese, a fine novembre, si terrà a Parigi la Conferenza ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) che è un summit importante perché riunisce ogni tre anni i ministri europei con delega agli affari spaziali, i quali dovranno decidere i finanziamenti dell’ente europeo per il prossimo triennio. Il ministro italiano, o il suo delegato, sarà quindi chiamato a impegnare fondi del bilancio dello Stato da qui ai prossimi tre anni. Stante l’attuale contingenza economica non facile che l’Italia, e l’Europa tutta, sta attraversando, si capisce bene come questo summit abbia una valenza non trascurabile. Gli impegni finanziari che si prenderanno saranno vincolanti per lo Stato. Ma non c’è solo l’aspetto economico quanto quello strategico. Riuscirà il ministro appena insediato a studiare i dossier sul tavolo per orientare i fondi nazionali sui programmi di concreto interesse strategico? Vorrei ricordare che l’Esa è un ente europeo sovranazionale in cui la ricerca del punto comune, del compromesso diciamo così, tra i vari paesi avviene spesso con un confronto che è un po’ lo specchio di quello che vediamo quotidianamente rappresentato da quanto accade ai vertici europei di Bruxelles dove le differenti istanze nazionali innescano processi non facili da gestire e spesso conflittuali. Ecco, tutto ciò è già di per sé una sfida notevolissima per il prossimo esecutivo.

Il prossimo governo troverà dei cambiamenti nella governance operati nel corso dell’esecutivo Draghi. Ci spieghi di che correzioni si tratta…

Il Parlamento ha attuato con la legge n.7 del 2018 un riordino sull’indirizzo e il coordinamento della politica aerospaziale e spaziale e riconoscendo la valenza strategica del settore – peraltro ribadita a più riprese dal Copasir, il comitato per la sicurezza della Repubblica – ha assegnato al Presidente del Consiglio il ruolo di alta direzione e coordinamento. Inoltre ha istituito un apposito comitato (Comint) di diversi ministeri interessati a vario titolo alle politiche spaziali a supporto del ruolo della Presidenza del Consiglio. In effetti, già poco dopo l’entrata in vigore della legge si avvertiva l’esigenza di completare il riassetto istituzionale non solo per rendere più fluido il processo relazionale tra gli enti coinvolti (Agenzia Spaziale Italiana ASI, Comint, ufficio Spazio della Presidenza del Consiglio) ma anche per valutare l’opportunità di modificare la statualità dell’ASI che invece restava ente pubblico compreso tra gli enti di ricerca. Quanto sopra aveva preso corpo con una non trascurabile riforma – attuata non con un procedimento parlamentare ma con un Decreto Legislativo pubblicato lo scorso 30 aprile – con cui presso la Presidenza del Consiglio dei ministri veniva istituito un apposito dipartimento per lo Spazio i cui ruoli e compiti avrebbero dovuto essere in seguito meglio definiti. Per inciso, le partecipazioni azionarie dell’ASI venivano trasferite al MIUR e quindi in qualche modo si inizializzava una modifica statutaria. Poi a luglio scorso il governo ha formalizzato con un decreto un’organizzazione di questo nuovo dipartimento affidandone la direzione con incarico diretto a una persona proveniente dall’Esa. La situazione attuale è questa.

Perché è importante la scelta del nuovo sottosegretario allo spazio?

Si tratta di una figura-chiave, perché l’Articolo 2 della Legge 7 individua nel sottosegretario quella figura a cui il Presidente del Consiglio delega i poteri di indirizzo e controllo delineati nell’Articolo 1 della Legge medesima. Si tratta quindi di una figura politica che centralizza le responsabilità nelle scelte di politica industriale e di strategia governativa afferenti alle politiche aerospaziali e spaziali. È un ruolo di snodo tra la politica e l’industria nazionale ma anche il riferimento del governo italiano nel contesto europeo e internazionale. Per fare un esempio, nel 2020 fu siglato proprio dall’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’Accordo multilaterale di cooperazione internazionale del Programma lunare Artemis della Nasa. E fu lo stesso Sottosegretario a presenziare la Conferenza Ministeriale dell’Esa nel 2019 decidendo gli impegni finanziari del nostro paese per il triennio successivo. Da solo questi due esempi credo sia evidente come il ruolo del Sottosegretario di Stato con delega agli affari spaziali costituisca un elemento politico fondamentale per la politica industriale del paese. Qui mi preme sottolineare il tema attuale della prossima Conferenza Ministeriale dell’Esa prevista a Parigi a fine novembre e che porrà il settore spaziale molto presto nell’agenda del nuovo esecutivo perché sarà necessario inviare un Sottosegretario nella pienezza dei poteri e soprattutto ben informato sui dossier.

Su quali dossier ha puntato Vittorio Colao durante il suo mandato?

Il Ministro per l’Innovazione e la Transizione Digitale ha dovuto riprendere “in corsa” le deleghe del Presidente del Consiglio perché il Sottosegretario di Stato precedente aveva dovuto improvvisamente lasciarle per motivi politici. Di fatto quindi il Ministro si è trovato a dover gestire non solo le questioni correnti ma anche i fondi del Pnrr che, ricordiamolo, per la Space Economy ha una dotazione di 2,3 miliardi di euro. Fondamentalmente il Mitd ha siglato specifiche convenzioni con Esa e con Asi per attuare i programmi spaziali previsti nel Pnrr con una ripartizione di 1,3 miliardi di euro convogliati a Esa per l’attuazione e 880 milioni direttamente all’Asi. A mio avviso questo è il lascito politico più importante del governo uscente, e cioè che sia impellente una riflessione del nuovo governo e del nuovo parlamento su come riorganizzare la governance istituzionale. E questo mi pare oltremodo necessario non solo per la mera questione dell’utilizzo efficace e spedito dei fondi del Pnrr quanto per una non rinviabile strategia di politica industriale del settore spaziale.

Qual è la posta in gioco in termini di investimenti, considerando i fondi del Pnrr e i fondi dell’Esa?

L’investimento di 1,3 miliardi di euro stanziati nel quadro del Pnrr e affidati a Esa per la gestione e attuazione riguardano lo sviluppo di una costellazione satellitare per l’osservazione della Terra, di cui ci si attende che presto vengano definiti i requisiti di progetto per una sua concreta attuazione. Poi nell’ambito della medesima convenzione con ESA sarà supportato anche il progetto per un motore a ossigeno-metano per il lanciatore italiano Vega che però sconta una carenza di supporto da parte dei partner europei. A mio personale avviso, il nuovo governo dovrà monitorare e verificare attentamente sulla concreta ricaduta di questi programmi in termini di effettiva integrazione nella progettualità europea non solo dell’Esa ma anche della Commissione Europea.

Come erano gestiti i fondi per il settore spaziale in precedenza? Che differenze vi saranno con la gestione futura?

Questa domanda apre un tema ampio. In precedenza i fondi per lo Spazio erano – e in gran parte tuttora lo sono – parte del Foe, Fondo Ordinario degli Enti di Ricerca che su base annuale dopo Decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca, ripartisce il fondo agli enti e alle istituzioni di ricerca, tra cui appunto l’Asi. Di fatto con la Legge 7 si attuavano due azioni: da un lato si riconosceva la centralità del settore portandone l’indirizzo strategico e politico alla massima autorità governativa, e dall’altro auspicando, attraverso il Comint, di convogliare più fondi ministeriali nel settore. Credo che il primo aspetto sia stato parzialmente raggiunto, pur con i dovuti aggiustamenti ancora necessari, mentre il secondo no. Quindi su questo tema ritengo che il nuovo esecutivo abbia spazio per intervenire con quella che, nella sua domanda, è indicata come la “gestione futura”, e che mi auguro sia una decisione politica supportata da un pensiero strategico e da una politica industriale volta all’interesse nazionale.

Il prossimo governo, che tipo di rapporti eredita con l’Europa, attraverso l’Esa?

Partiamo dall’Esa, perché come ricordato prima, tra poco più di un mese si terrà a Parigi il vertice dei ministri europei con delega agli affari spaziali che si tiene ogni tre anni. Il summit dovrà rifinanziare l’Esa per un ulteriore triennio approvando nuovi programmi e aggiornando quelli pregressi. Il tutto sulla base di una proposta programmatica che il direttore generale dell’ESA sta negoziando in questi giorni con i capi delle agenzie spaziali nazionali. È noto che il DG dell’Esa intenda chiedere agli stati membri una contribuzione enorme pari a 18,5 miliardi di euro, il 30% in più rispetto ai 14,4 miliardi sottoscritti 2019. Già allora quegli importi avevano fatto sgranare gli occhi a molti, anche perché l’Italia sottoscrisse degli impegni finanziari per 2,2 miliardi di euro, una cifra enorme senza precedenti e che fece del nostro paese, per la prima volta nella storia dell’Esa, un contributore quasi alla pari della Francia, nazione da sempre primo contributore. E qui si apre il tema fondamentale della strategia e della politica industriale del nostro paese. Andare in Esa a sottoscrivere impegni finanziari non significa firmare cambiali in bianco ma ragionare su quali progetti siano strategici e utili per l’Europa ma soprattutto per l’Italia e per la sua strategia di politica industriale.

E a livello internazionale, ad esempio con la Nasa?

Credo che il tema sia di stringente importanza. In più occasioni ho indicato nel doppio binario, europeo e transatlantico, quel percorso di collaborazione internazionale più utile per il nostro paese. Questo per motivi geopolitici ed economici. L’importanza per l’Italia di definire una lungimirante strategia che comprenda, nell’ambito del suddetto doppio binario, anche nuove progettualità come per esempio quelle nel perimetro della Nato, risulterebbe molto positivo per l’Italia perché le permetterebbe di associarsi a programmi statunitensi più tecno-evoluti di quelli europei che sono ancora in fase prodromica.

Come si configura la competizione globale con la Cina?

La questione della competizione globale con la Cina è una questione anche italiana che ha ristabilito – parliamo del settore spaziale – la sua collocazione internazionale dopo che alcuni anni fa si erano aperti spazi collaborativi, poi fatti rientrare, con Pechino. Il punto è che siamo in Europa e quest’ultima ha ancora una governance spaziale pensata negli anni settanta del secolo scorso. Di fatto l’Esa non può sviluppare progetti spaziali a vocazione militare che invece si ritrovano nello Strategic Compass della Nato e sono un elemento della strategia di difesa e sicurezza della Commissione Europea, che infatti ha creato una sua propria agenzia spaziale alternativa a Esa, la Euspa, dove l’Italia non ha al momento ruoli di rilievo. Nei fatti, l’Europa è spiazzata dalle sfide geopolitiche nello Spazio tra Usa, Cina e Russia ma lo è soprattutto dalle sfide tecnologiche e commerciali dei privati statunitensi che monopolizzano le orbite basse e stanno progettando nuove stazioni orbitanti commerciali al posto della ISS. In questo contesto piuttosto complicato, l’Italia dovrebbe elaborare una sua strategia spaziale di medio-lungo periodo che veda coinvolto non solo il comparto industriale ma soprattutto quello militare per definire una realistica visione di politica industriale che posizioni strategicamente il nostro paese nell’alveo europeo e in quello atlantico.



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