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Caro bollette. Così Mosca soffia sulle proteste in Francia (e in Italia)

Scioperi e manifestazioni oltralpe per l’aumento del costo della vita tra inflazione e crisi energetica sono significativi del diffuso malessere in Europa. Ma anche di una certa pervasività della propaganda russa. “Questa crisi sarà inevitabilmente trasmessa al nuovo governo” di Roma, ha detto l’ambasciatore Razov

Ieri è stata una giornata di scioperi e manifestazioni in Francia. Nelle piazze i manifestanti hanno protestato contro l’aumento del costo della vita (tra inflazione e crisi energetica) e le precettazioni del governo nel settore delle raffinerie in sciopero. A trasformare gli scioperi in una mobilitazione generale è stato l’appello lanciato dall’alleanza di sinistra Nupes, guidata dal filorusso Jean-Luc Mélenchon che ha fatto salti mortali ideologici per condannare l’invasione russa dell’Ucraina. È la principale opposizione al presidente Emmanuel Macron in Parlamento, un’alleanza che “tenta di capitalizzare sugli scioperi per guadagnare consensi”.

Come spiegato dall’Ispi, mentre in Francia le proteste si espandono a macchia d’olio, la crisi energetica fa avvertire i suoi effetti anche sul resto d’Europa. “A pagare il prezzo dell’elevata vulnerabilità europea ai prezzi delle materie prime sono innanzitutto le imprese, che perdono competitività sui mercati internazionali. E poi i consumatori, su cui le imprese scaricano i maggiori costi”, si legge nel rapporto del centro studi. L’economia europea rallenta: secondo il Fondo monetario internazionale, l’Eurozona l’anno prossimo crescerà solo dello 0,5%, e Germania e Italia saranno addirittura in recessione (rispettivamente -0,3% e -0,2%). “Gli elevati prezzi dell’energia sono anche tra le cause del fatto che nell’ultimo anno l’intera Eurozona sia andata in deficit commerciale con il resto del mondo: qualcosa che non accadeva dal 2008, e un cambiamento di rotta significativo”, spiega l’Ispi. Per il presidente è una nuova grana. “Oltre all’instabilità politica interna dovuta al fatto di poter contare solo su un governo di minoranza da giugno, adesso rivede l’incubo dei gilet gialli – nati nel 2018 proprio per protestare contro il caro energia”.

James Melville, commentatore scozzese diventato famoso online per le sue posizioni contro i vaccini, ha scritto su Twitter: “In tutta Europa si stanno svolgendo proteste di massa contro gli alti prezzi di cibo ed energia e le sanzioni alla Russia che stanno paralizzando le economie europee. Eppure i media continuano a chiudere gli occhi su questo fenomeno”. Ha incassato oltre 14.000 retweet e più del doppio di “mi piace” (molti da profili pro Vladimir Putin) citando Francia, Italia, Belgio, Germania e altri Paesi – ma il video pubblico e relativo all’Italia non ritrae proteste bensì una manifestazione di Lega e Fratelli d’Italia.

Michel Duclos, ex ambasciatore francese alle Nazioni Unite e ora collaboratore dell’Institut Montaigne di Parigi, ha sostenuto che “la perdurante pazienza del presidente francese nei confronti di Putin e le sue posizioni di dissenso nei confronti della Nato hanno danneggiato la credibilità della Francia nei confronti degli europei dell’Est e del Nord”. E ancora: “A livello intellettuale, i leader francesi devono riconoscere che, dopo la sua folle impresa, la Russia di Putin ne uscirà indebolita ma anche più aggressiva nel suo approccio all’Europa. Manterrà notevoli capacità di destabilizzare sia i Paesi che prima dominava nell’Europa centrale sia, attraverso pressioni economiche e politiche, l’Europa occidentale”.

E già nei giorni scorsi, Aleksey Meshkov, ambasciatore russo a Parigi (dal 2004 al 2012 ha ricoperto la stessa posizione a Roma), ha rilasciato una lunga intervista all’agenzia di stampa russa Ria Novosti. Parlando delle sanzioni imposte dai Paesi dell’Unione europea alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, ha spiegato che il volume degli scambi bilaterali “è aumentato, non diminuito. Ma questo è dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dell’energia, e alcune altre voci, piuttosto importanti, sono state effettivamente ridotte”.

Anche Sergey Razov, ambasciatore russo in Italia, ha rilasciato un’intervista simile, questa volta all’agenzia Tass. I toni sono ben più duri di quelli del collega a Parigi: “Il raffreddamento tra Roma e Mosca è iniziato con l’arrivo di [Mario] Draghi” e anche sul nuovo governo italiano “non vedo alcun motivo per parlare di revisione delle priorità” rispetto al sostegno all’Ucraina. Il diplomatico ha sostenuto, in un’intervista che ha come principale destinatario il fronte interno, che “nella società italiana certamente esiste e, per quanto se ne dica, è in crescita” il sentimento pacifista. “C’è un senso di stanchezza per la crisi ucraina”, ha detto citando papa Francesco (come fanno leader politici come Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle) rilanciando uno dei principali punti di discussione della narrazione del Cremlino, ovvero il supposto pacifismo, che a Mosca si traduce con lo stop al sostengo all’Ucraina invasa. Un altro sono le sanzioni: l’Italia è sotto pressione di Bruxelles e Washington, ha spiegato. “La situazione economica è difficile e tende a peggiorare”, ha dichiarato raccontando che i prezzi di gas ed elettricità “per le famiglie e le imprese sono aumentati in modo considerevole”. “È difficile non fare i conti con ciò”, ha spiegato ancora. Poi ha aggiunto: il governo Draghi “è comprensibilmente propenso a minimizzare la situazione, ma questa crisi sarà inevitabilmente trasmessa al nuovo governo che si sta formando”. Infine, una precisazione: “Si tratta, ovviamente, di una questione interna all’Italia e auguriamo al governo e al popolo una rapida risoluzione delle difficoltà in corso”. La linea di Mosca è chiara: tutta colpa vostra.

“Le autorità russe useranno tutti gli strumenti a loro disposizione – tra cui la coercizione energetica, l’intimidazione psicologica e gli inviti a negoziare – per scalfire l’unità delle democrazie”. A dirlo a Formiche.net è stato Christopher Walker, vicepresidente del National Endowment for Democracy, organizzazione non governativa finanziata dal Congresso degli Stati Uniti d’America.

Ciò pone un problema ai governi occidentali. Guardando alla Francia, Samantha de Bendern, ricercatrice del programma Russia ed Eurasia del centro studi britannico Chatham House, ha osservato: “È chiaro che Macron deve fare qualcosa per la sua narrazione”. Anche nel caso in cui la guerra finisse “con la sconfitta dell’Ucraina – e così sarebbe se perdesse il sostegno dell’Occidente – le sanzioni non saranno revocate e i settori dell’economia francese che stanno soffrendo a causa della guerra non si riprenderanno improvvisamente”, ha spiegato a France24. “Non si premia un bullo nucleare. Macron deve spiegare che anche se la guerra finisce, non significa che le sanzioni contro la Russia saranno revocate”, ha detto de Bendern.

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