Con lo sviluppo del digitale e il sempre maggiore astensionismo andranno trovate nuove forme di referendum, per rinvigorire la partecipazione democratica. Per dirlo con le parole di Marco Pannella: “I miei referendum non sono mai di protesta, ma sempre di proposta”
I referendum sono il cuore della democrazia, la grande occasione del popolo per esercitare direttamente la sovranità. Eppure se ci pensiamo bene, raramente nella storia i referendum sono state consultazioni “vere”. Evidente il caso dei referendum russi di annessione dei territori ucraini della scorsa settimana, che hanno raggiunto percentuali di voti favorevoli superiori al 97%, con i voti raccolti dai soldati in urne trasparenti!
Nella storia, spesso i referendum sono soltanto plebisciti popolari per coprire decisioni già prese e per poter narrare di avere un ampio supporto popolare a favore di scelte già prese.
Possiamo tornare con la mente ai plebisciti di annessione al Regno di Sardegna: tra il 1859 e il 1860 il Ducato di Parma e Piacenza, le Province lombarde, le Province venete, il Granducato di Toscana, il Regno delle Due Sicilie votarono per l’unione al Regno d’Italia, con risultati sempre superiori al 95% di voti favorevoli, anche se spesso le schede erano già stampate con il “SI” e per votare diversamente bisognava cancellare e firmare accanto al “NO”.
Alla fine della II guerra mondiale l’8 settembre 1946 si votò in Bulgaria per scegliere tra monarchia e repubblica, con la repubblica che vinse con il 95,6% dei voti, facendo nascere il mito della “maggioranza bulgara”. Anche la Spagna franchista votò nel 1947 per restaurare formalmente la Monarchia. Anche qui con un risultato schiacciante 93% degli elettori a favore del ritorno del Re alla morte di Francisco Franco.
Questo quadro storico deve allora farci capire ancora di più il grande valore del nostro referendum istituzionale del 1946, che fu un referendum “vero”, con Monarchia e Repubblica che lottarono fino all’ultimo voto. Come tutti ricordiamo vinse la repubblica con uno scarto di 2 milioni di voti e il quadro di una Italia spaccata in due: il nord dove la repubblica aveva vinto con il 66,2% e in tutte le province salvo che a Cuneo, Bergamo e Padova. E il sud dove la monarchia aveva vinto con il 63,8% e in tutte le province del sud, salvo Latina e Trapani vinse la monarchia.
Eppure, in una decina di giorni, malgrado dubbi e polemiche, il risultato fu accettato e iniziò la nostra storia repubblicana.
Nella nostra storia repubblicana il referendum abrogativo è stato uno dei momenti più alti di democrazia, con scelte storiche come divorzio e aborto, ma a volte miopi, come è stato per il nucleare.
Con lo sviluppo del digitale e il sempre maggiore astensionismo andranno trovate nuove forme di referendum, per rinvigorire la partecipazione democratica. Per dirlo con le parole di Marco Pannella: “I miei referendum non sono mai di protesta, ma sempre di proposta”.