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Cosa succede al salvinismo se al Senato la spunta Calderoli

Il suo nome come seconda carica dello Stato potrebbe essere la prima mossa interna della Lega post salviniana che inizia un’altra pagina della sua storia. Dai territori musi lunghi, anche per Fontana e Crippa. E c’è chi guarda al nuovo corso di Romeo e Molinari

Un possibile spartiacque per decrittare il percorso delle Lega e del suo principale timoniere in questa prima fase post elettorale tocca la Presidenza delle due Camere, primo atto del Parlamento che si riunirà giovedì 13 ottobre. Se verrà garantita la terza carica dello Stato all’opposizione, così come da consuetudine della Prima Repubblica (“saltata” però in occasione dell’accoppiata Grasso-Boldrini), a Palazzo Giustiniani potrebbe andare un leghista, anche se Fdi è ben consapevole dell’importanza di quello scranno, nuovo metronomo nel Parlamento che sarà (al pari dei Presidenti di Commissione).

In caso, ad esempio, la spuntasse un nome come Roberto Calderoli che cosa ne sarebbe dello spirito frondista, animato dai leghisti della prima ora che si stanno coagulando attorno all’iniziativa di Umberto Bossi? Avrebbe o no un bel vantaggio rispetto alla pattuglia dei parlamentari, scelti da Matteo Salvini?

Senato, ma non solo

Gli incroci tra il destino della Lega salviniana e l’approccio che si vorrà dare ai primi cento giorni dell’esecutivo risiede, forse, anche in questa partita. A maggior ragione dopo il taglio dei parlamentari e alla luce del fatto che i vertici di Fdi non intendono pescare tra gli eletti al Senato per la composizione della squadra di ministri, viceministri e sottosegretari, sullo scanno più alto di Palazzo Madama potrebbe sedere un leghista alla fine di quel giro di incastri che sta togliendo il sonno a tutti.

Fermo restando che il nome di Ignazio La Russa non è affatto stato depennato, proprio perché Fdi ha ben chiaro il ruolo decisivo che verrà esercitato dai Presidenti dei due rami del Parlamento, l’opzione Lega è attualmente sul tavolo. E non è debole. Si era anche parlato di Giancarlo Giorgetti alla Camera, ma nell’assemblaggio dei possibili candidati-ministri, e assodato che di esperti/tecnici ce ne saranno eccome per decisione del premier in pectore (anche se da capire in quota a chi), il successore di Elisabetta Casellati potrebbe essere leghista.

Calderoli chi?

Non solo un nome, come altri se ne fanno in questi giorni: Calderoli Presidente del Senato significherebbe anche tante altre possibili cose. Intanto è un leghista della prima ora. Del partito e dei suoi ingranaggi conosce tutto: gangli, pre-correnti e oggi post-correnti. Dai tempi in cui fu ministro per la semplificazione ad oggi si è fatto “garantista convinto” (in passato toccato dal caso dalle offese alla Kyenge). Perfettamente a suo agio nei riti procedurali parlamentari, è certamente secondo la volontà di Matteo Salvini il più indicato per lo scranno più importante della camera alta. Se è un salviniano di ferro? Qui bisogna ragionare attentamente.

Bergamasco, classe ’56, Calderoli è stato presidente della Lega Lombarda a guida Bossi nel ’93 e due anni dopo segretario nazionale. Poi dal 2002 al 2020 coordinatore delle Segreterie nazionali della Lega Nord. Nel 2018 è stato rieletto vicepresidente del Senato per la quarta volta.

Quindi non solo fisiologicamente pronto a quella carica, perché il più anziano, ma capace di incarnare una doppia figura: leghista dagli albori e oggi (davvero?) gradito da Salvini. Ma appartenente a quella schiera di parlamentari di lungo corso che sono cresciuti con riti e ragionamenti che, oggi, non si vedono più così spesso.

Scenari

Calderoli è sicuramente molto più morbido nelle sue posizioni e tra gli addetti ai lavori non è dato così vicino a Salvini, visto che il Segretario punta a uomini che può governare di più. Qualcuno tra i più ottimisti dice che non è poi del tutto finita, visto che la Lega ha un centinaio di parlamentari dentro tra Senato e Camera, con la possibilità di incidere col il suo 9% nella sopravvivenza della maggioranza, anche se il tandem rappresentato da Crippa e Fontana fa storcere il naso a chi in queste ore fa di tutto per avviare una stagione nuova e guarda a Molinari e Romeo.

E Zaia? Il terzo mandato in regione non è possibile, ma è stato un ottimo amministratore, non è un politico. Alcuni veneti dicono di volersi battere perché la si smetta di proporlo come alternativa a Salvini: il rischio è che Zaia possa cedere al canto delle sirene romane ma forse, dice una gola profonda leghista, la verità è che se lo portassero al governo sarebbe solo per farlo fuori. Detta papale papale sarebbe la mossa di Salvini per togliersi di torno un controcanto.

Per cui Calderoli successore della Casellati potrebbe essere la prima mossa interna della Lega post salviniana che inizia un’altra pagina della sua storia.

@FDepalo


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