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Perché gli eurodeputati temono gli scanner cinesi all’aeroporto di Strasburgo

Il piccolo scalo è strategico: ospita le plenarie del Parlamento europeo. Recentemente ha deciso di acquistare apparecchiature da Nuctech, un’azienda collegata all’esercito di Pechino e definita la Huawei della sicurezza aeroportuale

Il piccolo ma strategico aeroporto di Strasburgo, città che ospita le plenarie del Parlamento europeo, ha deciso di acquistare scanner da Nuctech, un’azienda collegata all’esercito cinese. L’accordo ha allarmato diversi membri del Parlamento europeo per il fatto che le informazioni commerciali e sui passeggeri possano cadere nelle mani del governo cinese. A rivelarlo è Politico, testata che già in passato si era occupata di questa azienda definendola “la Huawei della sicurezza degli aeroporti”.

Il liberale olandese Bart Groothuis sta preparando, assieme alla collega francese Nathalie Loiseau, una lettera alle autorità locali di Strasburgo. “Lo Stato cinese ha un programma offensivo, di furto di proprietà intellettuale e di spionaggio offensivo diretto contro l’Occidente”, ha detto Groothuis a Politico. Se vuole che i dati finiscano “nelle mani dei cinesi, fate pure, continuate. Ma se volete fermare questa ingenuità, bloccatevi subito”.

Datenna, una società olandese di intelligence open source, ha spiegato a Politico che Nuctech, guidata per alcuni anni dal figlio dell’ex leader Hu Jintao, è un fornitore diretto dell’industria della difesa cinese. L’azienda possiede brevetti per la produzione di dispositivi di protezione e sistemi di protezione utilizzati per scopi militari, e che Tsinghua Tongfang Co., Ltd., che ha una partecipazione del 71% in Nuctech, è un fornitore militare cinese.

Nuctech si è difesa sostenendo che sono i clienti a possedere i dati: Robert Bos, vicedirettore generale della divisione olandese di Nuctech, ha affermato che Nuctech fornisce apparecchiature di scansione ma i clienti hanno la proprietà delle immagini e dei processi tecnologici a raggi X: “Stiamo fornendo la tecnologia ma le informazioni provengono dai nostri clienti. Quindi stanno trattando queste informazioni in base alla loro politica e alle regole locali”.

In passato, su Formiche.net, ci siamo occupati della tecnologia “made in China” per le smart city analizzando un rapporto pubblicato dallo Swedish Center for China Studies che sottolineava il ruolo cruciale dei media del regime di Pechino nel sostenere la cosiddetta “soluzione cinese” alla lotta alla pandemia – quella fatta di raccolta e analisi di big data, telecamere di sorveglianza, tecnologia di riconoscimento facciale e app di tracciamento – definendola una delle più efficienti al mondo. “Il modello di smart city promosso dal partito-stato cinese”, spesso presentato anche come safe city, si legge, “differisce molto da quello dell’Unione europea, in quanto si concentra sulla sorveglianza e la sicurezza pubblica”. L’opposto rispetto a definito “human-centred” dalla Commissione europea. Tre i rischi che la tecnologia cinese per le smart city presenterebbe secondo il rapporto svedese. Primo: può “aiutare a rafforzare i sistemi autoritari”. Secondo: “lo Stato cinese potrebbe ottenere l’accesso ai dati sensibili”. Terzo: “Le infrastrutture critiche potrebbero diventare più vulnerabili”.

Il documento chiamava in causa anche l’Italia, ricordando che nel marzo 2020, cioè agli albori della pandemia Covid-19, Huawei aveva annunciato di aver donato apparecchiature di rete wireless agli ospedali italiani. Non citava, invece, questioni che suonano più attuali che mai dopo la pubblicazione del rapporto parlamentare britannico: oltre a quella del 5G, quelle dei termoscanner Dahua installati a Palazzo Chigi, delle telecamere Hikvision nelle Procure e (non solo Hikvision) in diverse città italiane (compresa la capitale Roma) – dossier più volte affrontati su Formiche.net.

(Foto: Nuctech Europe)



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