Skip to main content

Lo sguardo di Bruxelles (e di Berlino) su di noi

Di Massimo Nava

La Germania, per mentalità e tradizione, privilegia sempre la stabilità politica. Fratelli d’Italia tocca nervi scoperti nell’opinione pubblica tedesca a causa di un passato impresso nel Dna, ma una coalizione largamente maggioritaria può essere preferibile a governi rissosi e instabili. Certo, i tedeschi avrebbero preferito dialogare ancora con Draghi. Parola di Massimo Nava, editorialista del Corriere della sera e scrittore

Povera Italia, povera Europa! Il titolo di Der Spiegel su quella che definisce una catastrofe non è certo il preludio di rapporti distesi tra Roma e Berlino, tanto più che la vittoria largamente annunciata di Giorgia Meloni è stata preceduta da un avvertimento non troppo velato in sede europea dalla tedesca Ursula von der Leyen (evidentemente influenzata anche dall’opinione pubblica nazionale) ed è stata salutata dall’esultanza baldanzosa di tutti i leader sovranisti e di estrema destra europea, dalla Francia di Marine Le Pen all’Ungheria di Victor Orban e, naturalmente, dall’estrema destra tedesca. “Esultiamo con l’Italia!”, ha dichiarato la deputata dell’Afd al Bundestag Beatrix von Storch su Twitter. Riferendosi alle recenti elezioni in Svezia dove la destra ha avuto successo, ha scritto: “La Svezia al nord, l’Italia al sud: i governi di sinistra sono cose di ieri”.

La preoccupazione è evidente invece nella coalizione di governo, soprattutto fra gli esponenti verdi e socialdemocratici. La svolta italiana, se si prendono alla lettera i proclami della Meloni in campagna elettorale, potrebbe essere il preludio di tensioni con Berlino e Parigi, accomunati nell’immagine di “poteri forti” che condizionano Bruxelles e mortificano gli interessi nazionali italiani. Ma, oltre alle parole, contano i fatti e il realismo. Alcune considerazioni potrebbero trovare importanti conferme nei prossimi mesi.

La Germania, per mentalità e tradizione, privilegia sempre la stabilità politica. Fratelli d’Italia tocca nervi scoperti nell’opinione pubblica tedesca a causa di un passato impresso nel Dna, ma una coalizione largamente maggioritaria può essere preferibile – come interlocutore – a governi rissosi e instabili. Certo, i tedeschi avrebbero preferito dialogare ancora con Mario Draghi, ma da questo punto di vista non sono soli in Europa.

In secondo luogo occorre considerare che la vittoria di Giorgia Meloni non è un fenomeno isolato in Europa. Basti ricordare la crescita di Marine Le Pen in Francia (due volte finalista nella sfida per l’Eliseo), il successo dell’estrema destra e dell’estrema sinistra alle legislative francesi (Macron ha perso la maggioranza) e l’avanzata delle destre sovraniste in tutta Europa e nella stessa Germania. Non solo: Berlino deve anche fare i conti con un oggettivo spostamento del baricentro europeo verso est, dai Baltici alla Polonia, a causa della guerra in Ucraina, dell’allargamento della Nato e della crescita di sentimenti nazionalisti in tutta l’Europa orientale.

In questo quadro la politica tedesca è un’eccezione, non più la regola. Inoltre la Germania, per le ambiguità dimostrate nei confronti della Russia, rischia di rappresentare il ventre molle dell’Europa anziché un punto di forza. Sotto questo profilo, Giorgia Meloni è stata risoluta e rassicurante nel condannare l’aggressione russa e nell’affermare la convinta adesione alla Nato e alle alleanze occidentali. Più risoluta di Matteo Salvini e di Giuseppe Conte, gli ex alleati di governo con i quali anche la Germania aveva dovuto confrontarsi. Infine i tedeschi, come del resto gli italiani, sanno benissimo che il quadro politico e istituzionale europeo non consente strappi traumatici e marcia secondo percorsi correggibili ma irreversibili, a cominciare dalla moneta unica.

È uno scenario di cui si è già resa conto da tempo la Le Pen e di cui ha fatto tesoro Giorgia Meloni nei suoi più recenti interventi. Difendere gli interessi nazionali in Europa è un “mantra” adottato a suo tempo anche da Matteo Renzi. Il quadro politico ed economico, il nostro debito pubblico, l’attuazione del Recovery fund sono infine un implicito viatico a collaborare con la Commissione. Interessante, in conclusione, la nota del corrispondente di Der Spiegel in Italia, evidentemente più consapevole delle nostre vicende nazionali di tanti opinionisti sparsi che oggi gridano al pericolo fascista. “L’Italia è una democrazia funzionante in cui il potere è distribuito. Oltre al governo e al Parlamento, ci sono una magistratura molto sicura di sé, una società civile vivace e il presidente della Repubblica, che ha un elevato effetto stabilizzante”.

Articolo apparso sul numero 184 della rivista Formiche 


×

Iscriviti alla newsletter