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La Russia ha fallito, la Nato è compatta. Stoltenberg chiama Meloni

Il segretario della Nato ha una posizione chiara sulla guerra russa in Ucraina: Mosca ha fallito. Per Stoltenberg serve che l’alleanza resti compatta, come detto nella telefonata con la presidente Meloni

“La Russia ha fallito sul campo di battaglia” in Ucraina, è la sentenza spietata con cui il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, descrive lo stato dei fatti. C’è della retorica, chiaramente, ma anche una constatazione realista: l’obiettivo di piegare Kiev davanti alla deterrenza russa è fallito; l’obiettivo di dimostrare la propria superiorità in battaglia, idem; l’obiettivo politico di piegare l’Occidente — Usa e Ue, in una parola: Nato — sotto la stessa minaccia è altrettanto naufragato.

La Russia “sta rispondendo [alla situazione] con attacchi più indiscriminati alle città ucraine, contro i civili e contro infrastrutture critiche e con una pericolosa retorica nucleare”, ha detto Stoltenberg parlando ai giornalisti dal quartier generale dell’Alleanza, a Bruxelles. E in effetti, a guardare il pattern degli ultimi bombardamenti russi si evince come il tentativo sia quello di creare una pressione (anche psicologica) sull’intera Ucraina, mettendo nel mirino infrastrutture civili.

Quello che è in corso è il tentativo di sfiancare la popolazione e segue una tattica già utilizzata in Siria, quando il generale Sergei Surovikin — che ai tempi comandava le operazioni contro i ribelli per conto dell’incapace esercito assadista — poneva le città occupate dai rivoluzionari come Aleppo o Idlib sotto assedi medioevali (anche nella brutalità) per costringerle alla resa. In Ucraina è un’altra storia, sia perché il contesto sul fronte è diverso (è in corso, sebbene rallentata anche dal maltempo la controffensiva di Kiev), sia per la vastità dello stesso fronte.

Sia, soprattutto perché gli ucraini ricevono assistenza militare di qualità dalla Nato — e dai partner like-minded come Giappone, Corea del Sud e in parte Israele. In pratica il Cremlino sta adesso cercando di mettere in atto sul campo di battaglia ristretto ucraino la grand strategy pensata contro l’Europa: colpire le infrastrutture strategiche — la rete elettrica e idrica — equivale al taglio delle forniture di gas, perché l’obiettivo è piegare l’avversario o piagare chi gli fornisce aiuto (visto come avversario altrettanto).

“La Nato non sarà intimidita o dissuasa dal sostenere il diritto ucraino all’autodifesa per tutto il tempo necessario”, ha aggiunto Stoltenberg. Anche perché, ha spiegato, sebbene “le guerre sono per natura imprevedibili, quello che abbiamo visto nelle ultime settimane e mesi è in realtà che gli ucraini hanno ottenuto guadagni significativi”.

Ancora: “Non speculerò su quanto durerà la guerra. Dirò solo due cose. Una è che siamo pronti a supportare l’Ucraina per tutto il tempo necessario. La seconda è che le guerre finiscono sempre con un negoziato e […] sappiamo che ciò che l’Ucraina può ottenere al tavolo delle trattative dipende totalmente dalla forza sul campo di battaglia”.

Concetti confermati nella telefonata di ieri, giovedì 27 ottobre, che Stoltenberg ha avuto con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante la quale la nuova premier italiana “ha riaffermato il pieno sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa e l’importanza, nell’ottica di un approccio globale, di rafforzare l’impegno della Nato nel contrasto alle minacce di diversa natura provenienti da tutte le direzioni strategiche, incluse le sfide del Sud” — regione del mondo dove, come dice il presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, si riflettono gli effetti più forti della guerra.

Quella che è in corso è una nuova campagna di rassicurazione sulla stabilità del convincimento con cui gli alleati occidentali hanno sposato il diritto di auto-difesa ucraino, che passa anche dall’Italia, sia per assicurarsi la linea (in realtà mai  messa in discussione) di continuità del nuovo governo, sia per obliterare alcune uscite infelici come quella del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

Su questa stabilità si giocano parte dei pilastri del futuro ordine mondiale e delle dinamiche con cui procederà questo presente disordinato. Anche per questo Stoltenberg ha mandato un particolare (perché particolarmente esposto) messaggio in vista delle Midterm. In un’intervista a Politico uscita ieri ha mandato un chiaro messaggio davanti alla possibilità che una vittoria dei Repubblicani al Congresso guidi politiche di minor assistenza alla Russia.

Una vittoria di Mosca, ha detto, “sarebbe negativa per tutti noi in Europa e in Nord America, in tutta la Nato, perché invierebbe un messaggio ai leader autoritari, non solo [al presidente russo Vladimir] Putin ma anche la Cina, che con l’uso della forza militare brutale possono raggiungere i loro obiettivi”. È una via retorica che usa la postura anti-cinese condivisa anche dai Reps per evitare svarioni statunitensi, e fa leva sull’identificazione delle minacce russo-cinesi che è stata anche individuata dalla National Defense Strategy resa pubblica in questi giorni.

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