La premier britannica ha chiuso il mandato più corto della storia del Regno Unito. Un astro calante dalla manovra economica à la Thatcher, commenta l’ambasciatore Giancarlo Aragona, varata senza i presupposti e la statura della Lady di ferro. Intanto la “Britaly” descritta dall’Economist rimane appesa alla crisi del Partito conservatore
Nel primo pomeriggio Liz Truss è diventata la premier britannica meno longeva nella storia del Regno Unito. La dimissionaria ha deciso di far finire il suo mandato dopo soli 44 giorni di pressioni immense, segnati da una manovra economica disastrosa in un momento di forte difficoltà per il Paese. La leader aveva sostituito il cancelliere dello Scacchiere, ma la sua presa sul potere è diminuita ulteriormente con le dimissioni del ministro dell’interno, Suella Braverman, mercoledì.
Così, con un breve annuncio a favore di telecamere davanti al numero 10 di Downing Street, Truss ha messo la parola fine alla sua esperienza di governo. “Sono stata eletta leader dei Tories per creare un’economia a bassa tassazione e alta crescita, sfruttando le libertà concesse dalla Brexit”, ha detto, prima di ammettere che la situazione attuale non le consentisse di portare a termine quel mandato. Il partito sceglierà il suo nuovo leader, nonché prossimo premier, nel giro di una settimana, ha promesso la leader dimissionaria.
“Era una decisione attesa ormai da giorni”, ha commentato Giancarlo Aragona, già ambasciatore italiano nel Regno Unito, raggiunto telefonicamente da Formiche.net. “Truss ha cercato di resistere, ma ha dovuto prendere atto che la fronda in seno al Partito conservatore non le consentiva di andare avanti”. Un sintomo delle lacerazioni dei Tories, che stanno producendo una situazione di caos politico nel Paese. Il partito appare “profondamente lacerato” da divisioni già emerse con la Brexit e che continuano a manifestarsi su questioni fondamentali, come la filosofia politico-economica del partito, “che non è più a fuoco”.
Il bipartitismo britannico può arrivare a trasformare le crisi interne al partito di maggioranza in crisi di governo. “Anche in passato ci sono stati casi di crisi politica e di governo, senza che elezioni generali avessero prodotto un cambio di maggioranza parlamentare”, racconta Aragona. “Il caso più noto è stato quello di Margaret Thatcher, che dovette dimettersi e passare il testimone: anche personaggi di quella caratura sono stati vittima di un meccanismo che non sempre è in grado di assorbire le divisioni interne del partito al governo”. Truss, dal canto suo, ha “tentato di riesumare una politica economica alla Thatcher in condizioni totalmente diverse. Senza parlare del fatto che Liz Truss non è Margaret Thatcher”.
Le dimissioni di Truss aggravano un quadro già fragile. Che l’Economist ha deciso di descrivere attraverso un parallelismo con l’Italia, basato su stereotipi di vecchia data: instabilità politica e crescita anemica. Per l’ex ambasciatore, il paragone non è tuttavia calzante. “Si tratta di fenomeni molto diversi. Le nostre instabilità governative sono sempre derivano dal fatto che i nostri governi sono frutto di coalizioni, dove le tensioni sono quasi fisiologiche, e purtroppo portano spesso all’implosione dei governi. Il fenomeno inglese è palesemente diverso, dato che la crisi è tutta interna al partito di maggioranza. In un certo senso, è un caso anche più grave”.