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Con l’Ucraina cambia (anche) il valore del Trade and technology council

Di Noah Barkin e Agatha Kratz
TTC Ue Usa

Quando il Ttc è stato lanciato, quasi un anno fa, ci si trovava in un contesto di sospetti reciproci. In Europa si temeva che Washington considerasse il forum uno strumento per contenere la Cina. Washington sospettava che il Ttc, con i suoi dieci gruppi di lavoro, si sarebbe trasformato in uno strumento poco efficiente. Ma la guerra in Ucraina ha cambiato queste dinamiche. L’analisi di Noah Barkin, visiting senior fellow Asia Program presso il German Marshall Fund e Agatha Kratz, direttore del Rhodium Group

Nell’ultimo anno le interazioni tra le due sponde dell’Atlantico su trade e tech si erano concentrate principalmente sull’appianamento delle aree di tensione nelle relazioni piuttosto che sulla costruzione di una visione collettiva per una più ampia cooperazione tra Stati Uniti ed Europa. Tuttavia, dopo aver messo da parte le dispute sui sussidi agli aerei commerciali, sui dazi riguardanti acciaio, alluminio e sui flussi di dati, è giunto il momento per Washington e Bruxelles di pensare più in grande.

La brutale guerra della Russia in Ucraina ha sottolineato quanto siano importanti le relazioni transatlantiche in un mondo in cui i Paesi autoritari stanno mostrando la loro forza militare, usando la coercizione economica e diffondendo false narrazioni in patria e all’estero attraverso la disinformazione.

Ma non bisogna sottovalutare il rischio che le vecchie crepe transatlantiche riemergano se gli Stati Uniti e l’Europa non colgono questo momento e non elaborano un’agenda a lungo termine, basata su valori comuni e sullo spirito di una concorrenza libera e leale, che leghi le loro vaste economie e i loro mercati.

Ci sono diverse aree su cui Usa e Ue dovrebbero concentrarsi. In primo luogo, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e la pandemia hanno sottolineato l’importanza di creare uno spazio transatlantico comune e privilegiato in cui gli Stati Uniti e l’Europa possano contare l’uno sull’altro per l’accesso a numerose risorse, dai minerali critici ai microchip avanzati. Le aziende che hanno puntato troppo sulla Cina stanno ora rivalutando la loro posizione globale.

La Volkswagen ha recentemente annunciato l’intenzione di raddoppiare la propria quota di mercato negli Stati Uniti, portandola al 10% entro il 2030. Ma le aziende che si stanno allontanando dalla Cina avranno bisogno di garanzie che non si scontreranno con gli ostacoli del “Made in America” o dell’autonomia strategica europea che favoriscono i produttori nazionali a scapito di quelli dei Paesi alleati.

In un mondo in cui le economie di scala si stanno riducendo con la fine di decenni di commercio e investimenti liberi e le tensioni geopolitiche aumentano, sarà fondamentale creare l’ambito geografico consono per fare business. In questo senso, gli Stati Uniti e l’Europa devono alzare il tiro. Un esempio lampante riguarda il settore delle tecnologie verdi.

Man mano che i Paesi abbandonano i combustibili fossili russi e investono nelle energie rinnovabili, c’è il rischio che la loro dipendenza dalla Cina aumenti. Nei settori dell’eolico, del solare e delle batterie elettriche la Cina è un attore dominante in parti centrali della catena di valore. Ciò costringerà a porsi domande difficili in Europa e negli Stati Uniti su come conciliare gli obiettivi di decarbonizzazione con la spinta alla sicurezza della catena di approvvigionamento.

Solo attraverso lo sviluppo di un vero mercato transatlantico, con l’eliminazione delle barriere formali e informali al commercio, questa transizione potrà essere gestita in modo responsabile. La ripresa dei colloqui su un accordo di libero scambio transatlantico, come richiesto da alcuni funzionari europei, non è la risposta. Gli ostacoli politici sono semplicemente troppo grandi per entrambe le sponde dell’Atlantico.

Tuttavia, gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero impegnarsi a lavorare fianco a fianco su norme e standard per regolare le tecnologie critiche, inclusa l’intelligenza artificiale, che plasmeranno l’economia globale nei decenni a venire. Ciò deve includere un approccio più unito da parte degli organismi internazionali di definizione degli standard, dove l’influenza della Cina è cresciuta in modo significativo negli ultimi anni.

Un altro settore cruciale è quello dei controlli sulle esportazioni, nel cui ambito la crisi russa ha dimostrato quanto Stati Uniti ed Europa possano collaborare bene se spinti a farlo. I membri del gruppo di lavoro del Trade and technology council (Ttc) sui controlli alle esportazioni hanno guidato il coordinamento delle sanzioni contro Mosca, creando in poco tempo un grado di fiducia elevato.

Le due parti devono ora fare un ulteriore passo avanti in questa cooperazione creando strutture amministrative permanenti che consentano un più stretto allineamento sui beni controllati. Ciò deve iniziare con definizioni comuni in merito alle tecnologie emergenti fondamentali e con un accordo su dove tracciare responsabilmente le linee di controllo delle esportazioni. Gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero inoltre muoversi rapidamente per allargare queste strutture ad alleati come il Giappone.

Un nuovo gruppo multilaterale di Paesi che la pensano allo stesso modo per affrontare le sfide poste dalle tecnologie critiche, compresa la sorveglianza informatica, è atteso da tempo. Infine, il Ttc dovrebbe concentrarsi sulla lotta alla disinformazione. Contrastare la propaganda è diventata una questione urgente, dal momento che Russia e Cina diffondono il messaggio che le sanzioni occidentali sono la causa di quella che si preannuncia come una catastrofica crisi alimentare.

Dopo la dichiarazione congiunta rilasciata dal presidente cinese Xi Jinping e dal presidente russo Vladimir Putin il 4 febbraio, è diventato chiaro che Pechino e Mosca stanno anche lavorando insieme per ridefinire termini come democrazia e diritti umani. Contrastare efficacemente queste narrazioni dipenderà dalla capacità degli Stati Uniti e dell’Europa di sviluppare un quadro analitico comune per rispondere alla disinformazione e di allargarlo ad altri alleati democratici.

Non si tratta solo di Cina e Russia. Washington dovrà trovare un equilibrio tra il sostegno alle big tech nazionali e la garanzia che le piattaforme statunitensi rispondano in modo responsabile alla diffusione di discorsi di odio. Quando il Ttc è stato lanciato, quasi un anno fa, ci si trovava in un contesto di sospetti reciproci. In Europa si temeva che Washington considerasse il forum uno strumento per contenere la Cina.

A Washington si temeva che il Ttc, con i suoi dieci gruppi di lavoro, si sarebbe trasformato in uno strumento poco efficiente che avrebbe assorbito risorse. Ma la guerra in Ucraina ha cambiato queste dinamiche. Il Trade and technology council non riguarda solo la Cina. E ha dimostrato di saper reagire a una crisi in tempo reale.

Con le voci nazionaliste e protezioniste che si fanno strada tra le sponde dell’Atlantico, costruire un’agenda transatlantica comune e a lungo termine non sarà un compito facile. Gli Stati Uniti e l’Europa dovranno guardare oltre gli stretti imperativi politici del momento e pensare in grande.

*Questo articolo è stato pubblicato sul numero di ottobre della rivista Formiche


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