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Perché amare l’umanità è amare la nazione. La riflessione di Ippolito

La nostra Europa è una federazione di Stati che potrà portare il suo umanesimo cristiano unicamente se, fedele alla propria autentica cultura cattolica, saprà evitare di cadere in un particolarismo disumano e in un comunismo anti cristiano. La riflessione di Benedetto Ippolito

Come ormai siamo abituati da decenni, torna anche oggi di attualità la tragedia dei migranti e il problema della gestione dei confini dell’Unione Europea.

È chiaro che nessuno ha posto questa tragedia nei termini di un meschino e degenerato indifferentismo davanti a queste barche colme di persone umane che in balia di disperazione, sfruttamento e impervie onde naufraganti attraversa il Mediterraneo rischiando la propria vita.

Dico nessuno, perché è del tutto evidente che si tratta di un fenomeno lacerante e disumanizzante che non può che scuotere la coscienza di ognuno.

Il problema è chiaramente di ordine umanitario ma anche di ordine politico. Ed è su quest’ultimo versante che ci troviamo dinnanzi ad atteggiamenti governativi che sono complessi, contraddittori e mai unanimi. Si dirà che è l’egoismo nazionale che fa la sua recrudescente rivendicazione di senso, quando si pretende di chiudere i confini, ma forse limitarsi a dire questo è miope, scontato e superficiale.

In ballo qui vi sono i valori fondamentali della sopravvivenza umana, della permanenza di tutti noi in un ordine politico, ma anche l’identità ultima e prima del nostro continente, dell’umanesimo che ci costituisce, della cultura che ci caratterizza.

Alcuni sottolineano principalmente che una visione cattolica del genere umano, vale a dire autenticamente universale, non possa far prevalere logiche di chiusura, di cinismo e di mero egoismo nazionale. L’atto stesso di chiudere i confini ad altri esseri umani appare, secondo questa interpretazione dell’universalismo cristiano, come un atto retrivo, una sorta di arretramento a posizioni quasi pagane, condannate all’incapacità di pensare in termini autenticamente comuni il destino della nostra specie sulla Terra.

A ben vedere questa idea di una sorta di massimalismo che concepisce l’umanità come un principio opposto alla nazionalità costituisce soltanto un corno del dilemma, e, a voler essere un tantino dotti, una visione in contrasto con il realismo che da sempre definisce la cultura cattolica.

È logico che non si possa avere una visione razzista e autoreferenziale di noi stessi, contrapponendola ad altre persone umane ritenute subumane, senza essere completamente fuori dalla più generica idea creazionista, secondo la quale ebrei, cristiani e musulmani ritengono che tutto quanto esiste come umano sia sacro e dotato di senso etico e religioso. Ciò nondimeno pensare soltanto in questi termini costituisce molto più un’idea illuminista e socialista che una corretta visione cristiana delle cose.

Nella venerata tradizione latina, nella quale il cattolicesimo si è espanso in modo europeo ed occidentale, non è mai venuto in mente a nessuno di ritenere che il genere umano possa sopravvivere e crescere senza la divisione delle persone in comunità particolari. San Tommaso d’Aquino, dottore comune della Chiesa cattolica, parlando di politica fa riferimento agli obblighi che un sovrano, e in genere un governante, ha nei riguardi del proprio stato, del proprio regno e della propria comunità.

L’analogia con il governo divino del mondo è veramente illuminante. Come Dio è nel mondo, così deve comportarsi un governante nei riguardi della sua nazione. Il macrocosmo umano è affidato a Dio, mentre il microcosmo dei singoli stati ai loro legittimi governanti. Il punto è dirimente perché, secondo Tommaso, sarebbe sbagliato fare della religione un fatto nazionale, ma è altrettanto errato fare della politica un fatto religioso. Particolare e universale rispondo ad istanze e doveri diversi, sebbene non necessariamente contrapposti.

In tal senso, quando parliamo di società dobbiamo intendere due aspetti differenti. Il primo è il genere umano e il secondo è la singola comunità, parte del tutto. Chi governa non ha la parola ultima sul senso della vita umana, ma ha un dovere da esercitarsi “nell’esclusivo interesse della nazione”, come recita il giuramento che fanno personalmente i nostri ministri.

Impostare la questione del genere umano in contrapposizione agli interessi nazionali, perciò, non è una visione cattolica ma semmai un’idea filosofica corrispondente a quell’universalismo univoco e materialista che più si è contrapposto allo spirito del cattolicesimo, in nome di un suo ideale ateo e puramente immanente: il comunismo.

Un grande filosofo e consigliere politico come Jeaques-Bénigne Bossuet, vescovo e precettore del Delfino di Francia, spiegò molto bene la questione, inserendosi nella tradizione aristotelica e cristiana del Tomismo. Con società umana s’intendono, appunto, due cose complementari tra loro: l’intero genere umano e la particolarità delle comunità nazionali. Ogni persona umana è inserita in una comunità specifica, a partire dalla propria famiglia, ed è in tal modo parte dell’intera umanità. Ecco perché il vero umanesimo cristiano implica che la carità sia orientata alla verità, e che ogni persona senta la propria responsabilità per il genere umano vivendolo nella fedeltà alla nazione e alla famiglia nella quale si trova ad essere inserito e a vivere.
Il cattolicesimo è un umanismo anticomunista, è una visione particolare e universale della vita, la quale, come spiegava benissimo Agostino Gemelli, amare Dio e il prossimo implica amare la Patria e sostenere l’ordine, i confini e la pace sociale della nostra comunità, evitando di concepire la natura degli Stati come irrilevanti per il bene comune.

Bossuet era più preciso ancora: “Chiunque non ama la società di cui fa parte, vale a dire lo Stato dove è nato, è nemico di se stesso e del genere umano”.

L’emigrazione dalla propria comunità di origine è il vero dramma che deve essere risolto, non pensando che l’accoglienza generalizzata sia la soluzione, essendo semmai l’emergenza. Ogni persona ha diritto di restare dove è nato. Nessuno ha diritto ad invadere un altro Stato con la forza delle armi. Ogni Stato ha il dovere di tutelare i propri confini. Solo un’Europa che saprà trovare una solidarietà tra gli Stati nel gestire questa emergenza globale potrà anche rimuovere le cause antinazionali che spingono i governi africani a mettere in condizioni tanti loro cittadini ad avventurarsi in questo viaggio della speranza, mettendo la propria vita nelle mani di speculatori spregiudicati e criminali.

La nostra Europa è una federazione di Stati che potrà portare il suo umanesimo cristiano unicamente se, fedele alla propria autentica cultura cattolica, saprà evitare di cadere in un particolarismo disumano e in un comunismo anti cristiano.

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