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Bonaccini fuori dalle correnti. Un Pd tra pragmatismo e identità

Il governatore ha dimostrato sul campo di saper macinare consensi. Fuori dalle logiche di corrente, vuole ripartire dall’identità del partito. Parlando prima di tutto dalla sua terra. Rimane da sciogliere l’incognita Nardella. Parole di stima verso la sua vice (e competitor) Elly Schlein

Si rivolge ai “suoi” prima che a tutti gli altri. Parla di “identità da ricostruire” e non poteva che riallacciare il filo di quelle radici che non ha mai reciso. Stefano Bonaccini si è candidato a guidare il Pd nel suo “regno” di Campogalliano. L’atmosfera, assicura un dirigente del Pd che era al suo fianco per sostenere la sua corsa “era di serena combattività”.

Primo passo

Il primo passo del governatore, per alcuni già segretario in (doppio) pectore, è uscire dalla logica correntizia. E questo, per un partito come il Pd, è un primo atto in qualche modo rivoluzionario. Il piglio è deciso, determinato, pragmatico. Ma mai ostile, neanche nei confronti dei suoi competitor (sia tra quelli che già hanno passato il Rubicone, sia tra quelli che ancora non hanno fatto il grande passo). Ad ogni modo, da raffinato politico, Bonaccini ha detto chiaramente una cosa: “Non contano i sondaggi o le previsioni. Conteranno i giudizi degli elettori. Chi si candiderà – ha detto oggi a L’Aria che tira su La 7 – avrà da me amicizia, affetto e stima”.

Il derby

Insolito il (probabilissimo) derby tra presidente e vice, Elly Schlein. Anche verso la neo deputata dem, le parole sono di amicizia, stima e affetto. Lei d’altra parte conta sull’appoggio dei giovani che fanno capo a Benifei, Santori, Provenzano e  – seppur ancora non in maniera del tutto esplicita – Dario Franceschini con la sua Area Dem. Anche Orlando pare strizzare l’occhio alla vice presidente emiliano-romagnolo. Dal canto suo Bonaccini conta sull’appoggio Base Riformista e con ogni probabilità anche di quello degli orfiniani.

Il metodo

Tra le principali frecce all’arco del governatore emiliano-romagnolo c’è la capacità – dimostrata sul campo – di macinare consensi. Quando il vento leghista soffiava forte e alcuni fortini storicamente rossi cadevano e viravano sul verde, lui ha tenuto. Ha dimostrato che in Emilia-Romagna il centrodestra non sarebbe passato. Anzi, ha pescato consensi anche da quelle parti, specie nella parte di elettorato moderato. E Lucia Borgonzoni (sua sfidante) ha fatto i bagagli per palazzo Madama. In viale Aldo Moro (la sede della Regione) non si è più vista praticamente. Era il 2020. Ma la verve bonacciniana piace anche al di là dei confini del lambrusco. Tant’è che lo stesso Giani (governatore trionfante nella rossa toscana, ma dalla leadership meno carismatica), era a Campogalliano per sostenere il “collega”.

Le incognite

Nell’affollato acquario dem, rimane l’incognita Dario Nardella. Il sindaco di Firenze non ha ancora deciso ufficialmente. Ma se ballerà, probabilmente, lo farà da solo (o magari con qualche aiutino correntizio). La maggior parte degli amministratori dem, comunque, sta con il governatore emiliano-romagnolo. Con buona pace di Matteo Ricci che sta girando su e giù per l’Italia lanciando di fatto la sua candidatura per il dopo-Letta. Ma ciò che differenzia Bonaccini da tutti gli altri candidati è probabilmente sintetizzato dalle parole di un militante che ha collezionato primavere e tessere del Pci: “Con la candidatura di Bonaccini sono tornato a sentire il brivido che ho provato nel 2007. Ritorniamo allo spirito che ci mosse allora”.

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