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Soldi in cambio di dati. L’offerta che le tech cinesi non possono rifiutare

Solo una settimana fa l’annuncio da parte del governo di una nuova spinta sui prestiti all’industria tecnologica del Paese, dopo anni di vessazioni e repressione. Ora però, una richiesta che è anche una condizione: permettere alle aziende dello Stato di ficcare il naso nei dati degli utenti delle piattaforme. Il caso Tik Tok

Niente è gratis, tantomeno il denaro. E in Cina, ai tempi della grande retromarcia del governo sui finanziamenti all’industria tecnologica, in cambio del sostegno al comparto tech, fino all’altro ieri sotto attacco delle autorità centrali, Pechino chiede di mettere le mani nel vaso dei dati in possesso dei giganti della rete e del web.

Come raccontato da questa testata, in Cina dopo tre anni di demolizione sistematica dell’industria tech, è arrivato il tempo del revisionismo anche per Xi Jinping. Forse convinto dal fatto che il mattone è miseramente crollato (proprio in questi giorni le banche creditrici di Evergrande sono tornare a richiedere il rientro dei prestiti, spingendo il gigante dell’immobiliare ancora verso il default, tecnicamente già in essere), pur valendo il 30% del Pil. Oppure, dalla consapevolezza che non c’è crescita senza una solida industria innovativa.

Se ne sono accorti anche dalle parti di Standard&Poor’s, tanto da mettere nero su bianco in un report che sì, la Cina ha intenzione di puntare di nuovo forte sull’industria tech, tanto da chiedere alle banche di aumentare i flussi di credito al comparto. Ma c’è un prezzo da pagare. Non è certo un caso che la Banca centrale cinese, la Pboc, stia, come rivelato dal Financial Times, lottando per convincere più di una dozzina di gruppi tecnologici a condividere le informazioni personali degli utenti con le società di valutazione del credito sostenute dallo Stato. Dunque, con lo Stato.

E così La People’s Bank of China ha ordinato a Tencent, Meituan e ad altre grandi piattaforme, di condividere i dati degli utenti, dai registri degli acquisti alla cronologia dei viaggi, con due gruppi sostenuti dallo Stato, ovvero Baihang e Pudao, entro l’inizio del mese prossimo. Nel dettaglio, Baihang e Pudao aiuterebbero in un secondo momento e come contropartita i grandi istituti statali a valutare l’affidabilità creditizia dei potenziali mutuatari, ovvero le medesime società web. Problema, di questo accordo sottobanco, i colossi della rete non ne vorrebbero sapere.

D’altronde, non è certo un mistero il desiderio, mai spento, di Pechino di mantenere un occhio sempre ben aperto sugli utenti delle piattaforme gestite dai colossi del web. Social inclusi, come dimostra il caso di TikTok. La piattaforma cinese sta aggiornando i propri termini e condizioni della privacy nel Regno Unito, nella zona economica europea e in Svizzera. L’app sta provvedendo a informare gli utenti dell’area del fatto che gli utenti fuori dal continente europeo possano ora accedere ai loro dati. Il che dovrebbe accendere un campanello d’allarme nei governi che stanno cercando un compromesso con ByteDance, la società che controlla l’app social più scaricata al mondo: al momento giusto, il regime cinese potrà sempre prendere il controllo dei dati raccolti.

Photo by wu yi on Unsplash


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