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Tra Borsa, imprese e banche per Pechino è l’ora della sfiducia

Il pessimismo degli investitori e dei mercati verso gli istituti del Dragone ha raggiunto gli stessi livelli di diffidenza respirati negli Usa all’indomani della grande crisi del 2008 post Lehman. E in Borsa non va meglio

Parola d’ordine, pessimismo. La Cina del pil al rallenty, ora costretta a rincorrere persino l’industria tecnologica per così tanto tempo affossata e repressa, si scopre sola nel mondo, avvolta da una nube nera di scetticismo. Lo dicono una serie di elementi, che messi insieme diventano un puzzle della sfiducia.

BANCA (CINESE) NON TI CONOSCO

Primo, ad oggi le banche del Dragone sembrano essere tornate indietro al 2008, quando gli istituti di credito statunitensi vissero la loro ora più buia proprio all’indomani del crack di Lehman Brothers. Secondo quanto riportato da Bloomberg, infatti, il tasso di sfiducia intorno alle grandi banche cinesi è pari a quello degli americani verso il proprio sistema del credito, quattordici anni orsono. Nel dettaglio, i quattro maggiori istituti di credito, tra cui la Industrial&Commercial Bank of China, sono oggi valutati a Hong Kong quasi ai minimi storici, pari a circa lo 0,4% del loro valore contabile di un tempo. Su per giù lo stesso livello di valore dato dagli investitori a JPMorgan e Bank of America Corp subito dopo il crollo del 2008.

Un collasso in termini di prezzo agli occhi del mercato che riflette sia il crollo del mercato in generale, sia le crescenti preoccupazioni per i crediti inesigibili accumulati dalle stesse banche. E le pessime condizioni dell’economia cinese, certamente non aiutano. “Sebbene non abbiamo ancora assistito a segni di deterioramento strutturale dell’economia nazionale, è probabile che nei prossimi anni questa rimanga sotto pressione a causa di una recessione globale”, ha dichiarato Shen Meng, direttore della banca d’investimento Chanson & Co con sede a Pechino. “Le banche sarebbero ancora più stressate se non riuscissero a recuperare i prestiti entro quella data”.

TRA FINANZA E IMPRESE

Dalle banche ai mercati azionari, il passo è breve se il filo conduttore è il pessimismo. Gli investitori globali, per esempio, hanno cominciato a tenersi alla larga dai listini del Dragone, come dimostra l’andamento odierno delle principali piazze. Il Nikkei ha ceduto lo 0,56%, Hong Kong l’1,84%, Shanghai lo 0,53%.Tutte le piazze, insomma, hanno chiuso la seduta in rosso. E anche tra i piccoli imprenditori della Repubblica Popolare sembra montare una certa disillusione verso l’economia cinese.

Come raccontato dal Financial Times, i titolari delle fabbriche del sud della Cina hanno lamentato circa un calo degli ordini a ottobre di ben il 50%, a causa delle scorte piene negli Stati Uniti e in Europa, aggravando così le fosche prospettive della seconda economia mondiale. E pensare che il mese di ottobre è normalmente un periodo particolarmente intenso per l’industria manifatturiera e il forte calo dell’attività ha lasciato i colletti blu in difficoltà nel trovare lavoro. La battuta d’arresto pone al governo Pechino, già alle prese con una crisi immobiliare in continua espansione, sporadiche serrate e un sentimento di debolezza dei consumatori, di fronte a un’ulteriore complicazione. Anche perché mese scorso, la Cina ha riferito che il prodotto interno lordo del terzo trimestre è cresciuto solo del 3,9% su base annua, al di sotto dell’obiettivo annuale del 5,5%.

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