Per essere una retromarcia, lo è. E forse anche con una punta di ravvedimento. Sono lontani i tempi in cui l’industria tecnologica era diventata per il governo cinese una sorta di demone, da mettere al guinzaglio anche a costo di perdite miliardarie. Tutto partì dall’attacco frontale sferrato contro Alibaba, il simbolo indiscusso del grande salto tecnologico cinese. Un pugno dopo l’altro, incluso il sabotaggio di Stato della quotazione di Ant (37 miliardi), braccio operativo dell’impero di Jack Ma (che alla fine ha mollato la presa, almeno della controllata), l’industria tech del Dragone rea di cercare e portare capitali all’estero, è stata annichilita.
Ma ora, è tempo di revisionismo anche per Xi Jinping. Forse convinto dal fatto che il mattone è miseramente crollato (proprio in questi giorni le banche creditrici di Evergrande sono tornare a richiedere il rientro dei prestiti, spingendo il gigante dell’immobiliare ancora verso il default, tecnicamente già in essere), pur valendo il 30% del Pil. Oppure, dalla consapevolezza che non c’è crescita senza una solida industria tech.
Più che voglia di cospargersi il capo, quella cinese è una necessità di ripartire proprio dalla tecnologia, sperando che questo possa rimettere in moto un Pil (5,5% a fine 2022) che per il Partito rimane ancora decisamente sotto gli standard.
Se ne sono accorti anche dalle parti di Standard&Poor’s, tanto da mettere nero su bianco in un report che sì, la Cina ha intenzione di puntare di nuovo forte sull’industria tech, tanto da chiedere alle banche di aumentare i flussi di credito al comparto. “Le industrie high-tech dei microprocessori avanzati e delle reti cellulari, sono destinate a essere il prossimo motore della crescita dei prestiti per le banche della nazione”, scrive l’agenzia di rating.
Gli analisti ritengono, dunque, che Pechino probabilmente chiederà alle banche di intensificare i prestiti al settore high-tech, già durante la Central Economic Work Conference di dicembre e dopo che il presidente Xi Jinping ha riaffermato la strategia nazionale di concentrarsi sull’autosufficienza tecnologica. “Le banche e le istituzioni finanziarie potrebbero essere incoraggiate a investire più risorse, principalmente attraverso prestiti, nei settori tecnologici per supportare il cosiddetto sviluppo di alta qualità”, ha affermato Iris Pang, capo economista della Greater China presso Ing.
Sempre secondo S&P, le banche in Cina sono alla ricerca del prossimo baricentro per la crescita dei prestiti, poiché i mutui e i prestiti al consumo si stanno indebolendo a causa di prospettive economiche insoddisfacenti e di interruzioni delle attività legate alla pandemia. E, cosa non meno importante, il mattone è sostanzialmente e formalmente insolvente. Dunque incapace di restituire i finanziamenti incamerati. Bentornata tecnologia.