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Il fiasco dei Green bond cinesi

La Cina è il Paese più inquinante al mondo, con un terzo delle emissioni di CO2. Per finanziare la green economy, Pechino ha immesso sul mercato obbligazioni verdi, con tanto di armonizzazione con gli standard internazionali e cedole generose. Ma non è servito a molto e la domanda è crollata lo stesso

Gli inglesi le chiamano high hopes, le grandi speranze. E forse erano proprio quelle che nutriva la Cina verso quegli investitori chiamati a raccolta per finanziare la transizione energetica del Dragone. Una delle economie più inquinanti, se non la più, almeno per quanto riguarda le emissioni atmosferiche. E invece in molti hanno girato le spalle a Pechino, rifiutandosi di sottoscrivere le obbligazioni green piazzate sul mercato per raccogliere denaro sufficiente per finanziare la svolta sostenibile cinese.

Forse troppo fiacca l’economia, forse troppo farraginoso il debito sia corporate, sia statale, forse non ha convinto più di tanto la strategia  di Xi Jinping, fresco di terzo mandato alla guida della Cina, di trasformare un Paese che produce un terzo delle emissioni globali in una sorta di polmone verde.

Piccolo passo indietro. La Cina in questi ultimi mesi ha sensibilmente aumentato l’importanza delle emissioni di green bond, al fine di finanziare la transizione, chiamando in causa direttamente il mercato. Per questo motivo, dalla scorsa primavera le autorità di Pechino hanno deciso di compiere un passo importante verso l’adozione di standard globali, allineando le obbligazioni cinesi a quelle estere, al fine di facilitarne la sottoscrizione da parte degli investitori.

Per esempio, la Borsa di Shanghai, la principale borsa cinese, ha chiesto già dallo scorso anno che il 100% dei proventi delle emissioni di green bond sia investito in progetti verdi come l’energia pulita, alzando l’asticella rispetto alla precedente quota, pari al 70%. E, ancora, sei mesi fa la China Securities Regulatory Commission ha incaricato sia le borse di Shanghai sia quella di Shenzhen di rivedere le regole per allineare le emissioni di tali obbligazioni, sulla base degli standard internazionali.

Peccato che tutto questo non sia bastato a fare breccia nel cuore degli investitori. La prova è nelle valutazioni degli analisti, contenuti in un rapporto di Standard&Poor’s. “L’interesse degli investitori per le obbligazioni verdi cinesi, per giunta recentemente allineate a livello internazionale potrebbe scivolare nei prossimi mesi a causa di condizioni sfavorevoli del mercato del debito. E questo nonostante le nuove regole obbligazionarie aumentino le prospettive di guadagno a lungo termine”, ha affermato Terence Lau, partner per i mercati dei capitali presso lo studio legale Linklaters.

Secondo i dati di Climate Bonds Initiative, citati dalla stessa agenzia di rating, l’emissione di green bond cinesi a livello internazionale, acquistati principalmente da investitori globali, è scesa a 9,43 miliardi di dollari nel trimestre luglio-settembre 2022, dai 14,71 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno precedente. Motivo? Scarsa domanda degli investitori, sentenzia il report. Attenzione, non tutto è perduto. Nel lungo periodo le nuove regole per armonizzare i green bond cinesi potrebbero dare qualche frutto. “Lo sforzo per allineare le obbligazioni cinesi aiuterà a standardizzare i benchmark e ad aumentare la comparabilità, il che dovrebbe aumentare la liquidità e la negoziabilità tra i green bond emessi in Cina con quelli di altri mercati”. Nuove speranze.

 

Photo by Karsten Würth on Unsplash



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