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Libia-Sahel. Perché l’Italia è interessata all’approccio integrato Ue

Libia e Sahel sono un tutt’uno regionale in cui l’aspetto geopolitico centrale in questo momento è dato dall’instabilità di entrambi i fronti, con il sud libico che rischia di diventare imbuto di una serie di problematiche. Dal terrorismo ai traffici criminali (compresi quelli di persone). L’Ue organizza a Tunisi una conferenza per facilitare i processi di integrazione nell’area

Sviluppare ulteriormente la dimensione regionale e rafforzare il dialogo e la cooperazione transfrontaliera tra i Paesi del Sahel e la Libia è uno degli obiettivi cardine dell’Unione europea, che intende affrontare insieme la concatenata e complessa questione della sicurezza dell’area che va dal Sahara al Nord Africa, con diretti riflessi sul Mediterraneo e sull’Europa.

Le nuove priorità strategiche dell’Ue per il Sahel includono la necessità di un approccio più completo e contestuale per affrontare l’instabilità regionale, in particolare il terrorismo. Sebbene il focus geografico principale rimanga sui Paesi del G5 Sahel, la strategia su cui punta la Rappresentante speciale Ue per la regione, Emanuela Del Re, si concentra su un contesto regionale più ampio, che include la Libia.

Questo anche in considerazione del fatto che la persistente insicurezza regionale ha molto a che fare con dinamiche esterne al Sahel stesso. Oltre alla sua più ampia portata geografica, la nuova strategia mira anche a promuovere risposte personalizzate a livello regionale, nazionale e locale, per tenere conto di esigenze e situazioni specifiche e garantire approcci più coerenti alla protezione dei diritti umani e l’adesione alle migliori pratiche raccomandate a livello internazionale.

Da questo nasce “Cross-border cooperation between Libya and the Sahel” una conferenza internazionale organizzata al Movempick Gammarth di Tunisi dalla Rappresentante speciale Del Re, in cooperazione con Eu-Bam Libya, la missione Ue sull’assistenza e la sicurezza alle frontiere libiche, guidata dall’italiana Natalina Cea, la Cellula Regionale di Advisory e Coordinamento (Racc) e il programma anti-terrorismo Ct-Just.

La Conferenza è pensata come occasione per facilitare possibili forme di cooperazione tecnica tra i governi della Libia e i governi dei cinque Paesi del Sahel (Niger, Ciad, Mali, Mauritania e Burkina Faso), in materia di gestione delle frontiere e sicurezza dei confini. L’Accordo quadripartito del 2018 per la lotta al terrorismo, al traffico illecito e al contrabbando, firmato tra gli altri da Libia, Niger e Ciad (e Sudan), è un esempio di questo framework operativo.

Il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera mira infatti a prevenire e combattere i crimini transfrontalieri (i contrabbandi di ogni genere, compresi quelli di esseri umani) e il terrorismo, al fine di consolidare la pace, la sicurezza e lo sviluppo nei Paesi. Oltre a prevedere lo scambio di intelligence, le attività antiterrorismo, la cooperazione giudiziaria e l’attuazione di programmi di sviluppo nelle aree di confine, “potrebbe anche includere la possibilità di operazioni congiunte” o “pattugliamenti paralleli”, spiega una concept note dell’evento.

I Paesi del Sahel sono fortemente colpiti da questioni sicuritarie legate alla crescita di attività di gruppi armati – in alcuni casi affiliati alle principali sigle del terrorismo internazionale. Contemporaneamente il governo libico di unità nazionale – costruito dal processo di stabilizzazione onusiano e attualmente reggente, nonostante la sfiducia parlamentare ricevuta – ha sottolineato l’importanza di gestire meglio i confini meridionali.

Si tratta di aree complesse, dove le regole statuali sono lasche e gestite da forme di regolamentazione tribale, che attualmente sono fonte di preoccupazione a causa di quegli stessi crimini di frontiera, compreso il terrorismo, che colpiscono l’intera regione. Alla luce di ciò, nel 2021 il vicepresidente del Consiglio presidenziale libico, Musa Al Koni, ha visitato diversi Paesi, tra cui Ciad, Niger e Mali, per trovare possibili soluzioni a lungo termine su come cooperare per rendere sicuri i confini.

Gli obiettivi di questo approccio integrato (di cui la conferenza di Tunisi diventa simbolo e prodromo operativo) sono il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera regionale tra la Libia e il Sahel per aumentare la capacità delle agenzie nazionali nella lotta al terrorismo e ai crimini di frontiera; la condivisione di best practice di gestione; l’individuazione di aree di miglioramento futuro di gestione.

Considerando l’articolazione dei livelli di instabilità presenti nella regione, e che questa instabilità riguarda direttamente l’Europa e il Mediterraneo, questa cooperazione Libia-Sahel è un elemento centrale anche per l’Italia. Il neonato governo Meloni ha infatti sottolineato più volte l’ambizione di interessarsi all’Africa, sottolineando il valore del Sahel anche all’interno dei processi migratori – su cui da sempre i partiti di maggioranza in Italia in questo momento si sono piuttosto concentrati – che sono facilitati da quell’insieme complesso di forme di instabilità e insicurezza.


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