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Per le criptovalute la ricreazione è finita. La mossa di Giorgetti e il ruolo della Consob

La manovra Giorgetti-Meloni porta in dote la prima vera forma di regolamentazione e tassazione sulle monete virtuali. Ma la Commissione per la Borsa, già da tempo aveva sollevato il tema dell’assenza di regole e del rischio per il risparmio

Alla fine, il governo di Giorgia Meloni una pezza ce l’ha messa, sulle criptovalute. Nella manovra appena licenziata dall’esecutivo e ora all’esame del parlamento, è stata infatti inserita una tassa sulle rendite da criptovalute, oltre che paletti precisi per un mercato che desta da anni molte preoccupazioni tra le banche centrali e che soltanto di recente ha visto decollare il primo regolamento europeo. Una norma che parla più precisamente di regolarizzazione delle attività, aprendo a una sorta di operazione-emersione.

Per la verità si tratta di un vecchio pallino del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Già da ministro dello Sviluppo economico, il numero due della Lega aveva più volte auspicato una regolamentazione del settore da associare a una tassazione. E ora che la bancarotta da 10 miliardi di dollari della piattaforma di scambi Ftx ha fatto emergere tutta la precarietà di un sistema ad alto rischio per i risparmiatori, è arrivato il momento giusto per fissare dei paletti.

Ora, l’ex Finanziaria targata Meloni prevede un prelievo applicato alle plusvalenze, quindi ai guadagni, derivanti dall’acquisto e la successiva vendita di cripto-attività. È prevista però anche la regolarizzazione di attività legate alle monete virtuali, come Bitcoin ed Ethereum. C’è da dire che il pressing da parte delle maggiori istituzioni di vigilanza in questi anni non è certo mancato. Due su tutte, la Consob e Bankitalia. In particolare la Commissione per la Borsa, guidata da Paolo Savona, ha spesso e volentieri puntato il dito contro la mancanza di regolamentazione nell’universo criptovalute.

Pochi mesi fa il numero uno della Consob ha chiaramente spiegato come “i prodotti offerti abusivamente sono sempre più atipici e collegati al mondo delle cripto-attività, ambito nel quale è possibile subire perdite integrali del proprio investimento”. In questo senso, “si potrebbe valutare l’introduzione di specifici limiti all’attività pubblicitaria di criptoattività, unitamente all’attribuzione di specifici poteri di contrasto sul modello di quanto già previsto per le offerte abusive di prodotti e strumenti finanziari, tenuto conto che l’operatività su cripto è svolta in misura significativa da soggetti non vigilati”.

E solo un mese fa, intervenendo alla Luiss, partendo dalle criptovalute, Savona si spingeva fino al metaverso, come si legge in un testo fornito dalla stessa Commissione. “Un mondo variegato che pone altrettante sfide ai regolatori, sollevando la necessità di definire una metaeconomics (o economics with metaverse) che va al di là di un’economics with cryptocurrency; essa è tutta da pensare, perché va riesaminato il funzionamento del mercato e delle sue istituzioni, soprattutto per ricondurre ciò che sta accadendo entro un habitat legale al quale i risparmiatori possano fare riferimento per le loro scelte, ponendo fine alle suggestioni provenienti da operatori che solo un eufemismo induce a chiamare intraprendenti. È pur vero che la dimensione della finanza virtuale nel mondo reale è ancora marginale, ma non appare saggio proporsi di studiare il problema quando i rischi già individuati esploderanno in dimensione sistemica, come avvenne nel 2008 con i derivati complessi e come la storia economica ricorda essere accaduto numerose volte nei secoli passati”.

E dunque “prevenire piuttosto che subire, innovare rispetto al correggere, come sul dirsi, quando i buoi sono scappati dalle stalle. Perciò se il metaverso è troppo grande per essere ignorato dalle imprese, allora è troppo grande per essere ignorato dai regolatori. Ma, a tal fine, bisogna assicurare una cooperazione globale e un coordinamento delle scelte, perché il metaverso è veramente un mondo senza confini”. Siamo di fronte a una nuova forma della globalizzazione che abbiamo conosciuto e praticato, oggi messa in crisi dal riproporsi di vecchi attriti e dall’uso di strumenti geopolitici che le tecnologie virtuali rendono obsoleti”

E anche la stessa Bankitalia era scesa in campo per sottolineare la necessità di stabilire delle regole chiare anche sulla tassazione delle attività legate a questi asset. Perché infatti Bot e Btp devono essere tassati con un’aliquota fissa del 12,5% e le criptovalute possono sfuggire a tassazione? Per il resto, le rendite derivanti da attività finanziarie, nella generalità dei casi, scontano un’aliquota del 26%.

Photo by André François McKenzie on Unsplash

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