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Il summit armeno della Csto è una doccia fredda per Vladimir Putin

Il presidente russo si è recato in Armenia per un meeting in cui avrebbe voluto riaffermare la proiezione di Mosca sulle ex repubbliche sovietiche. Ma la Russia non è l’Unione Sovietica e la guerra in Ucraina lo ha dimostrato platealmente. L’insoddisfazione del Kazakistan, da sempre alleato russo, la dice lunga sullo stato delle relazioni tra il Cremlino e l’area centroasiatica

Il presidente russo Vladimir Putin si è recato mercoledì 23 novembre a Yerevan, capitale dell’Armenia, per un summit della Collective Security Treaty Organization (Csto). Nonostante gli appelli all’unità tra le ex Repubbliche Sovietiche, Putin ha ricevuto risposte piuttosto fredde dagli altri membri dell’organizzazione.

L’Armenia termina i propri quattordici mesi di presidenza della Csto per lasciare il posto alla Bielorussia. Il primo ministro Nikol Pashinyan ha dichiarato che il periodo ha coinciso con “profondi sconvolgimenti sia a livello globale che regionale. Purtroppo, non solo non è diminuito il rischio di conflitti nel mondo e nella nostra regione in particolare, ma le tensioni continuano ad aumentare, con evidenti tendenze all’accumulo di problemi ancora più significativi e complessi”.

L’organizzazione militare, nata nel 1992, riunisce Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, e viene vista da Mosca come un modo di proseguire la propria influenza sullo spazio post-sovietico.

Tuttavia, quella di oggi non è la Russia dell’Unione Sovietica. Se un tempo Mosca mandava ordini ai propri alleati, il soft power che il Cremlino poteva esercitare fino a poco tempo fa è stato fortemente indebolito dalla guerra in Ucraina. E i risultati si vedono.

Il presidente Putin si è rivolto all’assemblea sottolineando la necessità delle ex repubbliche sovietiche di restare uniti in nome della storia comune. Il commento gelido arriva dal presidente kazako, Kassym-Jomart Tokayev, il quale ha sostenuto che sia giunto il momento di arrivare a una pace in Ucraina tramite sforzi collettivi, o quantomeno a una tregua.

Al summit di Yerevan, Tokayev ha affermato: “Qualunque guerra finisce con negoziati di pace. Dobbiamo sfruttare qualunque opportunità  di arrivare a una tregua. I colloqui di Istanbul danno speranza in questo senso. (…) Non possiamo permettere che i fraterni popoli russo e ucraino prendano strade diverse per decine o centinaia di anni con risentimenti reciproci non sanati”.

Non è la prima volta che il Kazakistan si allontana dalla posizione russa sulla guerra. Dal punto di vista diplomatico, Tokayev a giugno aveva detto a Putin che non avrebbe riconosciuto la dichiarazione di indipendenza delle forze filorusse nell’est ucraino. Da un punto di vista forse ancora più sostanziale, Mosca ha passato l’estate a impedire il transito di petrolio kazako dai terminal di Novorossijsk, come ha analizzato su queste colonne Otto Lanzavecchia, assetando l’Occidente, ma causando danni anche al supposto alleato.

In secondo luogo, la Csto è un’organizzazione che dovrebbe garantire la stabilità nella regione caucasica e centro-asiatica. Il principale membro, la Federazione Russa, ha scatenato un pandemonio internazionale con l’invasione dell’Ucraina; i due membri Tagikistan e Kirghizistan si sono scontrati militarmente per dispute di confine cinque volte dal gennaio 2022, lasciando sul campo centoquaranta morti e più di centomila sfollati; l’Azerbaijan ha attaccato l’Armenia sotto l’occhio impotente di Mosca, avanzando per chilometri in territorio armeno e facendo centinaia di morti in un’operazione durata due giorni.

I membri centroasiatici della Csto sono insoddisfatti anche per la scarsa attenzione che la Russia, fagocitata dal conflitto a Ovest, può dedicare ai dossier della regione. Il presidente kazako ha affermato: “Nella nostra regione continuano a verificarsi conflitti che minano la stabilità e la sicurezza dello spazio eurasiatico. In queste circostanze è fondamentale mantenere e sviluppare un dialogo aperto e costruttivo.” Oltre alle dispute di confine sopra menzionate, la grande questione che preoccupa l’area è quella afghana. Sempre Tokayev ha evidenziato che la continuazione degli aiuti a Kabul è “uno dei fattori primari per garantire la sicurezza ai confini meridionali della Csto”.

Insomma, Mosca tenta di utilizzare l’Organizzazione per proiettare la propria influenza nello spazio post sovietico. Ma i tempi sono cambiati. Diversi membri vedono il pasticcio ucraino di Putin come un inutile spreco di sangue, foriero di problemi e tensioni di cui si poteva anche fare a meno. Altri attori lo vedono come un’opportunità per sfilarsi dall’abbraccio russo.

Tra le risoluzioni dell’Assemblea Onu, il vertice Sco di settembre, il G20 di Bali e ora il summit di Yerevan, dal fronte internazionale non ci sono buone notizie per il Cremlino.

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