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Energia e sicurezza. Cosa si è detto all’apertura del master in intelligence

Molti i punti di vista plurali su un problema strategico quale è quello dell’energia. Chi c’era e cosa si è detto al convegno inaugurale della XII edizione del master in intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri, “Sicurezza energetica e interesse nazionale. Il ruolo dell’intelligence”

È stata inaugurata la dodicesima edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal presidente della Società Italiana di Intelligence Mario Caligiuri. 

L’evento, dal titolo “Sicurezza energetica e interesse nazionale. Il ruolo dell’intelligence”, ha ricevuto i saluti di Anna Maria De Bartolo in rappresentanza del direttore del Dipartimento di Culture Educazione e Società dell’Università della Calabria, Roberto Guarasci.

Mario Caligiuri nella sua introduzione ha voluto ricordare che “l’energia dovrebbe essere un bene comune. Da sempre, invece, è un motivo di cruenti conflitti in un mondo globalizzato segnato dall’interdipendenza dei mercati finanziari, dalla trasversalità delle fonti di energia e dalla multidimensionalità dei problemi che producono instabilità geopolitica. In Italia, dove sembra incerta la politica industriale sull’energia, esistono notevoli difficoltà burocratiche, centrali e locali, che frenano lo sfruttamento delle risorse nazionali e spiegano la scelta della rinuncia al nucleare. È necessario che a farsi carico del settore energetico siano gli Stati e non il mercato. Servono politiche pubbliche e quindi Intelligence pubblica, per perseguire l’interesse nazionale”.

Davide Tabarelli, professore dell’Università di Bologna e presidente di “Nomisma Energia”, ha tenuto la relazione base dell’evento. “Sebbene il conflitto tra Russia e Ucraina abbia ridotto del 40% l’approvvigionamento del gas della Russia, tuttavia, in Italia questo ammanco può essere sostituito da altre fonti o dalla poca produzione interna”, ha detto Tabarelli. “Ci vorrà del tempo, ma del gas nel mondo ce n’è tantissimo sottoterra, per cui occorre indirizzare in questa direzione investimenti e infrastrutture. Più problematica è la crisi del nucleare francese da cui l’Italia importa elettricità. Questo nucleare non potrà essere sostituito nel breve termine, tantomeno nel medio lungo periodo, costituendo una minaccia per il sistema elettrico italiano. In ogni caso, l’Italia rimane fortemente dipendente dalle importazioni di energia che comportano un deficit energetico pari al6% del Pil, tutte risorse trasferite all’estero e sottratte all’economia nazionale”, ha concluso.

Giuseppe Ricci, presidente Confindustria Energia, ha altresì affermato che “le energie rinnovabili attuali non possono essere l’unica soluzione. Occorre un approccio olistico alla transazione energetica che includa tutte le tecnologie mature in attesa del nucleare di nuova generazione o la fusione, rappresentando una visione non ideologica ma scientifica e pragmatico”.

Per Fabrizio Maronta, responsabile delle Relazioni internazionali di Limes, “come ogni trasformazione tecnologica implica la riscrittura della mappa geopolitica delle filiere industriali, così ogni cambiamento del paradigma energetico comporta un effetto domino che incide sulla sicurezza dell’ordine mondiale, coinvolgendo pienamente l’Intelligence”.

Il presidente dell’Associazione Nucleare Umberto Minopoli ha sostenuto che il nucleare offre continuità e stabilità della fornitura energetica, assumendo perciò una funzione chiave: “Entro il 2050, secondo quanto riferito dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, ci sarà un raddoppio degli impianti di energia nucleare. In Italia, perciò, si impone la necessità di riequilibrare nel medio e lungo termine il peggior mix energetico esistente, con una riconsiderazione della scelta nucleare che deve essere studiata in modo oggettivo”.

Luigi De Paoli, professore dell’Università “Bocconi” di Milano, ha affermato che “la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di gas è sempre stata superiore all’80% dal 2000 ad oggi e che due Paesi, Russia e Algeria, hanno dominato la scena. Solo dal 2013 l’import dalla Russia ha superato quello dall’Algeria ed è salito sopra la quota del 40% dei consumi italiani. Gli eventi dei mesi scorsi hanno mostrato che tale livello è molto pericoloso perché difficile da sostituire l’import atteso con altro gas anche se si dispone delle infrastrutture sufficienti per farlo. Questa lezione dovrebbe insegnare che non è opportuno passare da una dipendenza eccessiva dalla Russia ad una altrettanto squilibrata verso l’Algeria come prefigurato attualmente. Ciò può essere accettato solo per un periodo di tempo limitato per superare la crisi attuale, ma nel lungo periodo bisogna cercare di avere maggiore equilibrio tra le fonti di approvvigionamento estero. Solo la diversificazione delle fonti e un’attenta considerazione della stabilità dei Paesi fornitori e di quelli di transito può dare sufficienti garanzie di poter garantire la continuità delle forniture anche in situazioni di crisi”.

Patrizia Rutigliano, docente Luiss, nel suo intervento ha detto che “molte proposte sulle politiche energetiche a livello europeo sono state ispirate dall’Italia e che il nostro Paese si è dotato di numerose infrastrutture energetiche che hanno permesso di diversificare rotte e fonti energetiche. Non corrisponde pienamente alla realtà, perciò, che l’Italia abbia adottato finora politiche energetiche poco lungimiranti”.

Cheo Condina, giornalista del gruppo Il Sole 24 Ore, ha ribadito che “le fonti di energia rinnovabili sono un punto di arrivo ma il faro è rappresentato dalla circostanza di non essere dipendenti da nessuno. Occorre creare nuove filiere industriali per sostenere le politiche energetiche. A tal fine è importante ridurre la burocrazia, porre regole chiare per i capitali da investire sulle rinnovabili, potenziare le comunità energetiche e le reti elettriche”.

Il consigliere scientifico di Limes, Alessandro Aresu, ha ricordato l’insegnamento di Enrico Mattei sulla necessità di integrarsi con il territorio per dare centralità alla concretezza della realizzazione e ridurre le vulnerabilità. In questo quadro per Aresu “l’intelligence deve avere la capacità di essere dentro le transizioni, esaminare i rapporti tra realizzazione delle infrastrutture e ruolo dell’opinione pubblica, mercati e prospettive, calati nelle logiche concrete della globalizzazione e nell’ottica dell’interesse e della sicurezza italiana”.

Per Lapo Pistelli, public affairs director dell’Eni, “il modello migliore per la crescita energetica in un mondo dalla geopolitica fragile e frammentata non è la spesso decantata indipendenza energetica, bensì la mutua interdipendenza che induce comportamenti cooperativi e riduce le tentazioni egemoniche. L’Eni da sempre promuove partnership globali e non marketing globale, investe e sviluppa assieme ai paesi ospitanti, non è solo un compratore di energia. Il successo per la ricerca e l’approvvigionamento alternativo – ha detto – deve avvalersi della “cultural Intelligence” per comprendere i contesti in cui operiamo e programmiamo presenze pluridecennali, così da mitigare i rischi e dialogare sempre in modo costruttivo con i paesi che dispongono delle fonti energetiche, compresi i paesi più complessi. Non dimentichiamo che l’energia è considerata ovunque una risorsa strategica, che dunque è regimata spesso con norme speciali”.

Arvea Marieni, direttrice tecnica della “Regenerative Society Foundation”, ha sostenuto che occorrono regole comuni della transizione. L’allineamento su clima e ambiente consente alla Eu di sfruttare i vantaggi competitivi acquisiti con accorte politiche su rinnovabili e green-tech. Oggi l’elettricità prodotta da rinnovabile è la meno costosa nella storia, mentre il sistema energetico fossile è inefficiente. Circa il 70% dell’energia primaria prodotta viene sprecata a causa delle perdite di conversione. Quindi non dobbiamo sostituire tutta l’energia primaria prodotta oggi, ma soltanto quella utilizzata in modo produttivo nel modo più efficiente possibile. “Le soluzioni vanno trovate riconoscendo la necessità di un’analisi dello scenario con un approccio di intelligence. Pertanto, il nostro Paese deve ricercare partner affidabili sulle questioni energetiche, con una regolamentazione del mercato da parte dello Stato e di Bruxelles in modo da tutelare gli interessi generali”.

In conclusione del convegno, in linea di continuità con quello di apertura del master dello scorso anno dedicato a “Enrico Mattei e l’intelligence”, ha dato voce a visioni ampie, plurali, documentate e scientifiche, avvalorando il ruolo della formazione universitaria, del pensiero critico e del ruolo dell’Intelligence nell’intercettare segnali deboli nell’evoluzione degli scenari, fornendo gli strumenti necessari per contestualizzarli e interpretarli in senso predittivo.

I lavori del convegno, ripresi da Radio Radicale, saranno anche pubblicati da Rubbettino. Il percorso formativo del master proseguirà sabato prossimo con le lezioni di Mario Caligiuri (prima lezione di intelligence: Ai bordi del caos), Miguel Gotor (Generazione Settanta: Dalla contestazione giovanile alla fine della guerra fredda) e Mirco Turco (Intelligence e spionaggio psichico durate la guerra fredda).



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