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Incidente o attentato? Per Erdogan è un “vile attacco”

Un’esplosione nel cuore di Istanbul, diversi morti e dozzine di feriti. Il governo ha subito vietato l’accesso ai media, e le informazioni che arrivano sono frammentarie. Incidente o attentato? Per Erdogan è un “vile attacco”. Quali interessi in ballo?

Un’esplosione avvenuta oggi pomeriggio lungo il popolare viale pedonale Istiklal di Istanbul, non lontano da piazza Taksim, ha provocato morti e feriti e seminato il panico tra e cittadini e turisti.

Mentre le autorità di sicurezza sono ancora sul posto e il bilancio dei danni è parziale, il presidente Recep Tayyp Erdogan ha parlato della vicenda durante la conferenza stampa in vista del G20 (che si svolgerà domani a Bali, in Indonesia). Erdogan ha condannato fermamente l’accaduto definendolo “un vile attacco”, “un attentato dinamitardo”. Forse sarebbe sbagliato dire che si tratta di terrorismo, ma i primi sviluppi, le prime informazioni che il mio governatore ci ha fornito, mi dicono che c’è odore di terrorismo qui”, ha dichiarato il presidente promettendo che “i responsabili saranno puniti come meritano”.

Le vittime sembrano essere almeno 6, con 58 i feriti.

Il governatore di Istanbul, Ali Yerlikaya, ha scritto su Twitter che l’esplosione è avvenuta alle 16:20 circa (1320 GMT), un orario in cui quella zona, di domenica pomeriggio, è sempre affollate. Ci sono alcune immagini riprese dalle varie telecamere di sorveglianza dell’area, che mostrano una donna indicata come potenziale sospetto, con uno zaino che potrebbe essere quello che conteneva l’esplosivo, anche se tutto è da confermare.

L’organo di controllo dei media turchi ha imposto un divieto temporaneo di parlare della notizia dell’esplosione, il che significa che le emittenti non possono mostrare video dell’accaduto. Il Consiglio supremo della radio e della televisione ha imposto divieti simili in passato, a seguito di attentati, incidenti e alcune questioni politiche.

Tuttavia circolano online diversi video che mostrano lo scoppio e le fiamme, mentre si sente un forte boato. Le immagini sono state riprese dalle persone che si trovavano nella zona e subito messe in rete. Altri filmati mostrano ambulanze, camion dei pompieri e polizia sulla scena. Gli utenti dei social media hanno detto che i negozi sono stati chiusi e che il viale è stato chiuso.

Poi Internet è stato depotenziato per evitare ulteriori circolazioni di informazioni. È una forma di protezione, legata a ragioni di sicurezza ma anche al non voler diffondere un’immagine della Turchia di nuovo colpita da quello che stando alle parole di Erdogan è un attentato. Per Ankara e per la presidenza l’immagine è fondamentale mostrare un attacco indebolisce la percezione di sicurezza che esce dal Paese e dal presidente.

La Turchia è stata colpita da una serie di attentati molto sanguinosi tra il 2015 e il 2017 da parte del gruppo dello Stato Islamico e di gruppi armati curdi. In uno di questi, un kamikaze aveva colpito proprio Istiklal (nel 2016). Al momento della stesura di questo articolo nessuno ha rivendicato l’attacco.

Istiklal, il viale che fa da scenario all’accaduto, è un’arteria affollata e frequentata da turisti e locali, costeggiata da negozi e ristoranti. Lungo la strada c’è il consolato russo, non distante quelli svedese, olandese, ecuadoriano e quello italiano (che è già attivo nella gestione della crisi).

Oggi, 13 novembre, è una data particolare: sette anni fa avvenne la strage parigina del Bataclan, dove un attacco terroristico di una cellula organizzata dello Stato islamico aveva ucciso dozzine di persone nella capitale francese. Il collegamento è una pura speculazione. Altrettanto si può pensare riguardo alla vicinanza di quei consolati, in particolare quello russo e quello svedese.

Recentemente, mentre Ankara e Mosca hanno trovato una quadra per riaprire le spedizioni di grano dall’Ucraina, ci sono stati contatti turchi con Stoccolma. In ballo c’è la questione dell’ingresso svedese nella Nato, a cui Erdogan si è inizialmente opposto perché considera la posizione della Svezia troppo amichevole nel confronto dei guerriglieri curdi (nemici terroristici del governo turco e narrativi del presidente). Possibile che qualche attore come l’Is o come il Pkk curdo si sia inserito in questioni politiche per seminare caos. Non sarebbe la prima volta.

Poi c’è un altro tema, tutto interno e che contraddice la versione di proteggere l’immagine del Paese, ma anzi ruota attorno a creare una percezione di insicurezza tra i cittadini curdi e spingerli ad affidarsi a una stabilità che Erdogan e il suo partito dichiarano di poter garantire. Già in passato c’erano state serie di attentati e l’enfasi su questi eventi era stata usata per terrorizzare i cittadini affinché votassero per la “stabilità”, ossia per Erdogan.

Le  elezioni parlamentari e presidenziali che si terranno entro giugno 2023 saranno un referendum sul presidente, che ha dichiarato che i frutti delle politiche economiche del governo – che danno priorità alle esportazioni, alla produzione e agli investimenti – saranno più chiari nel primo trimestre del 2023. La strategia della tensione, in mezzo alle difficoltà economiche e sociali, non è certo una novità in determinati contesti. Erdogan ha detto che “gli sforzi per conquistare la Turchia con il terrorismo non avranno buon fine né oggi né domani, come non lo hanno avuto ieri”.

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