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Il governo non può permettersi incertezze in politica estera. L’allarme di Parsi

L’ipotesi di un congelamento delle forniture militari a Kiev, raccontata ieri prima di essere smentita da Crosetto, manda un cattivo messaggio ai nostri alleati: “Si rischierebbe di essere percepiti come fautori di un atlantismo tutto vocale, caratterizzato da una resa di fronte alle pressioni interne alla maggioranza”, commenta il professore della Cattolica di Milano. I pacifisti nostrani, la minaccia dell’atomica, l’interferenza dei russi in Italia

Fino a pochi giorni fa, sotto il governo Draghi, i decreti approvati dal Copasir in cui il governo dettagliava l’invio di forniture militari all’Ucraina erano tutti rimasti coperti. Oggi invece sta cambiando qualcosa anche nella postura e nella strategia comunicativa?

“C’era una polemica sul fatto che l’Italia non fosse un Paese che dichiarava che tipo di armamenti venissero inviati – spiega a Formiche.net il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, di cui è in uscita “Il posto della guerra e il costo della libertà” (Bompiani) – Però è anche vero che c’è sempre stata una tradizione di riservatezza su queste cose, per cui registriamo che il cambiamento di governo porta a un cambiamento di politica, quantomeno in termini di trasparenza”. Questo, aggiunge, inserisce una variabile in più in un quadro in cui c’è già una maggioranza che fa fatica a trattare questo argomento in maniera compatta.

Resistenze

“Penso alle resistenze della Lega, che ci sono sempre state. Ma ha qualche mal di pancia anche Forza Italia, anche se più soffuso. Ed è chiaro che questo voler rinfocolare la polemica in Parlamento sull’annosa e sciocca questione tra armi difensive e armi offensive, come se esistesse una differenza, non fa bene”.

Ma non è tutto, perché c’è un altro aspetto connesso. Infatti due giorni fa è tornato a parlare l’ambasciatore russo Razov, che ha potuto/voluto insinuare circa una presenza di militari italiani in Ucraina. Secondo il prof. Parsi la Russia mescola nel torbido, fa insinuazioni, offre sponde alle polemiche nostrane, creando confusione. “Noi sappiamo che non esiste nessun coinvolgimento militare diretto italiano in Ucraina, mentre evidentemente le forze militari italiane, nell’ambito della difesa collettiva della Nato, sono dispiegate sia nelle repubbliche baltiche sia al comando del nuovo gruppo in Bulgaria. Questo fa parte dei doveri dell’alleanza. E ben venga che facciamo questo tipo di attività”.

Armi & sostegno

Un articolo sul Messaggero di ieri parlava di un “congelamento” del decreto per le nuove forniture a Kiev, congelamento poi smentito in serata dal ministro Crosetto in una telefonata con l’omologo ucraino Reznikov.  Per qualche ora si è creato un clima di incertezza e dubbio da parte degli alleati italiani. Parsi osserva che un cambio di passo a pochi giorni dalla nascita del nuovo esecutivo sarebbe stato una cosa molto grave, perché sarebbe stata una “rottura con la continuità del governo Draghi” che era stata assicurata da Giorgia Meloni.

E mette l’accento su un punto: “Si rischierebbe di essere percepiti come fautori di un atlantismo tutto vocale, caratterizzato da una resa di fronte alle pressioni interne alla maggioranza, che sono, come si sa, spesso troppo vicine alle tesi e agli interessi russi”. Aggiunge che i sistemi di contraerea in consegna sono sistemi di difesa non particolarmente moderni, con anche un problema di ricondizionamento del carburante per alcuni di essi. “In questo momento tutto ci possiamo permettere, ma non un’incrinatura della linea di politica estera dell’Italia”.

Segnali

Un’incertezza italiana che segnale darebbe non solo agli ucraini, ma anche agli alleati? “Io credo che le preoccupazioni principali siano dirette alla Lega, che è il partito che ha legami più organici con Russia Unita: in particolare Salvini e agli esponenti della destra religiosa salviniana, di cui uno di questi è adesso presidente della Camera dei Deputati. Non hanno mai fatto mistero di avere simpatia per la Russia di Putin oltre ad una freddezza nei confronti dell’Alleanza atlantica e dell’Unione europea, e di avere molte resistenze alla fornitura di armi. Quindi penso che lì sia il nucleo di maggiore preoccupazione. Qualche preoccupazione c’è anche su Forza Italia, ma più che sul partito c’è su Berlusconi e sugli eventuali affari che l’imprenditore Berlusconi potrebbe avere con Putin”.

Meloni-Zelensky

In vista della visita a Kiev, osserva, Giorgia Meloni ha tutto l’interesse a mostrarsi compatta con gli alleati e coerente con la linea indicata da Draghi nel sostegno all’Ucraina, a iniziare dalla fornitura d’armi che sono necessarie per la sopravvivenza dell’Ucraina. “È importante dare un segnale di fermezza, tanto più adesso che i russi tornano a minacciare l’utilizzo di armi atomiche e che dispiegano non meglio identificati sistemi d’arma in Bielorussia e a nord dell’Ucraina. Dovrà dare un segnale anche all’interno di un variegato e politicamente incomprensibile movimento pacifista che chiede agli ucraini di smettere di difendersi perché non è capace di chiedere ai russi di smettere di attaccare. E’ la follia più totale e purtroppo molte autorevoli voci sono a sostegno di queste tesi irrealistiche che sono veramente agghiaccianti per quello che è il progresso del diritto internazionale e della politica internazionale nella seconda parte del XX secolo. Purtroppo alcune voci alimentano e accarezzano la paura, anziché fornire rassicurazioni e analisi razionali sulle strategie da seguire per rintuzzare l’aggressione”.

Dall’Ucraina al Mediterraneo

Ma il dossier energetico sviluppatosi attorno alla guerra in Ucraina ha un riverbero nel Mediterraneo, dove alla voce Libia si registrano le parole del generale Khalifa Haftar contro l’accordo sulla zee tra Ankara e Tripoli. “Dato che comunque gli accordi che l’Italia ha firmato insieme ai suoi partner europei per la decarbonizzazione sono vigenti, non possiamo certo investire centinaia di milioni in nuovi gasdotti – aggiunge il prof. Parsi – . Cioè noi abbiamo interesse semmai per tappare il buco. Ha più senso noleggiare rigassificatori galleggianti che pensare di investire in tubi che poi restano e che, da qua a vent’anni, non dovranno più essere riempiti di gas. Non mi sembra questo l’elemento più rilevante da chiarire, perché non vorrei che si pensasse che si può tornare a prima della transizione ecologica”.

Gas

Il ragionamento di Parsi poggia sulla convinzione che la prospettiva è quella di una uscita dal gas: “Come il disastro climatico di quest’anno ci sta dimostrando, siamo già in ritardo, perché significa che potremo aggravare la situazione ulteriormente se non capiremo che al di là di tutto, non dobbiamo uscire solo dal gas russo, che è una questione di immediata sicurezza nazionale, ma dal gas in generale, perché è una questione di sicurezza planetaria. Quindi a me sembra che ci sia poca attenzione nella maggioranza su questo elemento: è come se la parte green fosse completamente sbiadita. Questo mi preoccupa più di qualunque altra cosa”, conclude.

@FDepalo

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