Intervista al sottosegretario all’Economia. Basta con i sussidi a pioggia, il Paese può sopravvivere solo con lavoro e produttività. Giusto ripensare il reddito di cittadinanza, bisogna aiutare chi ha davvero bisogno. Sul fisco serve un cambio di paradigma che ristabilisca la fiducia tra Stato e contribuente. L’Europa? Non può avere figli di serie A e di serie B, destinare i fondi strutturali non spesi per combattere la crisi energetica è una buona proposta
L’Italia non si fa sul divano, aprendo di tanto in tanto l’home banking per vedere se qualche bonifico arriva, magari quando testa, braccia e gambe funzionano. Ma nelle fabbriche, nelle imprese. In una parola, con il lavoro. Questo è il messaggio che manda il governo di Giorgia Meloni, al punto da essere pronto ad archiviare, almeno in parte, una lunga stagione di bonus e sussidi, resisi necessari dopo quasi tre anni di pandemia e nove mesi di crisi energetica e sconvolgimento dei prezzi.
L’obiettivo sarebbe una crescita duratura, strutturale, solida. La sola medicina in grado di sconfiggere recessione e malessere sociale. Federico Freni, sottosegretario al ministero dell’Economia in quota Lega, fresco di riconferma, in questi giorni è impegnato nella scrittura della manovra a Via XX Settembre, di concerto con il ministro Giancarlo Giorgetti. E a Formiche.net spiega dove, quando e perché mettere le mani per riportare l’Italia e le sue industrie nel giusto posto in Europa e nel mondo. A cominciare dai conti pubblici.
Sottosegretario, dalla Nadef appena licenziata dal governo sembra emergere quella prudenza che lo stesso ministro Giorgetti non ha mancato di sottolineare, anche e non solo guardando alla traiettoria discendente del debito. In questo senso possiamo affermare che si tratti di una manovra a prova d’Europa e dunque, in ultima istanza, di mercati?
Dalla Nadef si evince che il governo presenterà una manovra pragmatica e realista certo, ma volta a stimolare la crescita e fornire energie nuove al Paese attraverso interventi mirati su politiche pensionistiche e fiscali, senza dimenticare la questione del caro energia che ci impone di arginare gli aumenti delle bollette. Il governo farà tutto ciò che è necessario, ma con la concretezza che da sempre caratterizza le politiche del centro-destra. Non scriveremo un libro dei sogni utile solo a mettere a rischio le finanze pubbliche.
Il baricentro della legge di Bilancio sono le bollette e più in generale il sostegno alle famiglie e alle imprese strozzate dall’impennata del costo della vita. Ora, al di là dell’emergenza del momento, che ne sarà di sussidi e bonus?
Io credo che la vera crescita non passi per bonus e sussidi, che pure in un contesto emergenziale sono stati importanti, ma per produzione e lavoro stabile. Non esiste crescita del Pil che possa essere affidata ad interventi episodici o, peggio, che sia frutto di contingenze elettorali. L’emergenza ci ha dimostrato, ove mai ve ne fosse bisogno, quanto resiliente sappia essere il nostro tessuto economico, e al contempo quanto sia necessario coltivare ogni giorno una cultura del lavoro lontana da ideologie ormai trascorse. La forza di questo governo è poi quella di poter guidare il Paese con visione e concretezza, come dimostra il nostro programma su fisco e pensioni.
Sono anni che in Italia si invoca una rivoluzione fiscale di spessore, che riassetti dal profondo l’attuale sistema tributario italiano. I soldi però sono sempre troppo pochi per una vera riforma. Quest’anno forse ancora di meno. E allora, senza abbandonarsi alle alchimie fiscali, quali sono le misure più urgenti ma sostenibili in tema di tasse?
Il programma di centrodestra è chiaro: il cittadino non è per forza un evasore, il fisco non è per forza un nemico. Serve un cambio di paradigma per far crescere una cultura di reciproca fiducia e rispetto. Lasciare i cittadini liberi di lavorare e di produrre ricchezza, per loro stessi e per il Paese, evitando eccessi di aggravi normativi e tributari, significa garantire un più efficiente funzionamento del mercato del lavoro e un miglioramento nella competitività del sistema produttivo nazionale in comparazione a quello dei nostri partner europei e internazionali.
In vista della manovra il governo ha allo studio ha l’estensione della soglia di ricavi e compensi per le partite Iva che aderiscono al regime forfettario e un regime sostitutivo opzionale per i titolari di redditi da lavoro o di impresa non aderenti al regime forfettario, che potranno assoggettare ad aliquota del 15% una quota dell’incremento di reddito registrato nel 2022 rispetto ai redditi dichiarati e assoggettati all’Irpef negli anni d’imposta precedenti.
Del reddito di cittadinanza, simbolo di tutti i bonus, cambierete perimetro e campo d’azione. Qual è la ratio di fondo che impone un ripensamento di questa misura?
Anche in questo caso occorre muoversi nel solco del programma di governo: supporto a chi non può lavorare, nessun aiuto a chi non vuole lavorare. Il Paese non ripartirà se resteremo seduti sul divano ad attendere, ma solo se tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità, daremo il nostro contributo. In quest’ottica il reddito di cittadinanza non è stato sempre un incentivo. Intervenire sulla platea dei beneficiari al fine di favorire e assicurare sostegno a chi ne ha bisogno e minimizzare dinamiche disincentivanti non è solo opportuno, ma anche necessario a stimolare la crescita economica del Paese.
L’Italia, per mezzo del premier Meloni, vorrebbe chiedere l’utilizzo dei fondi strutturali europei non spesi, per finanziare la lotta all’inflazione. Non temete il muro dei Paesi frugali, anche della Germania, tornata un po’ falco nonostante una crescita più lenta della nostra?
Io credo che un’Europa che sia madre, e non matrigna, non possa avere figli di serie A e figli di serie B. Credo che un’Europa incapace di decidere una linea comune sulla crisi energetica debba però necessariamente farsi carico, nell’ampio spettro delle regole solidaristiche che hanno improntato la gestione del Recovery plan, di garantire politiche adeguate a fronte della crisi. Una crisi, sia chiaro, che è nata energetica ed è diventata economica. Quindi, per tornare alla domanda, il muro dei paesi frugali dovrà necessariamente trovare una compensazione, e l’utilizzo dei fondi strutturali mi sembra un mezzo adeguato e di pronta operatività. Italy first non vuole essere l’assunzione di un motto egoistico ma è il modo con cui cerchiamo di riaffermare in Europa la centralità degli Stati membri, per migliorarla, renderla più vicina ai cittadini per rinsaldare quel legame tra Stati che troppo spesso è stato fiaccato dagli interessi dei singoli.