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Futuro incerto e povertà. Risso spiega le paure degli italiani

Il direttore scientifico della società di sondaggi spiega che “il 60% delle persone che abbiamo coinvolto nella nostra rilevazione si dice preoccupata per il futuro”, e non vede positivamente il libero mercato. Senza contare la sfiducia nella classe politica e imprenditoriale. Governo avvisato? Conversazione con Enzo Risso, Ipsos

La forbice delle disuguaglianze si allarga sempre di più e le preoccupazioni per il futuro si fanno sempre più concrete. Poveri sempre più poveri e soli e ricchi sempre più ricchi e in compagnia. Si potrebbe riassumere così l’indagine che il direttore scientifico di Ipsos Enzo Risso descrive a Formiche.net, di cui il governo dovrà necessariamente tenere conto.

Quanti sono gli italiani che si dicono preoccupati per il futuro?

Il 60% delle persone che abbiamo coinvolto nella nostra rilevazione si dice preoccupata per il futuro. O meglio pensa che il futuro sia come il presente (negativo) oppure ancora peggio. Ma se questo dato risulta calato, nel ceto popolare la percentuale sale all’83%. In controtendenza il dato legato al ceto medio che invece, per un 52% ritiene che il futuro possa essere migliore. Questa forbice fotografa una situazione di polarizzazione assoluta.

Quali son0 i “fattori di rischio” verso i quali le persone nutrono maggiori angosce?

Essenzialmente sono tre: il degrado ambientale (per il 49%), la precarizzazione del lavoro (47%) e ingiustizia sociale (sempre 47%). Diffusa è anche la percezione che in futuro il Paese sarà essenzialmente più povero e più ‘pericoloso’ in termini di sicurezza personale.

Le prime azioni del governo nel frangente della sicurezza non sono un elemento in controtendenza rispetto a questo sentiment?

Sì, ma un decreto anti-rave – che coglie un’istanza diffusa – non è certamente risolutivo di una problematica molto più ampia. Va tenuto presente che il grado di fiducia degli italiani verso la classe politica e imprenditoriale (e più in generale verso quelle che vengono identificate come “élite”) è bassissima. Il 65% delle persone è sostanzialmente disillusa. Questo genera una disgregazione sociale fortissima. Non solo. Il 57% degli italiani ritiene che il capitale sociale sia drasticamente contratto. Una riduzione progressiva delle relazioni che si amplifica in particolare nel ceto popolare. Anche in questo caso il dato legato al ceto medio è in controtendenza.

Le persone individuano qualche via d’uscita?

Sì, ma due terzi degli italiani non prevedono che la via del futuro sia il libero mercato. Anzi, quest’ultimo è ormai minoritario nella percezione delle persone. Tant’è che il 33% identifica come “via d’uscita” l’economia cooperativa, il 29% l’economia di scambio tra i cittadini e il 23% l’economia sorretta principalmente da aziende pubbliche. Solamente il 25% si “affida” ancora al mercato libero. Ma il dato macroscopico è quello legato al futuro nel confronto generazionale.

Ovvero?

Il 72% degli italiani pensa che i propri figli (o nipoti) si troveranno un Paese in condizioni di maggiore povertà rispetto a quello che hanno trovato loro. Anche questa è una preoccupazione della quale la politica si dovrebbe far carico.

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