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G20, perché è importante l’incontro tra i consiglieri di Meloni e Biden

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A margine del summit a Bali, l’ambasciatore Talò ha parlato con Sullivan (molto attivo sul tema dello scontro tra democrazie e autocrazie, oltreché critico verso Orbán). Gli scambi positivi rappresentano un’ottima premessa per un’efficace relazione tra i leader

A margine del G20 di Bali, in Indonesia, l’ambasciatore Francesco Talò ha incontrato Jake Sullivan. È il primo faccia a faccia tra il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente statunitense Joe Biden.

È un incontro non inusuale ma neppure scontato, la cui positiva riuscita rappresenta un’ottima premessa per un’efficace relazione tra Meloni e Biden che si sono incontrati ieri. A ciò si aggiunge il fondamentale ruolo di Mariangela Zappia, ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, e Shawn Crowley, incaricato d’affari ad interim presso l’ambasciata degli Stati Uniti in Italia.

Sullivan e Talò, rappresentante permanente dell’Italia alla Nato con alle spalle esperienza in Israele da ambasciatore e a New York come console, condividono una forte sensibilità sui temi di sicurezza nazionale e internazionale.

Soltanto un mese fa il primo, un fedelissimo di Hillary Clinton e già consigliere per la sicurezza nazionale di Biden quando questi era vicepresidente di Barack Obama, ha presentato la Strategia di sicurezza nazionale dell’amministrazione statunitense spiegando che in un fase in cui “abbiamo bisogno che le democrazie e le economie di mercato di tutto il mondo lavorino insieme, gli Stati Uniti hanno un ruolo chiave nel costruire queste collaborazioni”. “Le principali autocrazie del mondo”, ha detto con riferimento alla Russia e alla Cina, “ritengono che il mondo democratico sia in declino. Cercano di portare avanti una visione molto diversa, in cui la forza fa la forza e la coercizione tecnologica ed economica schiaccia chiunque non si allinei. Solo l’ultimo anno ha dimostrato le estreme carenze – anzi, la fondamentale fragilità – di questa visione sovversiva”, ha aggiunto.

Entro la prima metà del 2023 la Casa Bianca convocherà un secondo Summit per la democrazia con l’obiettivo di fare il punto sui progressi dei Paesi invitati all’incontro di un anno fa. Tra questi non c’era l’Ungheria di Viktor Orbán. In questo senso, il primo banco di prova per Meloni sarà il Consiglio europeo che si svolgerà a dicembre. Se l’Italia dovesse schierarsi con gli altri principali Paesi punendo l’Ungheria per le sue ripetute violazioni allo stato di diritto con tagli ai fondi di coesione “sarebbe una chiara indicazione di abbandono delle ‘sirene’ sovraniste”, come aveva spiegato l’ambasciatore Giovanni Castellaneta su Formiche.net.


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