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Dal G20 al G2, il passo è breve. L’analisi dell’amb. Castellaneta

Per Giorgia Meloni sarà una importante opportunità per farsi conoscere, illustrare il programma del suo governo, tranquillizzare sulla sua solidità e coesione politica, incontrare Biden e provare a ricucire con Macron. Il commento di Giovanni Castellaneta, già ambasciatore negli Stati Uniti e consigliere diplomatico a Palazzo Chigi

Dal G20 al G2, il passo potrebbe essere molto breve. Alla vigilia del summit dei leader che sta per svolgersi a Bali, in Indonesia, il contesto internazionale è infatti tale per cui la riunione dei 20 grandi del pianeta potrebbe limitarsi a essere lo sfondo dell’unico appuntamento che in questo momento conta davvero: l’attesissimo faccia a faccia tra il presidente statunitense Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping. Del resto, l’efficacia dell’esercizio G20, che negli anni si è imposto dopo la crisi economica del 2009 dalla quale discende la sua costituzione, come una sorta di Davos della politica internazionale per il suo carattere relativamente informale e per aver progressivamente allargato le sue competenze dalle questioni macroeconomiche e finanziarie a quelle di governance globale, si è ridotta con il passare del tempo e in particolare quest’anno. Certamente non solo per colpa della presidenza di turno indonesiana (ovvio, non un attore dal peso geopolitico di primo piano) ma soprattutto a causa della difficile congiuntura internazionale che vede la Russia ai margini del G20 (e infatti il presidente Vladimir Putin non parteciperà inviando al suo posto Sergey Lavrov, fido ministro degli Esteri) e dell’alta tensione che scorre tra Washington e Pechino.

Solitamente il G20 è un forum dove si discutono grandi questioni internazionali – dal coordinamento macroeconomico e fiscale al cambiamento climatico – senza però assumere decisioni vincolanti ma al massimo propiziando attraverso il consenso politico accordi formalizzati in altre sedi multilaterali (come fu per esempio il caso l’anno scorso, sotto presidenza italiana, della convergenza del tetto del riscaldamento globale a 1,5 gradi che fu poi confermato alla Cop26 di Glasgow). Ma, più di frequente, i summit G20 sono l’occasione per fare incontrare leader che, altrimenti, non avrebbero altre occasioni – né l’intenzione – per parlarsi: e mai come in questa occasione l’incontro tra il leader statunitense e quello cinese sarà importante, nella speranza che ci sia un disgelo almeno parziale su questioni chiave come il sostegno di Pechino a Mosca, la guerra commerciale e tecnologica in corso tra Stati Uniti e Cina, e le ambizioni su Taiwan. Già, perché la discussione intorno all’isola contesa rappresenta la seconda ragione per cui il G20 è importante: nell’agenda ufficiale dei lavori i temi più scottanti di cui non si parla ritornano prioritari nelle sedi più private. Non per caso o dimenticanza, ma proprio perché i punti più delicati e divisivi vengono ufficialmente evitati, salvo poi tenere banco negli incontri bilaterali privi di testimoni oculari che si svolgono a margine di quanto viene discusso in plenaria.

Sarà anche il primo G20 per Giorgia Meloni: a poche settimane dalla nascita del governo, il viaggio a Bali costituirà per il presidente del Consiglio una sorta di battesimo del fuoco che le consentirà di misurarsi per la prima volta con gli altri leader internazionali (se escludiamo la toccata e fuga in Egitto per la Cop27).

Quali consigli (ovviamente non richiesti) si potrebbero fornire al presidente del Consiglio italiano? Innanzitutto, quello di tenere presente che il ruolo dell’Italia in un contesto come quello del G20 non può essere di primo piano o influente come in consessi più limitati come il G7 o l’Unione europea. Detto questo, per il presidente sarà una importante opportunità per farsi conoscere, illustrare il programma del suo governo, tranquillizzare sulla sua solidità e coesione politica, incontrare Biden per confermare in prima persona il convinto atlantismo dell’esecutivo, e magari anche per tentare di ricucire con il presidente francese Emmanuel Macron il bisticcio diplomatico dei giorni scorsi. In ogni caso, il summit di Bali sarà una palestra importante per misurarsi anche con le dinamiche di un mondo che sta cambiando molto in fretta e in cui le geometrie variabili di questi fora multilaterali informali – dal Brics Plus alla Shanghai Cooperation Organization, in contemporanea con il declino del mondo onusiano così come ora organizzato – prenderanno sempre più piede nel tentativo di competere a livello geopolitico con l’Occidente. Capire l’evoluzione di queste dinamiche geopolitiche sarà fondamentale per cercare di mantenere un ruolo rilevante e influente anche per una media potenza come l’Italia.

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