Skip to main content

Governo, coalizione e Ue. I voti di Rotondi

“Meloni è un ciclo nuovo della politica italiana come Berlusconi nel 94. Il berlusconismo plasmò la sinistra a sua immagine, così avverrà anche a questo giro. Le piazze spinte da pezzi dell’opposizione? Si illudono se pensano di poter fermare il mare con le mani”. Conversazione con Gianfranco Rotondi

Meloni è un ciclo nuovo della politica italiana come Berlusconi nel 94, le piazze che contestano si illudono di poter fermare il mare con le mani. Lo dice a Formiche.net Gianfranco Rotondi, secondo cui il premier è da promuovere con un dieci per vari motivi oggettivi, aggiungendo che ciò impone alla sinistra una rivisitazione di se stessa: “Come il berlusconismo plasmò la sinistra a sua immagine, così avverrà anche a questo giro”, osserva.

Nel primo mese di vita del Governo il premier ha dovuto affrontare vertici come Bruxelles e Bali, una manovra finanziaria molto delicata e il dossier energia: che voto dà a Giorgia Meloni e perché?

Il mio voto è un dieci pieno perché non sono un tifoso, sono uno sportivo e quindi so avere obiettività anche rispetto alla squadra per cui tifo. Bisogna riconoscere che a 45 anni, che in Italia è un’età ancora in cui nella Prima Repubblica si era considerati giovani, essere la prima donna premier a guidare il Paese con in corso un post pandemia una guerra e una crisi energetica, tenendo saldo il timone e aggregando la coalizione è stato un esordio a tutto tondo. Meloni è inoltre riuscita ad assorbire i mal di pancia e indirizzare una manovra in parte ereditata dal precedente governo ai propri obiettivi programmatici.

Cosa va migliorato nella metodologia? Il caso francese ha lasciato scorie?

Il caso francese è stata una consueta astuzia giornalistica, ossia amplificare un rapporto che ordinariamente tra Stati è di tensione su certi argomenti: quindi anche governi di cifra diversa hanno avuto approcci altrettanto ruvidi con la Francia e con altri Paesi partner dell’Europa.

Il dialogo annunciato dal premier in prima battuta con i sindacati proprio nei primi giorni dopo il giuramento e anche con pezzi dell’opposizione, come vediamo con Calenda, può essere la spia di una complessiva maturazione politica italiana?

Ma io penso che sia solo una cosa buona che maggioranza e opposizione, o parte di essa, si parlino mettendo al centro della discussione gli interessi del Paese. Ecco, questa è la solidarietà nazionale che ci piace, non l’inciucio con tutti al governo a dividersi poltrone, ma la discussione alla luce del sole sui problemi del Paese.

Invece alcune piazze crede che vogliano impedire aprioristicamente questo dialogo?

Si illudono se pensano di poter fermare il mare con le mani. La Meloni è un ciclo nuovo della politica italiana, come Berlusconi nel 94. Segnerà una stagione molto lunga perché domina il centrodestra con grazia e determinazione e induce la sinistra a rapportarsi ad essa. Come il berlusconismo plasmò la sinistra a sua immagine, così avverrà anche a questo giro. Solo che l’immagine della Meloni è quella della politica. Quindi la sinistra tenderà a dismettere gli effetti speciali della Seconda Repubblica e a tornare ai principi sani e alla grammatica della politica. A una destra più destra si contrapporrà una sinistra più sinistra.

La critica più aspra ai governi passati è stata spesso quella di aver favorito il debito pubblico, non ultimo il governo dei Cinque Stelle, con misure troppo assistenzialistiche. Oggi però la sinistra attacca il governo dicendo che è una manovra troppo prudente. Dove sta l’errore?

È una manovra che mantiene l’impegno di concentrare le risorse sulle bollette e sul caro energia. Del resto la forte vulgata della vigilia era che ci saremmo fracassati con un’Italia in ginocchio, famiglie in piazza e imprese in fallimento. Non sta andando così.

L’Europa sta iniziando anche a non avere più paura che l’Italia possa essere la nuova Grecia?

Non mi pare proprio che sia questa l’aria. L’Italia deve solo tenere salda la barra, abbassando il profilo e andando avanti nella tempesta che durerà ancora sei mesi o un anno, speriamo. E poi avere risorse per mettersi a correre: saremo la sorpresa dell’Europa perché il sistema Paese è solido.

Perché c’è stato tutto questo pregiudizio, anche mediatico?

La stampa straniera è fatta di giornalisti che telefonano ai colleghi italiani di sinistra e si fanno dettare l’articolo.

Il semipresidenzialismo è davvero la soluzione alle problematiche italiane?

A me fa ridere che il semipresidenzialismo venga presentato come eversivo, se lo propone la Meloni e la sua coalizione, invece di alto profilo statuale se lo propongono altri. Quando D’Alema, Fini e Berlusconi lo concordarono sulla testa del governo Maccanico poi non si fece per un calcolo politicistico di Fini e Casini: ma era già bello e lanciato, con il semipresidenzialismo vero in agenda per rivotare già con l’elezione diretta del Capo dello Stato. Parliamo del 1996.

Cosa pensa dell’interesse del Partito Popolare Europeo verso il Governo Meloni? Potrebbe essere foriero di una nuova fase anche in Europa?

I popolari sono stanchi dell’abbraccio con i socialdemocratici perché il dopo Merkel guarda più a destra che a sinistra tra i banchi del Parlamento europeo, quindi per loro è strategico innanzitutto recuperare il gruppo conservatore che la Meloni guida. Si è trascurato in campagna elettorale che la Meloni in Europa sta seduta nel salotto buono, perché guida uno dei gruppi importanti del Parlamento europeo. Era bello dire agli italiani “è come la Le Pen”, ma in realtà non è come la Le Pen. Perché lei guida i conservatori e non gli estremisti: la Le Pen è nel gruppo con Salvini non con la Meloni. Adesso si sta osservando il prestigio europeo del nostro presidente del Consiglio perché lei tratta con due ruoli: da premier italiano con i partner europei e da loro collega sugli equilibri della politica europea e questo giova ovviamente.

@FDepalo


×

Iscriviti alla newsletter